lunedì 2 gennaio 2012

La catastrofe pakistana

Che scempio la natura,
oggi violentata più che mai,
ha di tanti tuoi dei più poveri,
fatto! 
E ora un microcosmo 
scomposto, allucinato, sbattuto,
d’uomini, animali, cose,
agonizza in una palude immane,
che ingoiar sembra quel lontano
paese, tutto!
E su poco strame, tremanti
nuovi nati a tanto orrore,
aprono spauriti occhi
da profonde occhiaie…
E nei loro cenci, più che mai disperati,
quei fratelli ti implorano salute!
Ma tu non puoi,
se non con mani sollecite
al tuo desiderio, ma nostre non sono!
E noi?
Qui esentati, sotto un sole
ben più benigno, illusi,
preserviamo un perditempo ozioso…
Così alla nostra miglior sorte,
un sozzura morale è compagna.
E questa ci soffocherà
in questo letamaio verminoso,
ché tale ormai abbiamo per mondo.
Ma forse per te già scema
questa follia, che ci vuole
ciechi tutti e sordi
all’altrui bisogno.
E veri sensibili cuori,
già corrono, cantando a te,
a sollevar quei fratelli
e a far rifiorire la loro terra desolata.

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