martedì 21 ottobre 2014

E sarà il perdono





Forse è proprio così, il dio non teme le novità, l'ha detto il pater patrum, ma qualche uomo di fede sì. Vive tra verità dogmatiche e non ne sa, o non ne vuole, uscire, non sospettando che, come per sé accade di restarne impegolato nella consapevolezza di averlo voluto, di simile egli imbriglia, o tenta di farlo, il dio. Ma questi segue spontaneamente chiunque, anche nelle conseguenze dell'errore, vero medico, per sanarlo e recuperarlo al vero. Ma costui è dimentico che il nostro credo ha una particolarità rispetto ad altre rivelazioni, il dio non è venuto solo per ripartirsi tra i fedeli quando riuniti nel suo nome, ma è desideroso di farlo con tutti, estranei inclusi. Non è questo il senso vero della frantumazione del pane benedetto e della sua condivisione nell'adunanza? Invito a che persone consacrate lo facciano a beneficio di tutti, anche e sopratutto dei sospesi, i temporaneamente considerati lontani dalla vita della comunità, che, se ritenuti malati, hanno bisogno di adeguato rimedio, e migliore per malattie morali non v'è! Negarlo è, lo ripeto, come irretire il dio o pretendere di poterlo fare, ignaro che egli lo segue pietoso ovunque vada per quanto neghi la sua verità. Certo il dio è umile e l'umiltà è discreta, pudica, non protesta mai, nemmeno contro lo staticismo, ma contrastarne il cammino è far durare, più del programmato, il male, ché questo mondo itinerario è al bene e durerà finché esso non sarà tutto in tutti. Per sant'Agostino tutto quanto esiste è bene, il male vi entra, permesso dal dio, quando l'uomo sovverte la gerarchia tra i beni scegliendo un bene minore in luogo del desiderato più alto. Ed è così che accade quando restar si vuole ai dogmi, questi sono un bene, ma non il bene, cioè v'è sicuramente di più del tramandato nella verità del dio, e questo di più, ignorato all'epoca della stesura degli scritti sacri, non è ignorabile per il resto della storia dell'uomo, che è storia di sé e del suo dio, perché lo scopo che essa duri è raggiungerlo e non lo si ottiene se ci si ostina a non conoscerlo, a contentarsi di una visione corta e confusa. Il male è quanto vi si oppone, non certo un principio in sé, una sorta di divinità parallela oscura e ribelle, continua sant'Agostino, ma è forte presenza in ogni uomo e inseparabile da lui, tanto ingannevole che proprio persona, cioè demonio, egli finisce, diventandone vittima, col crederlo e percepirlo, un'oscura personale forza con la precipua volontà di nuocere e non sa bene se in sé e/o nell'altro s'annidi. Più lo avverte così, sopratutto chi tenta di vivere moralmente e più ancora, chi eletto è a guida e a interprete della volontà del dio in una comunità. Sì, il male sta in rapporto così stretto col bene che questo soltanto, cioè il dio, perché non s'affermi stabile nel cuore umano, può individuarlo come prevaricazione ed errore, e gridare, afono ormai, che da esso si fugga, diventato ormai non pietra di paragone tra realtà diverse e diverse gradazioni di bene, ma di inciampo a ogni passo. L'uomo da sé non può esonerarsene e quasi sempre gli resta da ultimo solo il mito del diavolo invitto, cui finisce col credere. Ma gli corre addirittura incontro se, paradosso, si anchilosa nell'immobilismo, tentando di opporsi alla sua negatività facendosi schermo con la norma! Scopre dolorosamente che le norme tramandate sono assai generiche, non contemplano la potenzialità attuale che il male ha guadagnato nella sua attività infaticata, che mai ha requie, dall'origine del mondo. L'atteggiamento del rinunciatario, che rifiutandosi di capire l'attualità, si fa ottuso, si aggiunge a ciò che è oggi da combattere e superare, e forse è l'aspetto più deludente della presunta saggezza a cui noi del gregge facciamo riferimento e affidamento nei momenti di particolare silenzio del dio. Così oggi non si risponde in modo risolutivo al problema dei divorziati e delle coppie di persone dello stesso genere. Occorrendo partire dalla affermazione incontestabile che il dio ama allo stesso modo tutti e mai nega il suo soccorso a chi lo invoca, necessitando, nello specifico di questi sprovveduti, di intermediario umano, che però fa il sordo. Ma il tutto, pure questo vistoso non voler capire, ha una sua positività, il bene s'affermerà comunque e intanto è esaltato da quanto volontariamente gli si oppone. Esso ha l'errore come suo avversario, che impegna la volontà del dio al superamento e paradossalmente contribuisce a che s'affermi la sua verità d'amore, per il momento incompresa e occultata proprio da quelli del libro. Ecco anche così il male ora prevale, fa più buio questo inferno, vuole al solito che nulla si distingua, né insipienza né giudizio, né follia né saggezza, né odio né amore, ma pur verrà la luce, albeggerà! E chi ora sbaglia, pentirsi dovrà e nel dolore sperare, crollate tutte le sue certezze, che vero sia che l'amore è per tutti! Sì, proprio quanto ha volutamente voluto ignorare!





E sarà il perdono, donata a tutti la capacità di capire i propri errori e pentirsi, e sarà vittoria su tutte le resistenze, e il dio allora veramente sarà tutto in tutti! E sarà la pace e il suo luogo il paradiso.

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