giovedì 23 aprile 2020

Anima e spirito.

 Il pentimento mi ha dato la possibilità di chiedere la grazia del perdono e sono certo del sì divino dal momento che ho quasi completa la libertà dai condizionamenti di qui, durati forse quanto tutta questa mia età. Infatti a chi va chiesto il perdono? Anzitutto a se stessi, riconosciuti i propri errori, così, se si ha il dono di credere, che per tutti sarà almeno postumo, lo si chiede anche a Dio. Per me la certezza dell'ascolto suo e del concesso sta nella misura della pace che ho raggiunta. Quello di cui l'anima mia soffriva ne è restato ricordo, ma attenuato e sparirà pur del tutto! Quando? Quando l'anima, il nocciolo della mia psiche, che fa che mi percepisca persona, tutta qualcosa di assai diverso diventerà . E io che ricordi ho? L'aver privilegiato me stesso, il mio ego. In tutto poca generosità, come medico anche, come insegnante perfino, e, nel rapporto con gli altri, con le donne anche. Certo tutti devo aver deluso dalla mia cautela e pochezza nell'offrire, e questa mia donna ne deve aver sofferto, pianto forse! Ora però la mia anima, la coscienza che ho di me, ha iniziato a tornare spirito, assai diverso dal mero psichismo di appena ieri, quello spirito che sicuro avevo bambino, certo illuso d'affacciarmi a un mondo di sole meraviglie, ma con manifesta gioia di viverci, amandolo tutto e, pur senza più mio fratello, sotto a un cielo buono. Non è questa confidenza col mondo propria di Dio? E se questa ritrovata essenza fosse completa in quest'ultima età sentirei di possedere qualcosa con una sua grande positività. Quale? Quella di dirmi vero credente, convertito alla fede, alla speranza di un “oltre”, ma avvertito già qui. Cioè saprei, toccherei che Dio c'è per me pure! E quanto ho penato per percepirne qualcosa! Direi che mi sta davanti, accanto, sta dentro di me soprattutto, in quella parte della mia psiche, che allora chiamerei a ragione cuore o spirito. Che ha questo? Ritrova il fratello, la madre, il padre perduti! E se questa donna sorride, scordati i suoi crucci e le ansie sue per me, è la madre mia o addirittura la bella del cielo che lo fa, scusando quello che non le piace di me. Vedrei tutto diverso! Non più per candore di bambino con l'illusione di bene da inesperienza, ma per certezza di sentire e veder giusti. Direi allora che mio fratello è Gesù che per me invoca la sua dolce madre, proprio come lui faceva con la madre nostra alle mie intemperanze di bambino, pregandola di perdonarmi. Ma perché è fondata la speranza che la bontà, il bene, si possano già qui raggiungere? Perché finalmente saprei di amare, come da sempre desiderato, non più condizionato nell'esprimere quest'amore sentito dentro, ma libero, come solo Dio lo ha e lo dona. Ed è per questo che vedrei in tutto e in tutti la bellezza, quella che ho conservata nel cuore, nella latebra che allora ben chiamerei spirito. Sarei certo che l'amore, che ne promuove la trasformazione, ne sarebbe anche espressione, anzi sarebbe tutto il mio spirito, mutata l'anima, l'intimo della mia psiche fattasi solo cuore, spirito appunto da somigliare a quello che penso il Dio voglia diffuso ora e qui, il suo! Esso sa che il Bene m'attende appena oltre e che ora non ben percepisco, troppo ancora l'assillo del male che fa cisposi gli occhi miei ancora, pure ora nella luce. Sì, nella misura dell'amore, sentito e donato dal cuore, è prossimo Dio, che è amore!Chi pregare? Ma non mi ripeto, <dominae sum>?

1 commento: