lunedì 23 luglio 2012

Un mattino uggioso

Mattino è, e le iridi mi palpitano per la luce.
Ma scialba è, ché tutto grigio è questo cielo. Stanotte è piovuto. Assetata ne era la terra e forse là, sulla collina di fronte, i pochi fiori che la calura ha risparmiato, hanno appena aperto la corolla, innamorati di te, a cercar di te la carezza. Ma vento è calato dal nord e attenuarsi non vuole, ed è fresco, forse oggi non potrò andarvi e lì sperare un incontro con le cose che parlami vogliano di te, e tante sono. E io più povero mi sento e stolto, come attenuato mi sia l’ardore bruciante che sempre mi spinge a cercarti e invocarti. Non sarà che ti perda? Spero che trascorso non sia il tempo d’amore per noi! Ma prigioniero mi sento di questa realtà, come una voluttà sadica mi ci adatti, e non vorrei, quasi lupo ormai fatto tra tutti così. Forse allora più non ti piacerò. Ma non m’accadrà, credimi, sono sempre il piccolo uomo bisognoso di parole buone e gesti, e d’amore. E straniero mi sento qui tra i molti tediati d’egoismo, quelli che bene e male confondono, mai per il danno proprio, ma degli sprovveduti solo, e vero io sono tra questi più. E sono come in un lungo incubo e svegliarmi non so. Sì, destarmi, sorgere vorrei per vita novella e con te per quest’amore, ché poco forse le ho dato sebbene in lungo sodalizio. Ecco io vorrei dirti che oggi proprio, come m’abbia contagiato l’uggioso mattino, io sono ancor più straniato dalla verità che sei e dall’amore che da te raggia, ché più lontano, come più non potessi averlo, come sfuggito, avverto. E gridarti come bambino facevo alla mamma per attrarne l’attenzione, vorrei per la tua. E quella risento rispondermi col nomignolo che la tenerezza sua inventato per me aveva. Sarà così proprio che tu mi risponda? Sì, io or lo vorrei da questa miseria che m’attanaglia, per suscitarti pena non per me, ma per quest’amore. Ti prego, chinati su noi, madre consolatrice, sfioraci con le tue mani di luce, stringi a te la nostra umiltà, la nostra miseria assetata delle tue tenerezze. Indicaci la via per un mondo nuovo senza più dolore, il solo per me “ubi consistam”. E se qui questa vecchiaia, che avida vuol prenderci, vuol trattenerci e tarda la morte sorella, che a te portarci vuole, lasciaci riscoprire le cose del quotidiano, sotto la tua luce. E’ benefica, cambia, rinnova, e annuncia la vita novella con te, lì tra le stelle. E intanto mostra i sentieri della tua misericordia, della tua pace, della tua gioia! Sì, madre, manda luce agli occhi di questi teneri amanti, che, se si amano, è te che amano, sola luce delle anime loro! Scendi allora, mostrati, restaci vicina un po’, e frattanto scorra il tempo che ci separa!

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