Il pentimento mi ha dato la possibilità di chiedere
la grazia del perdono e sono certo del sì divino dal momento che ho
quasi completa la libertà dai condizionamenti di qui, durati forse quanto tutta questa mia età. Infatti a chi va chiesto il perdono? Anzitutto
a se stessi, riconosciuti i propri errori, così, se si ha il dono
di credere, che per tutti sarà almeno postumo, lo si chiede anche a
Dio. Per me la certezza dell'ascolto suo e del concesso sta nella
misura della pace che ho raggiunta. Quello di cui l'anima mia
soffriva ne è restato ricordo, ma attenuato e sparirà pur del
tutto! Quando? Quando l'anima, il nocciolo della mia psiche, che fa
che mi percepisca persona, tutta qualcosa di assai diverso diventerà
. E io che ricordi ho? L'aver privilegiato me stesso, il mio ego. In
tutto poca generosità, come medico anche, come insegnante perfino,
e, nel rapporto con gli altri, con le donne anche. Certo tutti devo
aver deluso dalla mia cautela e pochezza nell'offrire, e questa mia
donna ne deve aver sofferto, pianto forse! Ora però la mia anima, la
coscienza che ho di me, ha iniziato a tornare spirito, assai diverso
dal mero psichismo di appena ieri, quello spirito che sicuro avevo
bambino, certo illuso d'affacciarmi a un mondo di sole meraviglie, ma
con manifesta gioia di viverci, amandolo tutto e, pur senza più mio
fratello, sotto a un cielo buono. Non è questa confidenza col mondo
propria di Dio? E se questa ritrovata essenza fosse completa in
quest'ultima età sentirei di possedere qualcosa con una sua grande
positività. Quale? Quella di dirmi vero credente, convertito alla
fede, alla speranza di un “oltre”, ma avvertito già qui. Cioè
saprei, toccherei che Dio c'è per me pure! E quanto ho penato per
percepirne qualcosa! Direi che mi sta davanti, accanto, sta dentro di
me soprattutto, in quella parte della mia psiche, che allora
chiamerei a ragione cuore o spirito. Che ha questo? Ritrova il
fratello, la madre, il padre perduti! E se questa donna sorride,
scordati i suoi crucci e le ansie sue per me, è la madre mia o
addirittura la bella del cielo che lo fa, scusando quello che non le
piace di me. Vedrei tutto diverso! Non più per candore di bambino
con l'illusione di bene da inesperienza, ma per certezza di sentire e
veder giusti. Direi allora che mio fratello è Gesù che per me
invoca la sua dolce madre, proprio come lui faceva con la madre
nostra alle mie intemperanze di bambino, pregandola di perdonarmi.
Ma perché è fondata la speranza che la bontà, il bene, si possano
già qui raggiungere? Perché finalmente saprei di amare, come da
sempre desiderato, non più condizionato nell'esprimere quest'amore
sentito dentro, ma libero, come solo Dio lo ha e lo dona. Ed è per
questo che vedrei in tutto e in tutti la bellezza, quella che ho
conservata nel cuore, nella latebra che allora ben chiamerei spirito.
Sarei certo che l'amore, che ne promuove la trasformazione, ne
sarebbe anche espressione, anzi sarebbe tutto il mio spirito, mutata
l'anima, l'intimo della mia psiche fattasi solo cuore, spirito
appunto da somigliare a quello che penso il Dio voglia diffuso ora e
qui, il suo! Esso sa che il Bene m'attende appena oltre e che ora
non ben percepisco, troppo ancora l'assillo del male che fa cisposi
gli occhi miei ancora, pure ora nella luce. Sì, nella misura
dell'amore, sentito e donato dal cuore, è prossimo Dio, che è
amore!Chi pregare? Ma non mi ripeto, <dominae sum>?
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