giovedì 5 gennaio 2012

Mito per Maria

Cum deus sit in omnibus rebus in tribus modis,
in virgine fuit quarto particolari modo...( San Pier Damiani)

Qui scrivo solo un mito, ché scarsi i miei mezzi
di fronte al mistero tuo e inadeguata l’espressione.
Spero nessuno ne dubiti l’ortodossia, ma se sì,
mi perdoni l’insipienza di te come a bambino.
Tanto amore nel cuore tuo il dio versò,
che ne traboccò, inondandoti tutta
e si indovò nel seno tuo, ché ne generassi
un almo fiore da donarci senza
che merito alcuno ne avessimo.
Questo dono soave fu da te in un tempo
opportuno della storia del mondo,
anche se sempre tu da allora rinnovarlo vuoi.
Ma perché ha potuto essere e lo è ancora?
Credo perché accaduto nella realtà 
atemporale del dio, quando contemplato ti hanno 
gli occhi suoi, distinguendoti da sé. 
Tu così alla creazione delle cose tutte
hai assistito e ne sei stata la ragione 
della chiamata loro dal nulla. Cosicché, attraverso
te, il dio potesse manifestarsi anche come
figlio e tuo, e lui ne rimanesse padre
e allora la loro essenza d’amore, il dio in sé,
si distinse come spirito e tu per prima
ne hai contemplato l’unità trina, che
per te sola s’è distinta e svelata.
Tu sola sei la ragione del suo manifestarsi 
così come, per la nostra comprensione, qui vuol essere.
E da allora anche sei la sola ragione del nostro esistere
ché per te sola amare viviamo, cercandoti
qui nella precarietà e nel bisogno...,
consolati dalla presenza tua e del figlio tuo.
Ma la creazione tutta così com’è,
con l’inevitabile male, che affligge le creature 
tue tutte, fu in vista dell’amore tuo e del frutto 
tuo, che vinto l’avrebbe.
Questa presenza del dio-uomo, discreta 
o nascosta fu e lo è tuttora con te.
Sì, con te egli visse nella precarietà d’uomo
subordinato e fu costretto a un epilogo senza dignità,
come è per tutti nella malattia, nell’abbandono,
nella morte, e che amaro per te fu, ché te 
pertransivit gladius  tanto fu lo strazio… 
Così egli con te vicaria ogni storia
d’uomo e quando al dio gridiamo il suo abbandono
è lui qui, dalla novella croce ripiantata, 
che la sua disperazione grida!
Ma perché tanto dolore per noi e le cose tutte
di questa creazione? E’ il mistero del male
e tu stessa ne avesti il cuore trafitto 
dal dolore che ne consegue...
Sembra che da sempre tra il dio e noi creature 
una natura ostile e matrigna interporre
si debba. Perché? Forse alla sua ragione d’essere,
estranea non fu la volontà del primo uomo
cui il mito accredita superbia di autonomia
più che disobbedienza. Egli, con la donna sua
incauta, un divario sempre più ampio volle
dal dio, e questo distacco fu male e questo è il male.
Esso prevarica fino ad inquinarci di potenzialità
orribili e pronto a ogni iniquità il nostro cuore è.
Ma tu un medico di vita, quel figlio ci hai donato,
che, vero sciamano, lo ha preso tutto su sé 
per guarirci e ne è morto, egli stesso sua vittima 
e tu con lui… E dopo quel sacrificio, non completo
ne è l’affrancamento,se ancora il male e il peccato
qui s’attardano e la morte lasciarci non vuole... 
Ma la speranza, come lampada che mai si spegne, 
tu hai con lui accesa nei cuori nostri provati,
che noi alla fine da questo mondo esentati saremo.
E tu vivi con lui nascosta tra le brutture e le bassure
di qui, e i soli santi talora vedervi possono,
ma tutti possiamo sognarvi. E tu avvertire 
fai la tua dolcezza santificando l’amore umano 
con la presenza tua nelle donne amate.
E noi quelle amando, dalle tue ali e con loro
portati siamo nel regno del figlio tuo, che per esso
morir volle. Sì, proprio con l’amor tuo fai sì
che intrent ut astra flebiles, in quel celeste regno
qui solo vagheggiato da noi fatui lumi senza te.
E allora rimani, rimani sublimis inter sidera,
è notte ormai e fredda, rimani nel caldo del nostro
amore, alla nostra cena, che la donna mia  di cibo
sapido prepara, e se ci addormentiamo, riposa 
con noi e fa che nel sogno nostro vederti possiamo! 
 

Nessun commento:

Posta un commento