lunedì 2 gennaio 2012

Lavoro oggi

In altra epoca,
in un paese lontano,
un bambino e un vecchio frate
vanno per la strada bianca,
che porta al villaggio.
E il vecchio, custode
del piccolo, ché l’ha il suo convento,
gli fa notare uno, vistoso,
vestito di ricercato velluto,
e gli dice: ecco uno schiavo del lusso!
Poi, additando uno che riconta
il suo guadagno, gli dice:
ecco del denaro un schiavo!
E poi ancora uno, involto
tra le braccia di una donna,
egli, severo, apostrofa
uno schiavo della  carne.
E così ancora  più  ne addita
per la via di quel villaggio…
E allora quel bambino,
che da quelle sagge labbra pende,
gli chiede se proprio tutti sono
di qualcosa o qualcuno schiavi
e se anche loro lo siano.
E quel saggio annuisce e afferma
anche loro schiavi, ma del buon dio.
La vita di quel tempo
difficile era e quella d’oggi
più facile, forse, non è.
E ora più che mai, scegliere di dipendere,
povero, dal solo buon dio
e nella sua vigna, non si può,
se non agli altri, ma ad altri occorre
provvedere nel mondo d’oggi, esoso.
E poi di quanti compromessi e omissioni
e peccati veri è così erta questa vita!
E più nessuno è buono abbastanza
per sì buon padrone…
E lavorar si deve in ben altra vigna,
sotto a non proprio buon padrone.
Ma fortunati quelli che conservano
il loro, anche solo precario lavoro,
in questa, che i politici
chiamano contingenza,
ma che proprio passar non vuole!
Così io, esentato, vedo esasperati
difendere, vani, il loro poco,
che sta per diventar un niente,
ché, già resi schiavi
da un lavoro avvilente,
ché sempre uguale e mal pagato,
pur via lo vedono portare.
Infatti quei ricchi,
che di loro a lungo han disposto,
e or disperati li lasciano,
altrove cercano nuovi schiavi,
che loro permettano un maggior lucro…
O quanto dura, stretta, è la porta
del regno che viene
se per quella cruna a stento
passa l’anima nuda,
come il santo diceva, e del solo buono!
E chi di sé lo può dire?

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