lunedì 16 gennaio 2012

Quae potest...

Oggi più e più vanir vorrei in tanto incanto, ché già sento i pensieri miei per te quasi bolle saponose tentar di raggiungerti e poi subito dissolversi, brillanti ed evanescenti nell’aria tersa e fredda...E tremula è a oriente tutta la marina d’uno sfavillio di luci sull’acqua tranquilla. Sì, ride il mattino tutto da qui, appena dopo l’erta, ché dai due lati suoi, il promontorio tutto questo mare veder lascia e se l’una parte è da foschia un po’ velata, l’altra palpita di luce. Ed è da qui che l’anima desiderosa d’azzurro, quasi farfalla, si libra e si porta quasi bolle effimere, tutti i pensieri miei e io qui ne rimango sdoppiato a sospirare. E poi mi chiedo, chi verrà oggi a significarmi amore, il tuo? Sarà sorriso di donna gentile incontrata, o dolce brusio che fa brezza dal mare nello stormir tra frasche e fra caduche foglie di piante, che or tutte dormir vogliono? E corre la fantasia mia e la dolce immagine della donna mia viene e abita la mente tutta, ma anche quella della donna che tanto lambirono, ragazzo, i sogni miei, capolino vi fa. E poi tante altre pur care, ma trascorse, a farmi dolce tintinnio al cuore e tra tutte il volto dolce della madre cara, a carezzarmelo. E mi chiedo timoroso, potrà questo tuo amore, che nelle sterpaie del cuore mi semini generosa, salvarci e farci ritrovare in te, poiché tanto il male soggiogati ci ha, o sarà più facile, che quella che già bambino sapevo, or qui proprio incontri, evento che tanto improbabile penso? E so così di tentarti un po’, incauto forse, in una scommessa di sapor pascaliano, e aspetto un tuo cenno, titubante, in questa ingenuità che sa d’infantile e che così congetturar mi fa, e guarir non vuole! E così vero quella qui proprio or ora viene con compagna sua, dolce conversando, e del bel dialetto loro, quello della città antica, poche parole carpisco. E io, che mai in quella sua lingua sentita l’ho, un po’ sospiro, stordito un po’... e non so che fare e saluto e quelle pronte, cortesi, lor cenno fanno. Oh quanto vorrei con la compagna mia, che so vinta d’amore, anche questa portare là dove sei a sentir le tue favole belle, sì, irretita, arresa all’amor tuo casto! Quae potest capere, capiat!

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