sabato 18 ottobre 2014

Speranze e paure



Già nei miei rapporti umani comuni sono speranza e paura, sentimenti che mai mi lasciano e s'accentuano se una persona fa particolare il mio interesse. Sono queste desiderare di piacere e allo stesso tempo temere di non poter essere accolto, e mi fanno struggente apprensione, come siano un anticipare a un tempo il possibile bene e il dolore di vedermelo negato. Ma più ancora le avverto nell'incertezza del rapporto di me, uomo, col mio dio, mio tutto. Verrà una risposta e quale? Sarà la desiderata? La paura fa grande tristezza, la speranza piccola gioia, effimere entrambe, ma che si rinnovano dopo tregue brevi di sfiducia e stanchezza. Nell'attesa dell'assenso o della ripulsa chiari da lui, ci sono le fallaci risposte dagli uomini, e si resta nell'incertezza trepidante del sì o il no dal dio, che può durare la vita tutta. E io mi chiedo, se mi sovvengono dolci memorie di bei fatti trascorsi, Sarò stato piaciuto da quella del cielo? E di simile se ho candidi sogni. Le piaceranno, verrà in essi? Ché la vorrei la misura della felicità qui a me concessa. E la misura della presenza sua è quanto si ama, anche non riamati! Cercherò di dirne il perché. Intanto se felice sono stato, lei deve avermi sorriso approvando, se esserlo vorrei, questa speranza sarà concretezza, lei desiderandolo. Finché io vivo tutto il mio è solo da lei! E, io vivendo, vive l'immagine sua nel mio cuore e dall'amore mio ella può riamare questo mio mondo, ché cuore e occhi ho su esso e lei lo guarda per me e provvede alle carenze sue solo col mio impegno. Quando finirò si spegnerà con l'amor mio il suo, che dovrà cercarsi altro spiraglio. Forse più ampio con migliore visuale, che susciterà più adeguata risposta alle necessità del mondo, ma come potrà scordare di aver visto e amato anche per questo mio angusto e sprovveduto cuore? Questo sempre ha sperato di donare il divino col suo povero amore umano e temuto di non dare abbastanza fosse pure tutto se stesso, come avvenuto è almeno con la piccola donna sua. Ché sperato ho che l'immagine di lei amata da questo mio cuore sia stata proprio quella presente nel cuore suo divino di madre, e paura ho avuto di non essere stato capace di tanto affetto dovuto. Perché colei che tutti ama, guarda alla vita di chi è amata con gli occhi dell'innamorato ed ella le parla proprio con le parole che a quello suscita amore. Ma questo rende chi ama responsabile di veicolare una cosa grande senza pari, l'amore divino. E mi dirò, Ho ben assolto il mio compito o colpevolmente le ho fatto percepire un manco d'amore, inesistente nel cuore della sempre fedele del cielo? Ecco la finale paura, quella che vero abbia tentato d'amare la tutta bella del cielo con insufficienza, povero l'amore donato all'icona sua di qui. Sì, ho paura sia stato vero inadeguato il mio povero amore umano riversato su questa piccola donna, tanto desiderosa del mio affetto, che potrebbe non bastare alla necessità del suo cuore di pretendere sì il mio amore, ma attraverso me anche il divino! Ecco, perciò sono in apprensione e ansietà e mi resterà la speranza di efficacia di una sola risorsa, non sciupare più tempo, essere tutto per la mia piccola donna, e se non sarà abbastanza, difettoso ancora il bilancio, invocherò da questa perdono della mia trascuratezza e inadeguatezza ed ella mi risponderà e sicuro saranno parole ancora d'amore, dandomi l'illusione che di simile mi risponda la tutta bella che m'attende in cielo, là forse con meno indulgenti occhi. Ecco ho davanti questi occhi dolci e il nero delle pupille loro, più grandi nella penombra, mi attrae, spero di smarrirmici e non più uscirne, tanta la paura del mondo senza lei!

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