martedì 27 dicembre 2011

Invito a una visione mistica del mondo



Ho profondo rispetto per tutte le fedi nel dio. La mia è quella di mia madre, devota cristiana. Tutti dovrebbero rimanere nella fede della propria madre, perché quasi sempre la via indicata è stata anche sofferta, testimoniata da una vita discreta, nascosta talvolta, del dio innamorata sempre. Forse troppe cose ho già dette, ma Dio non si stanca e io ho scritto quel che tento di dirgli con la preghiera muta di questi miei giorni brevi. Credo veramente che la ricerca di Dio debba essere il nostro forte impegno. Si raggiunge solo nella carità, amore nonostante il Suo silenzio, perché questo è, ché noi ama! Ogni altra immagine è mito. Ma se la carità dobbiamo a Dio come sola risposta, allora essa è per gli altri dov’ Egli vive, nello Spirito del Cristo che fa a meno di parole parlate, ma vuole gesti concreti. Conoscere Gesù è sapere di Dio. Altre vie di conoscenza sono possibili, tutte buone, giuste, ma chi pratica la carità è, inconsapevole,cristiano de facto, quale sia il suo particolare credo, è uno che il Cristo al suo ritorno, porrà inter oves in parte dextra. La conoscenza di Gesù non è infatti un mero fatto culturale, che si apprende e perché non rimanga in verbis, si tenta di inserire nella vita, ma per appropriarsene occorre rivivere e fin in fondo, la sua vicenda. Egli è il modello del vero santo, colui che ama perfino nell’abbandono del dio. Siamo da sempre abbandonati, ma c’è una radicalità che solo Gesù ha sperimentato che è necessario rivivere coscientemente e con la giusta valenza nella vicenda particolare della nostra vita: sarà quel che sarà, ma tutti subiremo; quanto? molto o poco, ma sarà pur sempre nella vecchiaia, nella solitudine, nella malattia, nella morte. Favole ci hanno sempre raccontato! Egli pure, nulla può se non piangere e gridare con noi. Egli non è affrancato, ma sempre coinvolto. Ascolta parole, richieste ostinate, vede l'orrendo sogghigno dell'Angelo nero sempre vittorioso che ci priva di tutto, della dignità perfino, e sente l'amarezza dell'impotenza! Egli è in ogni lamento, in ogni pianto, che per molti s’è fatto pigolio, e nella pena di ogni ascolto agghiacciato e inerme. Come è il mio, quello di tutti…


Ora, come Paolo ha detto, la nostra conoscenza del dio è imperfetta, solo mitica ed è la fede in Gesù a colmarne le lacune, ma se anticipiamo l’amore nell’attesa, è l’invito di Gesù a imitarlo, nonostante il buio di qui e il gelo, di più Lo conosciamo. Gesù è il vero prossimo, ne è l’archetipo, quello che ogni altro prefigura in metafora ; l’amore per Lui è la carità dovuta a tutti, a chi può accoglierci o respingerci, ricambiarci o giudicarci. E Dio che farà? La parte migliore di me, il dio che ho dentro, sempre m’accoglie, non rifiutando, ma scusando la mia mediocrità; e se nella sincerità mi posso ogni volta far perdonare, così sarà: sarò perdonato e l’amore ricambiato palese! Allora la risposta che devo a Lui la prefiguro, la concretizzo, la anticipo, - nel rovesciamento di sequenza da Lui voluto: prima riconoscenza, amore per l’altro e perciò per il dio nascosto, poi Suo svelamento, conoscenza faccia a faccia, come Paolo dice- ,con quello che devo alle attese di tutti, ma anche ad ogni cosa sotto il sole, che reca comunque di Lui: ad Deum per creaturas! C’è ora un unico comandamento, l’amore di Gesù! Gesù, la sua persona e quindi il mondo tutto, è il sacramento, cioè l’accesso al sacro, al divino. Per Gesù il dono di sé è ora e qui presente con la massima estensione, è sparso e disperso. Sì, tutto è pervaso da lui, tutto significa lui e quindi il dio. Credo che dimorare in Cristo misticamente, significhi proprio questo, essere nella condizione di chi lo riconosce nei fratelli e in tutte le cose, perché il mondo tutto è il corpo suo vivente. Quindi in modo esaustivo tutti, tutto è già in lui ed è santificato, è lui stesso. Questo è essere Israelita, lo è chi abita misticamente nel Cristo, nel mondo. Questa la mia visione, maturata, confermata negli anni, e, se ho ben compreso, quella stessa di Giovanni. Essa però richiede coerenza, perciò non parole ancora, ma concretezza. E quando questa non sia possibile, la preghiera sempre. Volontà di bene che il dio non potrà ignorare, ma dovrà permettere si concretizzi, per chi, per quando non è dato sapere, ma non è meno vero, meno certo. Lo scopo della vita è la preghiera almeno!


Quelli che hanno fin qui letto hanno, però, ricevuto parole soltanto in un rovesciamento inevitabile, ma che non deve essere contraddittorio. Tocca però a loro superarle e, come di fronte a uno schermo, saltare oltre e so di non chiedere poco. Invito perciò alla tecnica del superamento del verbale, che è quella stessa che l’uomo buono usa per superare le parole di chi gli dovrebbe fatti, per non essere costretto a respingerlo e potere accoglierlo lo stesso in sé.


Il solo atteggiamento dell’uomo di Dio è infatti giustificato in senso religioso, ogni altro è rapina, dispregio e fuga dal dio. Ognuno deve attendere paziente di ricevere senso e dare senso in un’accoglienza reciproca nell’amore del Cristo. Io mi sforzo di essere così: guardo con pazienza e chiedo pazienza e so che tanta ne chiedo sempre! Ma io devo essere visto nella concretezza del gesto perché così vedo tutti. Perché avrei scritto, per chi? Certo per i più anche, perché la stessa loro ripulsa mi è dovuta, se il mio è comunque un atto inappropriato, ma d’amore. Cosa ho comunicato? Forse un appena stare a questo strano mondo, sempre confuso dal silenzio di Dio, piccole pretese, ingenuità forse, le poche mie gioie, un’idea forse delle molte amarezze, quelle stesse che ognuno ha celate dentro. Ma tutto questo è senza importanza; non su me certo voglio attenzione, dacché ho amaramente scoperto che Lui, Gesù, è l’ultimo della fila, a Lui guardo e Lo vorrei guardato: io vorrei fuggire verso la luce e il sogno e Lui qui al buio rimane! Oh, quante illusioni ho coltivato con quella della bontà e della santità perfino! Lui invece ha scelto il perenne abbandono affinché tutti lo precedano e siano salvi! Quante lamentele ho sparse per una vita e più ancora ho taciute, prigioniero dell’abissale ignoranza di Dio; Lui sta qui in silenzio, di me a spartire tutto: la vita tutt’altro che eroica, il lasciar perfino coscientemente morire il bene, lo starmene a guardare, perché questo comportamento vile non m’è estraneo e sono io dopotutto a condurlo per il mondo, perché lui sta proprio in me! Sono confuso, ho necessità d’aiuto lo chiedo a Lui, lo chiedo a tutti, ma senza parole ormai. Le parole sono il mio inutile fardello!


Un altro scritto... non sono tante altre parole? Le parole non annoiano? Corro questo rischio...


Ma libri senza parole ho letto in lunghe passeggiate nei boschi, nell’infanzia dei miei figli, negli ultimi anni di mio padre... Ho avuto molto! E poi gli occhi del mio cane, proprio come quelli di certi miei pazienti cui devo riconoscenza ancor oggi ché più non sono medico: ansiosi, imploranti la guarigione eppure dolci e rassegnati e pieni di pietà per me. E quando fui costretto a rinunciarvi ebbi il cuore spezzato più che dalla malattia … E poi ancora il caldo affetto di Poli, gatto sol occhio e di Bella la sua dolce compagna nata per le fusa... Sono stato fortunato, ho letto molte cose in libri senza pagine e le mie parole mute sono state ricambiate: sono stato amato! Sono amato, Dio mi ama; me lo dice l’ostinazione, la continua premura, la dolce violenza, la velata inquietudine, la tenera malinconia della mia donna in questi giorni difficili, altrimenti uggiosi. Sì, Dio ama tutti! Possano tutti avere questa meravigliosa consapevolezza nonostante le pene e le amarezze: Lui le raccoglie preziose! Gesù sta in fondo alla lunga teoria dei fatti assurdi di questo mondo e noi viviamo tra due realtà polari: non è possibile scavalcarlo in basso e tutti ci fa procedere verso l’alto, le tenebre si risolvono in luce e il male cessa come un gelo provvisorio; noi stiamo senza accorgercene correndo, sospinti verso il Padre, tutto s’affretta a Lui! Tutto ci parla di Lui. In tutto, ovunque, è sempre lui che tocchiamo, palpiamo, respiriamo. Tutto vive del dio!


E noi pure. Potremmo non averne consapevolezza, pensare di esistere soltanto qui e soli, senza scopo; invece pro-esistiamo, cioè stiamo davanti e perciò per gli altri e così per sempre; e ci sono parole dentro, anche mai chiare forse, accennate appena, velate o mute addirittura; e sono le Sue parole, che, se sono per noi anche, per gli altri soprattutto vogliono essere. E noi le ripetiamo, le balbettiamo o le recitiamo muti. Sempre diciamo di Lui e per conto Suo comunque, anche d’altro parlando, sempre Lo esprimiamo, sempre lo raccontiamo se diciamo, anche solo col gesto, ciò che ci palpita dentro. Attenzione vogliamo talvolta e c’è un bisogno d’amore sempre, ma Lui li grida per Sé e chiama in noi e fuori e per mille bocche, per mille sguardi e volti e mani tese, proprio noi cerca e il nostro nome vero, quello che solo Lui conosce, incessante ripete!


Vorrei saper chiudere a mo’ delle lettere Santa Caterina: Gesù dolce, Gesù amore! Ma qualcosa, una chimera forse, scioglie i miei pensieri e porta via le mie parole e apparentemente non prego più, sebbene ne conservi l’atteggiamento e resto senza più nulla, muto davanti a Lui muto. Ma forse è che ci parliamo ormai così!






Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consumationem saeculi.


(Matteo: 28-20)

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