mercoledì 1 ottobre 2014

Cosa fa il dio di tutti






Prologo


Scrivere per sé non è mai come scrivere per tutti, sperando che il pensato espresso giovi a qualcuno. Il nostro è un tempo strano di indifferenza e follia, in cui chi ha una briciola di fede deve dirlo a parole e più a fatti, ché fede è luce e non si deve celare, quand’anche piccola e tremula, ma sperare occorre che il dio aiuti nella coerenza. Sì, più che dire, deve, realizzi assai poco o molto. È la mia tentazione, il dire! Allora per chi scrivo? La donna che ho mi incoraggia a farlo anzitutto per me stesso. Ha sempre avuto ragione su cose di nostra vita e io l’ascolto, sempre rapito da quanto le esce di bocca. La so sensibile e accorta nei giudizi suoi. Ma forse sempre incantato ne resto per l’inguaribile amore che sento, e che spero per l’eternità. È quello stesso del dio? Forse un po'! O quanto vorrei più ancora questa somiglianza, perché il mio prossimo comincia da lei! Sicuro ho per lei queste mie parole da povere idee sofferte, che nascono dai fatti della mia vita nell’unicità sua, prima e durante questo nostro star l’un per l’altro, e tragica come lo son tutte un po’, almeno nella consapevolezza della conclusione, e io ne ho l’età e le premesse! Da quel che ho dentro e dico, forse vero prolisso, nasce l’illusione, tutta senile, che giovi esporlo a chi, come me, cerca il dio, e io penso che lei proprio lo cerchi, e quanto vorrei aiutarla! Lo fa come me dalla sofferenza, e dalla sua io proprio estraneo non sono, sì, responsabile un po'. Io mi sento vecchio e stanco in quest'epoca di follia in cui c'è ancora chi tenta con la guerra, che osa chiamare santa, di fare come i cristiani di ogni epoca, volutamente dimentichi del comando divino di amare tutti, i nemici anche o di più! Ma apparentemente qui rifletterò su altro, è il dio che permette il male per poi far di se stesso scudo all'uomo nella eccessività che esso sempre ha. Perché lo permette per poi così comportarsi ed esserne addirittura sconfitto, vittima?C'è risposta? Forse riuscirò in questo mio intento chiarificatore anzitutto per me stesso, se sincero dirò, come dicessi le cose mie al confessore, ma così però col timore di non dire abbastanza. Ci provo! Ma se troppo dico per ben pochi argomenti, occorrerà mi si legga per tappe. Per questo ho diviso questo scritto, un po' lungo, in parti. Se alla fine si scoprirà che ho detto ovvietà, sapendolo ne sarei felice. Ché non sono solo, penso come molti!


Prima parte


La società d’oggi tende a essere fortemente individualistica, come nel mondo antico quella dell’ultimo Israele e più ancora nella Grecia d’allora. L’individualismo, quello oggi così diffuso, anzi caratterizzante questa società incredula e godereccia, penso, ma non sono un sociologo, nasca dall’essere consapevoli almeno di un valore, ma esasperato, quello di sé come persona, che però rechi il pericolo della tentazione all’autosufficienza nell’isolamento e dell’insofferenza verso ogni autorità esterna, religiosa o politica, e porti fatalmente alla negazione di ogni altro valore o ideale. Ma l’individualista d'oggi ha in sé un’altra negatività, l’ipocrisia. Può formalmente aderire alle leggi costituite che regolano la vita della sua comunità, ma il conflitto con le tendenze intime risolve nel segreto a vantaggio del suo sé. Ma l’adesione degli altri, quando vero persuasi della necessità di sottostare alle stesse leggi, sociali o religiose, è da lui auspicata e l'incoraggia, falso però il buon esempio suo e tutte le sue parole, per poter vivere le proprie aspirazioni egoistiche più facilmente tra succubi o devoti convinti. Sì, è proprio ipocrita e scellerato disonesto! Una società così ha in sé la potenzialità della disgregazione, come alle antiche accadde. Di sicuro, non ultimo male, l'egoismo più o meno larvato, da cui lo star per sé, comportamento tanto diffuso oggi, induce, mancando esempi di dedizione disinteressata agli altri,chi sarebbe altrimenti volenteroso, all’accidia. Cioè al decidere di non far nulla per l’inutilità di ogni scopo in un mondo di troppi ipocriti e furbi, che stanno per sé solo, indifferenti alle carenze e ai bisogni degli altri. Per tutto questo, l'individualismo è un male che forse molto spiace al dio, ma che lui solo può vero curare. E apparentemente non lo fa! Ma intanto chi vuol stare dalla sua parte che farà, pur da pusillanime, inibito da tanta frenesia che fa rigoglio nella crisi d’oggi di tutto, ideologie e valori, quando un mondo insulso ed esasperato nella ricerca del piacere a scapito o danno di tutto e tutti, par cospirare a persuaderlo perfino della vanità dell’esistere, a meno di adeguarsi, con perdita però della dignità residua? E che farà nell’ammissione di impotenza, quando il male è già tutto in se stesso, quanto quello che gemma nel cuore dell’umanità d’oggi, nei mille suoi modi, cui le conseguenze dell'individualismo si aggiungono deleterie? Sì, quelle proprio favorite, preparate dall’esasperato individualismo che non fa argine al male, ciascuno badando a sé solo e diffidando di tutti, bastando a sé per illusione. Quale?Quella che perduri, distratta la presunta invidia di tutti gli altri, la fortuna della esenzione che il male, nonostante tanto diffuso e mordace, pare gli accordi, privilegiandolo. E quindi qui, in questo mondo d'oggi di tanto deserto, ci sono quelli che stanno soli per scelta illusa e chi vi resta suo malgrado, indifferenti i primi, e poi gli altri, quelli di poca fede, io tra questi, tra gli ultimi, tra gli sprovveduti, ridotti a stare appena, costretti a una scelta forzosa, patita di isolamento. Allora? Noi, che pur conserviamo, a dispetto dell’ambiente ostile, almeno un po’ la fede nel cristo, medico sciamano di ogni anima, che prende su sé il male che la tormenta, dobbiamo riappropriarci della coscienza di non star soli, pur in mezzo a una società di indifferenti a quanto di bello, ma assai più spesso di sgradevole, ci capiti. Lui proprio è quel qualcuno che ancor oggi condivide le nostre rare occasioni di gioia e si appropria delle nostre angosce, così di quella del dover star qui proprio in un mondo di non partecipi alle vicende nostre, sempre distratti da altre cure, per lo più rivolte al sé intimo, e sapere che se sofferenti, nemmeno siamo soli, abbandonati, ché lui lo è nello stesso dolore, proprio accanto o meglio dentro, nel cuore nostro! E lotta perdendo, contro l'indifferenza e perfino l'esosità di chi potrebbe aiutarci. E mi riferisco agli scellerati usurai della salute che pretendono molto per darci poco o nulla! E questo star per noi in ogni gioia e pena è un diritto che ha conquistato con la sua morte. E ora di ogni morte di qui s’accora e piange con chi lo fa, quando preso nella morsa del male, nemmeno da lui potuto evitargli. È lui che fa la nostra fede pur nell'apparente debolezza sua, ché le nostre sono sue sconfitte, fede pur poca al momento, ma che crescere vorrebbe! E come le riuscirà di crescere? Ecco, il pool del suo dolore è così grande, quanto il mare delle lacrime versate dalle creature tutte da che è la vita! Ma sta come in uno scrigno molto particolare, facile ne è accesso o impossibile!, perché ognuno vi può attingere, avendone la chiave, che però solo fornisce il suo personale dolore, bastevole anche quello di un pentimento sincero, anche appena avvertito, ma che pungolo e finestra al dolore sarà per la vita restante. E così aperto, appropriarsi del contenuto prezioso e gridare attenzione a quel che nel cielo si postula, e dirgli, Io non ho forse sofferto abbastanza, ma col mio poco sto in un mistero d’amore di cui è permesso giovarsi, quello del tuo cristo, che tutto di sé lascia prendere! Sì, c’è per me questo qualcuno che ha aumentato con la sua la mia pur scarsa, ma autentica sofferenza! Chiedo di capirne l’importanza, è mera generosità, è puro amore? Cos’è? È diritto, mi rispondo, ad occuparsi di noi dell’unico dio possibile. Debole appare nel suo cristo, sconfitto nel farsi scudo alle creature sue, ma per questa ostinazione di fronte al male, che pur permette, il salvatore di tutti! Mistero d'amore!


Parte seconda


Non solo ho, per quella sofferenza, da cui mi è permesso attingere a far consistente la mia, il diritto a che mi si perdoni il poco fatto di giusto o il tanto omesso per egoismo, ma posso abbandonarmi, lasciarmene attrarre tanto che ne resti impigliato, contagiato il me stesso migliore, che chiamo il mio cuore, al punto da versarvi le mie lacrime di ormai vero completo pentimento, sì proprio arreso finalmente al suo amore! Sì, contagiato, mi sono ammalato del suo stesso amore e or piango lacrime vero amare, ma, che strano!, anche di liberazione e quindi come di gioia, per metterle nel mio cuore che è diventato il suo, come in un vaso già colmo e traboccante. E se così, se questa trasformazione è possibile, da tiepido diventare ardente nella sua sequela, la mia speranza di emancipazione dal male diviene certezza, diviene fede autentica! Sarà quando sarà e forse solo alla morte! E intanto così da malato, e più guarire non ne voglio, ché sono contagiato d’amore, mi ritrovo guarito da ben altro, allontanato da un vero pericolo, dal male della mediocrità e dell’insufficienza, o peggio dell'indifferenza, che dentro m’era entrato, minaccia all’anima, vita durando! E posso riguadagnare la stima di me stesso, perduta con la consapevolezza della mia mediocre condotta o più ancora della ostilità verso gli altri del mio comportamento, prima tanto difforme dall’emulazione che devo a questo che sento ora il vero mio cristo, il mio vero dio. Ma questi ha sofferto e soffre, meraviglia!, anche come dio. Così quello del cielo, ora divenuto il padre di tutti, per assioma di fede, può riguadagnare l’amore che ogni uomo gli deve. Sì, gli è dovuto proprio da quelli che non solo forniscono nuovi argomenti al male, che gli altri tormenta, ma ne restano prima o poi vittime. E io sono stato tra questi! E quand’anche esentati, fortunati per la vita tutta, non lo saranno dalla vergogna, resi consapevoli di non aver nemmeno tentato di piegare il male o ad attenuarlo almeno. E nemmeno provato ad aiutare chi, per lenire il dolore degli altri, sacrifica la sua pace, quasi sempre a stento ritrovata e pronto a riperderla per amore, e che si espone, vero vicario del cristo. E di questa condotta spero di essere capace! Insomma se il cristo ha parlato a quelli dell’epoca sua e riparla ad ogni cuore ancora oggi, che dice? Il diritto all’amore per ogni uomo e per chi a ognuno continua a guardare dall’ipotetico cielo dei buoni, viene sempre dalla sofferenza! Nessuna lacrima è sprecata e il dio, per il suo cristo, non è esentato, e ora non sta in un suo luogo a parte, ma condivide il destino di dolore dell’uomo! Per questo gli si deve la sola risposta possibile, amore! Noi non siamo gli abbandonati in una società precaria, sempre sul punto di disgregarsi, in cui ognuno pensa a sé, e tra apparenti esentati egoisti o palesi cattivi, anche esposti senza riparo alcuno all’eccessività del male, ma sta con noi quel qualcuno che espone ancora se stesso. Colui che dà il diritto perfino a un mediocre, come proprio deve avvertirmi nella sua sete d’amore, di rivestirsi della sua sofferenza e così aver diritto al perdono e ad altre occasioni di bene, di farlo e riceverlo! Ecco, se noi abbiamo la consapevolezza della potenzialità che per amore ci viene offerta, possiamo superare l’individualismo d’oggi che ci imprigiona, per sentirci parte dello stesso progetto di salvazione per amore di chi condivide tutto di noi, la speranza e la pena di sostenerla, affinché non resti schiacciata, soffocata dal male. Noi siamo tutti nel corpo mistico di cui il cristo è cuore e capo, se ho ben capito Paolo.


Parte terza


Ma io sono convinto che il cristo dona più ancora. Cosa? L’eternità beata a tutti, i buoni e perfino i cattivi, al momento! Noi abbiamo ereditato dalla religione del profeti di Israele l’idea del peccato non perdonato, che conduce alla morte, alla separazione senza fine dal dio. Dopo il cristo sappiamo che niente è imperdonabile, perfino chi, volontariamente e ostinatamente pecca, può attingere alle sofferenze del cristo che ha in sé quelle di ogni vittima, quindi anche delle personali di chi a lui s’appella per il suo peccato, e da quando lo fa, sentendole sue proprie, potrà gridare che lo si perdoni! Non ripeterò mai abbastanza questo concetto, potrà essere anche postumo il pentimento per capacità solo allora donata, essendo durata la malattia dell’anima la vita tutta, ma dal dolore autentico, solo dopo venuto fuori, conseguirà immancabile il perdono! Sì, la necessità di punizione infinita, senza mai termine, è stata superata dal sacrificio del cristo, che continua, sempre si attualizza. E l’uomo, il peggiore possibile, può anche pensare di non essere più quel peccatore tanto estremo, perché avverte che il perdono gli corre incontro da raggiungerlo. Basterà che gli occhi suoi cisposi si bagnino per detergersi e vedere quanto bene lo attende, ma di tante lacrime!, almeno quante quelle che le vittime sue hanno versato nel cuore del loro e suo dio. Sì, il dio di tutti anche di chi tanto peccò o addirittura lo tradì, artefice di male facendosi! Io non voglio tradire, dopo la conversione mia, anche se avvenuta con recupero tardivo all’amore, a rischio perché scarsamente consolidata! Questo attuale, voglio ribadirlo, è il solo inferno possibile, l'altro resta come minaccia e il cristo non permetterà s'apra. Cos'ha in più il concreto? è pure ingiusto, non vi soffrono e muoiono i bambini? Al male di qui non fa che debole scudo perfino il cristo, che ne soccombe, come gli ripiantino chiodi e così lo appendano a novella croce? La croce è sempre eretta e da lì qualcuno ora grida!Tanti gli orrori d'oggi, nella guerra e nell'indigenza e fame diffuse! Ecco è proprio qui, nel mondo di tanto dolore nostro e del cristo del dio, sempre coinvolto e perdente, nudo e urlante, che la fede è scossa e rischia di morire, come muoiono le cose tutte, sulla tragica scena in cui qualcuno ci ha messo a vivere. Il dio, il padre! Perché lo ha fatto, se non ché capissimo quello che può l’amore, cominciando dall'umano, sì, fin a che si spinge l’indicibile suo amore? Ecco, il cristo dice, il cristo fa, così il dio nostro. Ma se qualcosa ci angustia diciamolo alla madre sua dolce, ella saprà che dire e più ancora che fare per noi e ne avremo conforto!

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