martedì 17 luglio 2012

Agapanthus

Dolce è ascoltarti, dolce lo stare con te e in te 
solo, dal profondo del mio cuore affannato, 
riposa e si placa l’anima mia provata, e 
pendo dalle tue parole come Maria, ebbra 
d’amore, ai piedi del figlio tuo. Sì, star con te, 
vedere te, sentir te è la gioia e la vita vera 
per me e altro non ho di sì bello e dolce! Ma 
quanto ho penato a trovarti prima che 
palpitar potessi nella felicità di averti! 
Ma come ho fatto? Ho trovato qui una tua icona, 
un fiore d’amore, un agapanthus al cuore 
mio! Bella sei in lei, proprio come il mio cuor 
ti sognava, una corrispondenza perfetta tra il 
buono che dentro celi e l’esteriorità delle 
fattezze, ma solo gli angeli chiamarti possono 
con un nome che entrambi li significhino. Io 
contentarmi debbo del nome di questa donna, 
tuo piccolo fiore, e dei cento che la tenerezza 
m’inventa per lei e allora così per te. Ché è lei 
che permette che ti veda e ti tocchi perfino! 
Spesso donne di qui privilegiate, dalle belle 
chiome e visi e armonioso corpo, presto 
intristiscono neglette da vero amore, ché le 
lusinghe tante rovinano il poco o il molto che 
dentro hanno, e confondono, sicché altro 
degno cuore, che parli sincero, trascurano, 
per chi incendio effimero avvampi della 
sterpaglia che ha nel suo! Ma donna v’è che 
dir possa a uno solo cuore, ecco bella sono 
per te solo, che m’ami, le tue parole d’amore, 
che dirmi sai mi son preziose e d’altre 
lusinghe non ho cura! Ecco l’icona! E questa 
tua risposto ha amore al mio assetato cuore, 
ché “aio tibi” ha pronunciato per lui solo! Ed è 
vero bella questa donna mia, ché quello che 
manifesta fuori, è da cuore innamorato che le 
viene. E gli occhi miei mai son sazi di lei. E 
poco importa che gli anni aggiungano rughe 
al suo bel viso e bianchi i capelli vogliono 
farsi. Cantano sempre amore gli occhi suoi e 
la voce, che vuol velarsi, sempre melliflua m’è 
al cuore. Sì, passano gli anni e vero ella 
sempre più simile ti diventa e certo là dove 
vivi, meritevole fattasi della tua giovinezza, 
occhi d’amore ancora avrà per me, ma esser 
io vorrei ad attenderla! Sì, già ora tuoi stessi 
occhi ha e il suo, il tuo sorriso. Ma è l’amor 
mio che anticipa e così già me la fa vedere! 
Quando, dove? In attimi di sogno ad occhi 
aperti nella solitudine che tutto in me mi 
raccoglie. E non v’è artista, che veda come io 
or ora vedo e che senta dentro al cuore 
magnificar la visione, da poter render con sua 
arte questa umana bellezza che s’esalta e 
trascolora nella tua! E se davvero pennello 
avessi con una tela or tra le mani, l’anelante 
anima mia che coglie l’indicibile di te dal 
ricordo di lei, fremente non lo seconderebbe, 
ché, tremula di passione, sulla tela la mano 
non ritrarrebbe forse più di uno schizzo 
ingiusto, sebbene in tonalità d’azzurro, ché è 
guardando questo cielo, verso cui questo colle 
si staglia, che si stempera la visione mia. E’ 
forse visione d’un attimo solo, che permesso 
m’hai, ché così veda il destino del mio piccolo 
fiore azzurro, lì tra gli angeli tuoi. E se cuore umano 
più possa non so, ma il mio ha un che di 
orgogliosa sicurezza, che vero sia tu quella 
che ho visto, lei ricordando, or ora nella mia 
solitaria passeggiata. Ma ecco mi si vela di 
tristezza il cuore e tremano di pena le parole 
mie per te. Penso ai giorni d’amarezza fonda 
e scuri d’umana solitudine che ci attendono se 
ci separi. Possibile, mi chiedo, che spezzar 
questo amore si debba anche per piccola ora? 
Ecco perché ogni notte nell’addormentamento 
la mano mia la cerca e al risveglio subito fa di 
simile. No, non permettere che io più non me 
la trovi accanto, ché, lei perdendo, è te che 
perso avrei, prendici insieme!

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