mercoledì 1 maggio 2013

Un solo amore







Oggi tra stormi di rondini, che giulive armonizzano con la primavera di qui, sono. Perché rispetto a me, che lento guadagno del chinale l'altezza, volano basso da lasciarsi ammirare. E nugoli di piccole nere vespe, credo, salgono a interferirne il volo perdendosi nell'azzurro. E quando il cielo si fa sgombro di quei muti araldi di primavera, ecco i balestrucci che a piccoli insetti mirano e velocissimi quasi mi sfiorano, ma poi alti volano. Fanno questi metafora dei miei pensieri per te, piccoli, leggeri, timidi sono e in alto vanno a cercar ascolto. Ma da dove vengono e se di te son degni, mi chiedo. La psiche nostra è luogo di tanti conflitti, ché immagini vi si affollano, parole vi risuonano, ricordi ci allietano o disturbano, e poi emozioni, impulsi, desideri contrastanti, tutti vi fanno ridda. Ma, ché non si dissolva l'unità di persona, devono conciliarsi, cercar compromessi e aggiustamenti, spesso tra opposti, e se ne fossimo consapevoli, consci, ne sarebbe proibita la allora stridente sintesi. Invece accordo vi fanno, ché le inibizioni razionali, affievolite e inefficaci a zone profonde e oscure dell'inconscio, giungono. Ecco allora la perplessità mia. Io ti penso dal cuore, che metafora è dell'insieme dei sentimenti belli e cari, che sono, fanno l'umanità mia. E' la parte mia migliore e vi ti conduco. Ma da lì tutto pervaso ne devo essere, il mio celato profondo anche. Ma là non ho diritto di coerenza e di farvi armonia, così non ho sicurezza che le mie parole per te, rimedio siano alla promiscuità che là regna e che di per sé è male. Più ancora, le cose belle concepite per te, anche volar vorrebbero e raggiungerti fuor dei miei meandri, lì impegolate nel me remoto, primitivo e oscuro. Ma volano basso, son rondini comuni, non balestrucci. Resistenza vi fanno le bagattelle di qui e vi rimango impigliate come uccelli in rete presi. Ecco allora, io dico, è bello pensar di lei, ma le mie parole non mi santificano, ché già in me resistenza trovano, e poi fuori disperse forse sono, senza speranza d'ascolto. Allora, madre cara, che mi resta? Solo un appello all'amor tuo, e dico. Se bene mi vuoi e convinta dell'amor mio, raccogli allora le parole mie, imprecise, fragili, timide accennate, diverse dalle meravigliose in me nate, attardate da mille intoppi. Falle tue! E quando la preghiera mia si fa accorata, ché mi fa pena o mi strugge la sorte di qualcuno, amplificala. Aggiungi del tuo. Bagnala delle lacrime tue e dei gemiti tuoi rafforzala. Il figlio tuo non le resisterà! E quante richieste simili avrei, tu vedi che ne piango! Ecco, profumo si spande dalle prime infiorescenze, e qui a lungo rimane a far primavera, senza vanire. Fa che di simile accada alle parole mie, sono per te, sono per lui. Passino per te saturandosi, ché se ne respiri aria “unguenti fragrantis” e così questa a lui le porti. Non sei tu che lodi la mia piccolezza, ti meravigli della mia sincerità, scorgi del buono in me e incanto ti fanno le favole mie d'eterno bambino e lì corri con me bambina, la mano nella mia, a saltar cespugli? Sì, leggi oltre le superficiali apparenze e “nomen bonum” m'hai dato, e lo porto con timore e sofferenza, cercando di rimanerne degno. Allora oggi accogli la mia lode, forse piangerò domani cercando il tuo soccorso, e allora le mie pene farai tue. Noi siamo due e quanto diversi! Ma così come dico di me e questa piccola donna, un solo amore!

1 commento: