martedì 10 gennaio 2012

Perché?

E' bello questo prato verde dopo le 
tante piogge di primavera; tanti e 
variegati i fiorellini suoi e l'erbetta 
novella ancor verde è, e gli insetti 
operosi a ronzarvi. E' vita. Ma c'è una 
poderosa vacca che lenta avanza, 
bruca or qui or lì, calpesta e talvolta 
del suo dà, e l'erba nuova che pur 
verrà se ne gioverà di certo, ma quella 
già qui imbratta. Rappresenta la 
morte, che già un sommo pittore vide 
nel falciatore, singolo nel  campo di 
grano che ritrasse... Lì le spighe 
mature  falciate, qui fiori che per appassir 
stanno e altri nello splendore loro o 
appena in boccio, tutti in una bocca 
vorace finiscono. Vorrei reggesse la 
metafora, e più ancora quella che 
vede il bene  e il male sempre 
appaiati: il bene ne viene ostacolato e 
insidiato, ma vanirebbe senza 
l'antagonista, così come  l'attrito che 
nel movimento  fa come forza che a 
ridurlo si ponga, ma che eliminar e del 
tutto non si può, ché quello viene 
anche permesso da essa. Ma se le 
metafore illustrano, nulla spiegano. 
Quanto poi il bene e il male relativi 
siano alle situazioni di vita, alle 
epoche, alle civiltà che l'umanità 
attraversa, non sembra potersi 
negare. Ma ci sono situazioni dure, 
quali siano gli uomini che le 
sperimentano, e crollano allora i 
giudizi e i pregiudizi anche, che pur 
siano stati nella norma del momento e 
del posto della  vita loro, e ben miseri 
si fanno se il male colpisce persone 
assai care, i bambini, vuoi per malattia 
sempre assurda, vuoi per abuso 
blasfemo d'adulto fuor del dritto 
istinto, voglioso...E così di noi, la 
speranza fattasi cionca, la fede nostra 
già rattrappita, che vacilla... Ma nella 
precarietà e drammaticità del vissuto, 
pur un residuo di positività c'è in 
quanto d'assurdo ci accade, ché 
almeno abbiamo chiara l'inconsistenza 
e futilità delle suppliche personali che 
qui facciamo al dio per muoverci con 
minor disagio. Ma questo dio che 
vuole? Ha preteso fossimo per gli altri 
sempre e il suo cristo mostrato ci ha 
fin dove è giusto si viva di noi come di 
lui, e dei sogni nostri perfino appropriarsene 
si può, e noi, onesti, abbiamo tentato 
la sequela sua. Ma forse solo sulle 
spalle sue curve abbiamo vissuto, ché 
le parole del libro di favole abbiamo 
ripetuto ingannandoci e forse 
ingannando, sì, il mondo nuovo che 
imminente viene, questa  
provvisorietà del male, apparente 
lunga e amara, il suo ritorno nella 
vittoria... favole, miti cari, ma miti!

E’ comodo talvolta un dio fra le stelle, ma lui ha voluto farsi piccolo, indigente, meschino, finché c'è qualcuno che lo è, e la sua fragilità sta in ogni creatura, vinta comunque, succube del male, ben è detto ne Le mileu divin. Sta nei dubbi nostri del momento, il non poterci rispondere, aiutare, dare. E   il  silenzio suo agghiaccia... E io, bambino, ho cercato di non crescere. Ma dove più è la madre cara e il padre e il fratello amati?Quanto male nella vita mia! Perché? Ho tentato la coerenza tra gli impedimenti miei, psicologici molti e ora specialmente, fisici anche...Nulla ho cambiato, tutto ho subito. Ma questo è tempo di incertezza, incomprensione e sofferenza per tutti, sono le birth pangs... E un tu ho cercato. Qualcuno ha voluto l'ansia mia colmare...Tu, madre del sogno dolcissima e lei carezzare dalle mie parole vane vi siete lasciate. Non ne ho vergogna, erano sincere. Muore questo giorno, vi vedrò ancora domani?

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