lunedì 2 gennaio 2012

Chiara Luce e sciamano divino

Di un missionario e della sua vera strana storia,
sentii da giovane, forse da un prete, che in Amazzonia
per un po’ aveva condiviso il suo eroico apostolato.
Quello, della gravità del suo comportamento,
ebbe percezione quando la bella nativa, che amava,
con la vita nuova che recava, tragica finì.
E allora morirne desiderò nella disperazione,
ma poi decise che votarsi a un compito gravoso,
pur avrebbe soddisfatto la sete sua
di riparazione per le vite troncate.
E prese a occuparsi di malati e tra i più tormentati
dalla terribile malattia, la lebbra, di quei luoghi
fascinosi tanto, ma insani pure.
E quella sua vita all’inferno previde breve...
e quella missione di dar mani a Cristo,
lì certo alacre operante, lo rasserenò e perfino felice ne parve.
Ma interrogato delle fatiche sue all’ospedaletto nella foresta,
e del perché quella gioia gli trasparisse
nella necessità e precarietà,
si disse invece non perfettamente felice,
se non quando uno dei malati del buon dio fosse stato.
Ma per lo sciamano del villaggio malato già era,
ché lui, pur disarmato di fronte a quel male,
ben ne sapeva…E allora tentar volle su quel bianco,
buono con la sua gente, l’arte sua arcana e appassionata.
E ne mise a parte il padre e tanto insistette
sulla necessità del rituale di trasferimento a sé del male,
che quello, pur scettico, per non dispiacergli,
ché buono e a lui devoto, sebbene non al suo credo,
lo sapeva, mite vi si sottopose in una notte allucinata...
Ma la tenacia dello strano medico nulla poté di quel male
e il malato rapidamente ne morì.
E del guaritore più nulla si seppe, alla foresta tornato.
E qualcuno anche ne dubitò, ché forse il padre
per una sua pozione pietosa era morto,
ma forse no, perché quello stremato era dal suo servizio
gravoso e debilitato dalla malattia.
Oggi che Chiara è riconosciuta dell’esercito del buon dio,
la strana storia di quel soldato ferito e poi caduto,
che un po’ sa di favola, alla mente m’è tornata.
Forse perché, sapere le sofferenze della nostra beata,
mi turba e, se non so capacitarmene, una risposta invoco.
Sì, ne sono sconvolto e cerco, cerco…
nell’esperienza del dolore visto così tanto
in una vita e vissuto un poco…
E il mio pensiero va a Bernadette, l’icona di Maria,
esempio eroico assai simile…
E questa nostra giovane
vedo nel candore abbagliante della sua fede,
andare incontro al suo sposo vestita d’amore,
ma dalla fiamma del dolore uscita…
Perché?
Certo è che la passione del Cristo continui
nei nostri dolori, e ci sono quelli che, come Chiara,
ne muoiono obbedienti, certi della comunione
delle pene loro con quelle del Signore.
Ma oggi l’azione del Cristo da sempre
sulle membra dolenti del suo corpo mistico,
vedo come quella dello sciamano della foresta,
che volontà d’amore aveva di prendere su sé
la malattia per affrancarne l’amico…
E il nostro Cristo  in croce, morente,
le scarse forze raccoglie per una risposta d’amore,
e se qualcuno ne è sanato, altri con lui ne muore…
Sì, lui tenta di darci vita per questa vita…
nella certezza che alla vittoria d’amore tutti
con lui saremo in fine e fiducia qui ora ci dà.
E la creazione tutta, ora gemente nell’attesa,
ben vide Paolo, ne verrà coinvolta,
per esultare con noi in lui, ché per lui è stata.
Questo il destino, ma intanto che è buio e freddo,
è dolce pensare allo sciamano divino che muore
ancora e della nostra malattia per conservarci a questa vita,
mediocre o eroica, spezzata e disperata talora,
e nell’oscurità sempre,  affinché la sua speranza
luce ne faccia. E’ lui la stella!
E noi meritiamo questa speranza!
 

Nessun commento:

Posta un commento