giovedì 12 gennaio 2012

Come timida formica

Di questa stagione affaccendate son le operaie di questo formicaio e di notte pure potresti vederle infaticabili, in lunghe teorie. Ché, quale sia la specie, qui niente si conquista che con la rinuncia...
E quando le vedi poco attive, singole andare or qui or là, timidette, incerte, son così nel saggiare del territorio la possibilità del cibo. Sono le esploratrici, tutt'altro che indolenti. Ché se quello che trovano è di poco peso, subito lo trascinano via, altrimenti le compagne, avvertite, s'affrettano a ritrovare la traccia della fortunata. Vita da formiche, vita di qui! Sì, non è diverso per noi. Qui vedi atleti impegnarsi a migliorare le prestazioni con sacrificio, e nelle fatiche loro è forse balsamo già nell'agone vedersi e trionfanti. E così fa l'artista che tutto sacrifica all'opera sua, che già vede ammirata, e ne è in qualche misura già pago, ché quella tutto l'assorbe, null'altro vuole, spera. Ma è lo stesso in altre situazioni, per quanto meno appariscente ne sia l'impegno, non è minore la rinuncia alle altre cose del mondo e v'è nell'intimo qualcosa che già anticipa il successo.
E' da tener celata, così la ricerca stessa e la pena nella tenacia che richiede, ché talora non accada che gli stolti le scherniscano. Pronti son al motteggio e capir non possono le vicissitudini, le amarezze ancora da superare per la meta, situazione, oggetto o persona che sia, sperati come bene o amore. Ma spesso ne diventerebbe estenuante l'attesa, la ricerca che la vita tutta può occupare, se una specie di compenso ulteriore non intervenisse. Come un di più. Tutto il sofferto e la rinuncia pagata, può essere motivo di intima, contenuta felicità, se possiamo ripeterci: ho lottato, ho ben speso il mio tempo! Questo è il pensiero che sostanzia l'orgoglio di sé, e giustifica, anzi promuove, l'intima, pacata gioia. Sicché la felicità par non consistere nell'avere, ma in fondo solo nella consapevolezza e speranza della sua possibilità, e una pace interiore subentra all'ansia e libera dal sofferto apparente insuccesso del momento e par prometterne destino diverso, e questo è un di più che appaga.
Se questo è vero quasi sempre, più lo è nella ricerca di te. Facile conquista non sei per alcuno, e i mistici di ogni epoca, amata e sospirata t'hanno, sebbene sempre appena sfiorata. E le loro parole nel riferirne, inadeguate sempre sono state a esprimere il tormento certo e grande e l'estasi pur sempre umanamente piccola nell'esperienza di te. Sì, ci sono cose di qui, dell'intimo, che non trovano parole adeguate, rimangono dentro come bloccate, e allora saper di non poter di più nell'avvicinarsi a te e di nemmeno saperlo dire, in qualche modo rasserena, ché così si conoscono i limiti della natura nostra, ai quali rassegnarsi. Allora la felicità è qui desiderarti, non averti! E io come timida formica, cerco e cerco briciole, per l'anima mia cibo, e qui non trovo e più in là spero, ché son sempre l'innamorato, uno che di te sempre sospira. Come Epicuro morale ti cerco, oh felicità! Sì te proprio, mia pace, libertà dai tanti timori, che la vita ha affastellati e da quello della morte vicina, degli dei bugiardi di qui e dei santi sperati clementi di là. E vivo nascosto sì, ma nell'attesa di te e spero vederti alla fine delle apparenze. Tu, vero cibo e farmaco, al dolore rimedio, quello che vedo nelle cose tutte, che spasimano nell'attesa. Oh sì, m'accompagna, mi limita, m'attanaglia il male e soffocarmi vuole. Sicché al momento la felicità mia è piccola piccola, ma pur c'è! Sono occhi di donna, parole di donna, sorrisi, sospiri di donna...Di questa donna!

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