Perdono
Nella
vita ho cercato di star dietro al grande medico, imitandolo nella
pietà e soccorso dei meno fortunati. Talvolta rammaricato mi sono
sentito di non poter che parole difronte al male vincente, ché,
medico, la mia è stata parola che non sana, diversa da quella del
maestro. Ma mi sono chiesto quale per me la vera imitazione. È
credo, la capacità di perdonare non solo se stessi, ma gli altri da
cui male si sia avuto. Sì, tanto ho sofferto per cattiveria di
taluni, parole seguite da atti malevoli, eppure qui anche bene ho
avuto e tanto! Ma il male sempre più guasta la memoria e occorre
rasserenarla col saper perdonare come fece il cristo morente, quando
nell'atto d'amore estremo ci affidò tutti alla amorevole madre, e
lei al discepolo amato. Da allora chi dileggia, minaccia, attua
malvagità, è perdonato se lui ravveduto, o l'offeso, generoso
dimentico, lo chiedono. Ecco io l'ho chiesto, lo chiedo. Esauriremo
noi, umiliati magnanimi, mai il perdono del cristo? No, non possiamo
noi tutti esaurire quella capacità, briciola restando la nostra, ché
non è possibile essere più benigni del dio, illimitata, senza
misura la sua. Se tutti saranno perdonati dove più la giustizia
divina? E la punizione degli ostinati e il luogo dove tenerli in
disparte? Ecco, giusto non è chi abbia meritato il bene, ma chi lo dona
all'immeritevole, ché si ricreda. La vita qui va concepita come
ripensamento di chi, e noi fedeli non siamo esclusi, si fa giudice
dell'altro, anche pensando di migliorarlo, punendolo. Invece giusto è
chi rende col perdono, il reprobo consapevole della miseria sua,
incitandolo a venirne fuori. E poi l'inferno è qui con tutte le
angustie sue, e il purgatorio anche, da cui uscire alla beata visione
del Cristo e della madre sua. Nulla potrà sopravvivere se non
l'amore accanto al dio-amore!
Le radici del perdono sono nell'amore.
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