martedì 28 luglio 2015

Il ritorno




Ho sempre pensato di essere al cristo debitore per molti falli e che, non bastandomi il pentimento e il perdono per interposta persona a simile ufficio deputata, ché sempre mi ritorna il ricordo del malfatto e mi grava sul cuore il peso delle mie manchevolezze come lì lì operate, a lui direttamente ne dovrò render conto. Credo che lui perdonarmi vorrà, tanta la sofferenza che mi avrà condotto a dirgliele. Ha fondamento questa mia speranza? Forse le dà consistenza di essere uno che non ha semplicemente creduto alla storia del cristo, ma per fede di più ne ha ritenuto, ché tanto profusa vi ha l’attenzione sua compassionevole, da riviverla. Così io non ho alla vicenda del cristo terreno tramandata semplicemente assistito, come a una sacra rappresentazione su una finta scena rievocante il passato, ma v'ho preso parte, ci sono entrato dentro, tanto sono stato in quel dramma coinvolto. Non sono forse stato uno dei vociferanti che a morte lo si dovesse condurre? E lui morendo non ha perdonato a quella folla? Questo mi dà il diritto che mi sveli e con la mia faccia dalla mia bocca gli spieghi il perché vi presi parte, cioè quale peccatore ero e da quale peccato forza avevo allo scherno, e a farmi sbrigativo giudice di presunte malefatte simili alle mie. Insomma ho perfino odiato, me stesso detestando in segreto e credendo di leggermi sulla faccia del prigioniero. Vicario così facendolo con la colpa, della pena a me dovuta, ché gettato gli ho addosso pure il mio pesante fardello, a lui già gravato della croce. Lo vedevo barcollando procedere per le viuzze cittadine dileggiato da quelli come me e dalla soldataglia che gli gridava che s’affrettasse, come se il supplizio definitivo non potesse attendere, e tra due ladri allo stesso condannati. Così, illudendomi, sentirmi libero. Ma se tutto questo è fondato, dal momento che quell'accaduto non è solo un evento del passato, cioè non è affatto trascorso, ma sempre si rinnova, oltre che nel memoriale eucaristico, anche nell'attualità della vita di ogni credente, cioè non è semplicemente immedesimazione mistica la mia, allora già pentito sarò al suo cospetto al momento della verità. Allora tutti saremo perdonati purché pentiti, essendo a noi fornita oltre all'occasione postuma per esserlo, la capacità, ultimo dono, della comprensione del torto fatto subire al cristo. Ci si pente nell'amarezza di quello che si comprende come peccato, torto al dio. E l'inferno, quello metafisico voglio dire? E' bene rimanga minaccia, perché nessuno avrà pianto abbastanza per scongiurarne il pericolo di cadervi. E nessuno è abbastanza puro per passare indenne per la cruna d'ago, che all'altra vita mena, ad anima nuda, come dice sant'Antonio. Tutto va lasciato in questo mondo di triviali apparenze, anche il buono e il bello fatto a vantaggio di pochi o di molti da persone sante, ma che il cristo certo non scorderà. Allora io penso al cristo, che perdonare dovrà. Io come moltissimi sono al cospetto suo, tremante, e lui, che è stato invisibile presente nella persona che io ho offeso quaggiù, rivive l'ingiuria o il danno o cos'altro di brutto gli avrò fatto. E allora credo che sia proprio vero, tutto si riconcilia al dio per la sofferenza rinnovata del suo cristo. E' stata duemila anni fa, è stata attualizzata da me nella mia disgraziata vicenda di misero peccatore con la sofferenza, ingiusta sempre, dell'ingiuriato, è da lui rivissuta nel momento del mio perdono, ché l'offesa proprio a lui fu recata. Questi quand'era in questa vita con destino tragico che lo portò alla croce, anche del mio peccato morì. Ma ne fu ridestato dallo spirito del dio che vi risoffiò la vita, lo stesso che richiamerà ciascuno dai luoghi in cui saranno dispersi i resti miei e di ogni altro dall'incuria umana. Così egli ha anticipato nella sua morte la resurrezione di tutti, che sarà completa, linda tornata l'anima dopo il perdono anche postumo. Ecco con queste convinzioni arreso mi sono completamente al cristo e già da ora la mia vita e quella della compagna, gentile di cuore, ho messo nelle mani della madre sua, ché garante sia del destino nostro là dove col figlio suo vive. Facciano tutti di simile, ché dolce assai e buona è la madre nostra, lascia alle nostre richieste una scia odorosa di fiori di primavera tra i suoi sì, che per chi ama sono tanti! Perché avrei scritto di quel che penso a tutti dovrà accadere? Io non ho lo scopo di mettermi in mostra scrivendo di me e di altri cose ben misere o anche edificanti, più o meno originali, ma di confortare. E lo faccio da sprovveduto, disarmato di fronte al male qui imperante, per altri sprovveduti. Nessuno alla leggera minacci l'inferno a chi vive già questo mondo malvagio con orrore, quella bocca orrenda potrebbe aprirsi e prendere lui per primo! Io sarò felice se convincerò che tutti sono candidati alla vita col cristo e la madre sua dolce. Cerchiamo di evitare il peccato che ce ne allontana e renderà più disagevole e contorta la strada del ritorno!




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