martedì 3 gennaio 2012

Amore era

Ora che tra gli angeli sei,
forse, non completamente dimentica di qui,
scusarmi vorrai se distratto, sventato un po’,
oblioso anche, son diventato… Ma il ricordo
dolce di te e il bene che t’ho voluto,
vogliono talvolta prevalere su superficialità,
preoccupazioni per lo più senza fondamento,
effimeri interessi, vaghezze, tipici dell’età mia…
Così rivado a fatti lontani, che insieme ci videro,
e questi sono motivo di dolci conversari
con te, se un po’ con me star vuoi,
nella solitudine delle mie lunghe passeggiate
in cui un po’ prego, un po’ mi soffermo
alle piccole cose della natura,
un po’ ricordo e su quello dico o sospiro…
E di taluni fatti sorridere devo, come quando
tu, occupata ad annotare e attenta
al maestro del corso superiore, nei primi posti sedevi
e io dietro a distrarmi, vagante tra le volute
delle orecchie tue e i bei capelli neri tirati su.
E poi, ricordi i lunghi intrattenimenti
a quadrar conti, quanto caparbiamente
volesti che io entrassi nel consesso dei pari tuoi?
Quell’astrusa teoria in poco tempo mia feci,
ma solo per stupirti, non solo, ma lo stupore aumentò,
dandomi intima gioia, quando, sfidato,
ti segnalai imperfezioni del sacro testo,
che generazioni di adepti non avevano notato o voluto.
Ma qualcosa ho amara… quando
invitasti me, medico, a visitarti,
per convenire col parere già espresso da altri,
a tranquillizzarti del male tuo,
cui solo la tua bellezza, ultima, avrebbe ceduto.
Io ben conoscevo il triste significato
di quei segni e già, studente di medicina,
li avevo notati su persona carissima,
e a stento  mi rattristai solo dentro,
ma un po’ a sorridere riuscii, dissimulando.
Preferii, onesto, pensare di sbagliarmi,
mentre tu a mani più esperte eri affidata.
Ti invitai però ad aver pazienza
del lungo protocollo terapeutico,
che ti raccomandai opportuno,
per il quale tu dubbi avevi.
Ma quando mi riferirono che lasciati, improvvisa,
ci avevi, piansi senza dignità,
rammaricandomi di averti lasciata sola,
né scusarmi potei per essere stata tu
ad allontanarmi, piegata dalle critiche,
in quell’ambiente difficile del lavoro nostro…
Sì, che tu mi privilegiassi tra troppi desiderosi
del saper tuo e più meritevoli e affidabili.
Ma che era che m’attraeva?
Certo assai bella eri, ma credo
che, ammirando la mente tua sopratutto,
la bellezza, non la grazia e la gentilezza
da vera signora, un po’ fosse d’intralcio,
e mi distraesse, mentre nell’anima tua desideravo guardare…
Ché avevamo, ricordi, affinità su molte cose…
E allora grazie per essere esistita nel tempo mio,
per avermi sorriso, per avermi dato la tua attenzione,
anche aiutandomi nelle fatiche
su astruse congetture e algoritmi,
inutili diventati, ma allora fascinosi,
che solo tu apprezzare potevi.
Nulla rovini l’amicizia nostra,
rimpianti, rammarichi, rimproveri…
E davvero potessero raggiungerti
queste povere parole, anche confuse,
anche una sola o di essa una sillaba,
un sospiro almeno,
sarebbe ancora l’intimità che avevamo,
il bene ricambiato,
che, fatti come nuvole del cielo,
un giorno scambieremo ancora.
Sì, tutto questo fu tra noi,
e che, ora solo so, amore era!

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