giovedì 12 gennaio 2012

Come falena in una notte di stelle

Questo scritto è per un amico, Lorenzo di Gaeta, affinché torni alla fede della madre sua.


Bella una notte di stelle cadenti!

E io a te penso, se una dalla lunga scia di faville tutto questo cielo par percorrere. Essa vanisce, forse dalla tua parte, e forse la stessa effimera tu vedi e mi ricambi il sospiro. Ma forse tu proprio l'hai mandata e ben io ti sospiro amore...
Bambino pensavo che, se tante stelle morissero in notti come questa, il cielo diminuire degli occhi suoi lucenti dovesse. Ma la mamma correggeva la congettura, dicendo che nessuna stella da sé morir può e che l'incanto di certe notti è piuttosto il pianto di gioia della fata delle faville, quando una stella, angelo di un bambino nato chissà dove, s'accende. Sei tu che piangi di gioia? Oh, se un attimo carpire potessi della gioia tua, la speranza di raggiungerti mi diventerebbe tutt'ali! E invece, è ben dura questa realtà, ché bambini qui più nascer non vogliono..., o altrove, e tanti, nella sofferenza, muoiono. Sì, pur muoiono le stelle! Manda allora l'aulente pioggia all'Africa assetata e ovunque stille della panacea tua, ché orribili son certe malattie dei piccoli in questo mondo attoscato! E io che qui sto impotente, fatico a viverci e vaneggia il misticismo mio come nuvola lieve, che anche brezza porta via o dissolve. E dove ti troverò se, ingenuo, ti cerco tra queste stelle? Non certo nelle formule rituali della superstizione!
Qui a volte potresti vedere, pii parendo, andar come tuoi devoti, dietro a un tuo idolo nemmeno bello... O, sfuggiti alla noia di certe domeniche, solo di vaporosità sentimentali, apparenti paghi del rito, vestiti, sordi all'invito della carità o calpestarla perfino. No, io non sono di questa folla. Non cercarmi in situazioni e posti convenuti, vieni presto al mattino nel bosco e fermati al muretto dei miei pensieri sospirosi per te. Verrò. Sicuro non ti vedrò, ma avvertire l'afflato tuo forse potrò. Qui due amori mi attribuiscono sicuri. Il primo per una ossuta bambina, piccola rimasta nella mente mia, l'ultimo per la dolce compagna che invecchiare con me vuole. Ma le chimere tante sono state e un altro amore mi convolse il cuore.
Foemina circumdabit virum! Ma rimase sogno, amaro fu svegliarsene... Tutti non sono che un amore solo e per te sola!
Qui non v'è luogo, fisico o psicologico, certo per alcuno, e queste donne tutte in epoche diverse, briciole dell'anima o tutta mi hanno preso. Non so se uomini veri abbiano incontrato, ma se anche mediocre, bugiardo della vita loro non sono stato. Le vorrei tutte riunite in un luogo speciale per aver amato appena o tanto lo stesso uomo, come in un sodalizio. E tu sai che accade talvolta, dopo aver a lungo vagato, che o si torna allo stesso luogo o se ne scopre uno che, accanto alle peculiarità sue, sa di familiare... come sì nuovo sia, ma anche già visto. Ma non necessariamente sarà un posto, ma potrà essere la coscienza di porsi in relazione, recepire e rispondere. Una persona quindi. E questa mia donna non solo è novità, ma anche recupero di parole, emozioni, fatti lontani. E' se stessa nell'unicità sua irripetibile, ma anche le altre e nell'aspetto loro più degno e bello. Così nulla è perso, ma quei sogni continuano, riassunti e amplificati nel nuovo che tuttora vivo. E se tu sei anche un luogo della mente mia, tu nell'insondabile bellezza della personalità tua, sei tutte le donne della mia vita, la madre cara anche. C'è in te un sodalizio ed è d'amore! Tutto in te si riconcilia ed esperienze, anche le vissute dolorose, sono viste in quel solo aspetto di bene che pur recavano, piccolo o grande, nascosto. Ed è in te che potrò non solo amarle tutte, ma i detrattori anche, gli uomini dei miei incubi, perdonare e amare. Sì, in te diligam inimicos meos! Già il male è come sbiadito, può essere ignorato, in te sarà completamente trascorso nell'oblio e rimarrà il solo bene. Tu sei il luogo del bene e dell'amore. E quando il mio io si sdoppierà e tenera falena si librerà a cercarti, vano lascerà l'involucro suo, il bozzolo, come broglio di fune marina che celi l'anima sua vulnerabile. Allora tu, fata delle stelle, stella tu stessa sublime, guidala nel mare di lucciole che disseminate hai a occhieggiarci amore! Fa che accada in una notte come questa, in cui tante lacrime versi e forse, piccoletta di gioia, cader lascerai quaggiù per me. Ché un bambino in parvenza di farfalla, ti cercherà e cercherà, agli angeli-stella chiedendo, per raggiungerti e rinascere da te, là dove vivi. Lasciale una scia di faville o forse meglio l'odore tuo che l'attragga. Non permettere che analogo a quelli di qui, nero pipistrello la sottragga, sostando or qui or lì tra tante luci del cielo. Qui sempre voglioso di vittime sue, uno s'aggira ai fanali. No, nulla mi rapisca alla notte nostra incantata, di stelle, d'amore.
E va la farfalla notturna guidata dall'odore dell'amor suo!

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