lunedì 1 aprile 2013

Lazzaro







Lazarus vocatus est a monumento foetido. Ecco il signore viene a richiamarlo alla vita, eppure piange. Perché? Vede forse le innumerevoli morti prima che la sua possente voce tutti richiami alla vita? Verosimile, ma il pianto dell'amore che vince la morte inquieta... Quanto dolore ancora dopo il suo vincere quella morte, quanto dolore ancora alla sua morte, quanto in ogni morte! Sì, innumerevoli le lacrime e i gemiti e le tombe più non si ritrovano vuote. E la vita e l'amore? Forse da allora annichiliti son rimasti in una latebra del tempo, in una fovea dello spazio. Croci, croci, innumerevoli! Ma l'amore vero, il divino, il tuo, è benevolo ancora verso l'esistenza, il dio guarda ancora a questo mondo che l'ha respinto, vede e capisce che tutto è rimasto come in una prigione buia, in cui tutte le brutture rimangono possibili. Perdona. Tutto ha ancora bisogno d'esser sanato e il male vince ovunque. Perdona. E tutti pagano un tributo all'amore e chi più ama più deve, e anche lui ha dovuto per amare quest'umanità triste, che è capace di ogni sciagura. L'innamorato indirizza l'attenzione sua verso valori della persona amata che altri non sa vedere. Una madre sa, conosce del figlio ciò che è amabile, nonostante un'apparenza anche infelice e tu lo vedi in noi, brutti tutti d'egoismo. Noi non vediamo negli altri nulla di degno, cisposi gli occhi. Eppure qualcosa di degno deve pur esserci in questa umanità e io essere vorrei come Francesco che bellezza trovava in tutto. Sì il tuo amore materno è l'amore cosmico, che tutto abbraccia, tutto sospira, tutto vuole per sé. E noi siamo figli! Tu ancora dici al figlio tuo, amiamo quest'umanità nella quale entrati siamo e rimasti. Ecco al grido tuo questi addormentati come Lazzaro usciranno dagli avelli loro trasformati per aver parte nel nostro amore!

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