mercoledì 28 dicembre 2011

Perché il dio è uomo?

Perché se del dio mi parli,
rosata sei di pudore?
L’anima mia si disfa
tanto delicata sei!
E ora che, per lunga pioggia,
quest’erta di montagna,
fangosa e più faticosa s’è fatta,
tu un po’ ristai e mi chiedi:
perché il dio è uomo?
Cur deus homo?
Volle farsi e restò così?
Certo più della ragione,
i miti sacri ci parlano, intuendo del dio…
Ma una verità troppo nascosta,
occorreva svelata.
Che egli ci desidera suoi compagni qui.
Tribolati, derelitti,
deformi nel corpo e nella mente,
da natura matrigna o da uomini,
qui una folla immane, s’agita e preme,
che il cielo ne sbianca
e  ne trema l’aria,
tanto è il dolore!
In tutto questo che vedi e ascolti è il dio,
tutto questo è il dio!
Dovunque sei, ovunque vai,
cose irripetibili, orrende,
in questa oscurità disperata che è il mondo!
Venuto il dio, v’è rimasto,
come invischiato, e in queste plaghe
e in queste paludi s’è disciolto…
E qui non sole, non stelle,
non aria tersa o aulente, non parole dolci
non il bell’aspetto di cose o di compagni,
non qualcuno che dal cielo
risponda soave soave…
Ma solo scandalo e ripugnanza.
Ma qui c’è il dio.
Ma questo è il dio.
Qui i poveri veri,
i malati, feriti nel corpo e nell’anima.
Sì, da sempre in questi lividi sentieri del male.
Come una mandria senza meta, sbandata,
senza forze, senza dignità…
E l’odio desola la terra e la foscheggia senza speranza.
E da Assisi un poverello si mosse
a baciar piaghe di corpi e anime,
ché il dio gli mendicava amore.
Egli l’udì, rimasto senza speranza,
senza luce alcuna,
gridare abbandono contro al cielo chiuso
dalla sua novella croce!
Così noi, più fortunati,
del dio mendico
compagni e benefattori solleciti, diventiamo!
Non lasciamolo più solo!

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