giovedì 26 luglio 2012

Lasciamela

Tanto nella mente fan talvolta ridondanza i pensieri e lor parole, che s’accavallano, che ciò va a scapito della chiarezza e compiutezza del dirti e allora me ne sto quasi inibito come tema che il pensar mio ti sia grave, sapendo che mi leggi dentro. E allora oggi ti dirò poco. Ti dirò breve di quel che vero temo. Ecco, se pur concreto è quest’amore e io guardi e tocchi questa mia donna e vero palpitarmi la senta, temo che qualcosa, e no so che, me la voglia allontanare e farmela divenir di quelle cose, che pur s’amano senza poterle mai raggiungere. E così talor si son fatte le mie donne, estranee! Ma allora pure tu diverresti di quelle, l’icona tua smarrita, sfuggitami dal cuore. Ecco questo mi turba, fa ansia e fa la mia preghiera per te, quella d’oggi. Ma poi anche temo che tu stessa mi trovi tanto stranito da tal paura di perder con lei tutte le cose belle che amo, da volerti far lontana non più piacendoti questo cuore innamorato. Così perderti sarebbe causa ed effetto a un tempo del loro sfuggirmi, lei smarrendo. Io non so dir meglio e non so perché tutto questo m’accada! E sono esse quelle cose belle che mi permettono di sognarti e certo questo fa per prima l’icona tua e l’idea di questo lor farsi lontane e poterle perdere mi fa sgomento e tristezza. Ed è questa un stato dell’anima che fa di per sé vanire le cose, le fa perder colore, significato, velando tutto, anche nel quotidiano. Ecco, come ci sia un sole scialbo che tutto immerge nella penombra come in un’eclissi. E i pensieri, le parole più belle languono come i sogni e così fa morta gora che insetti operosi e fiori lascino il terreno in cui acqua langue. E tu hai la consistenza di quelli, eterea, e, perdendoli, nulla più di te avrei! Sì, se qui più non trovassimo cose fascinose da sostenerci l’idea della bellezza, di te nulla più sapremmo. E tu non sei le cento varietà d’erbe e fiori che fan dipinto il chinale a primavera e che gareggiano coi loro colori e profumi ad attrar a me la vista e l’odorato e delle farfalle la danza, che fa vaghezza al cuore. E poi nel lucciolaio che esso diviene le sere di tarda primavera, non sei tutte quelle che sfarfallano e che dicono amore mute, e non sei le stelle delle notti d’estate che fan di simile col brillio loro e ci palpitano parole che il cuor vuole siano le tue. E poi non sei l’oro delle aurore o il rosseggiar dei tramonti che fan meraviglia a me e alla donna mia e non certo la pioggia aulente che la terra, da lei resa giovane, imbeve benefica da far rigoglio alle sue piante novelle. E non il canto di uccelli innamorati a primavera. Ma dimmi, senza tutte queste cose belle che fan tenerezza al cuore che sapremmo della bellezza tua, del candor tuo, del tuo rosarti di tenerezza per chi ami? E poi senza il brillio d’occhi di donne innamorate in notti assetate d’amore e le parole e i gesti che ce le fan leggiadre, che sapremmo della tenerezza dell’amor tuo? Ecco come può dire un cuore, la bella del cielo è come la più graziosa e cortese, che mi bussi e quella che mi fa palpitare se m’è vicina e mi fa rimpianto e tristezza quando m’è lontana. E per me una assai dolce hai voluto a significarmi l’amor tuo e a me proprio dicesse le parole tue, sì, è quella che mi fa tristezza al cuore se la so lontana e io non agogno che di rivederla. Ecco se si vela la voce sua e l’età vuol lasci la bellezza sua, questi occhi, pur sempre belli, parlano, dicono di te, gridano l’amor tuo. E, miracolo, eccoti per lei concreta, vicina da udire col respiro, l’afflato tuo per me! Sì, è lei sola che ti trattiene nel cuore mio, t’ha legata ben stretta con tanti lacciuli! Lasciamela, ché veda, ultima luce, degli occhi suoi il brillio a cercarmi nella penombra. Sì, siano essi l’ultimo tuo messaggio d’amore per me, e poi o il nulla o te!

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