mercoledì 22 maggio 2013

Quella che ti vicaria











Ecco son pure di quest'epoca nuvole grevi che vengono, corrono fin qui ed oltre, da occaso e talora qui proprio il carico loro versano rabbiose, e non ai vicini monti che corona fanno al golfo, cui di solito destinate paiono. Eppure è da tempo primavera! Sconvolte ne restano, tanta la violenza, piantine or ora nate e getti nuovi ai cespugli e loro fiori, anche in boccio, e d'alberi annosi le foglioline novelle. Ma molto peggio è quel che altrove accade, ben altro lo sconvolgimento lì in America, sì lì la vera furia del vento, lì distruzione e morte, e di bambini pure! Il coinvolgimento che il male fa di piccoli, in crisi mette la fede mia. E mi dico e ti dico. Se la maternità tua metafora non è, perché impedito non l'hai? Ecco questa compagna di cui talvolta critico l'eccessiva cura che ha dei figli suoi, adulti da tempo. Io non ne capirei ambascia, quella che le fanno lor problemi, perché dentro in me avuti non li ho. Ed ha del vero questa sua protesta al mio motteggio, bonario sempre, ché anche in questo le sensibilità nostre diverse sono. Sicuro la diversa biologia con i legami d'affetto creati, condiziona, verso chi amiamo, il giudizio di fatti veri o temuti e pena ne viene, talora, o a torto pensata, eccessiva. Così per ogni madre, piccoli sempre e da proteggere, i suoi... E tu? Perché interromper sembri le cure tue? Perché lasci che il male, eccessivo, duro, crudele sempre prenda i piccoli tuoi? T'è arrivata la storia di quel piccolo dal male vinto, inarrestabile la malattia sua, precoce destinato al tuo cielo? Desiderava vedere la regina di quel paese, che andare a quel dolore potuto non ha... Ma, pietosa, sua interprete sulle scene ne ha fatto le veci, rendendo il piccolo felice. Ma non è sempre così, non viene la regina e non si trova vicaria che della presenza sua mancata, illuda. Oh quanto più semplice sarebbe se tu e il figlio tuo non foste venuti a rinnovarci la speranza d'ascolto del cielo! Sì, alle tante pene d'una umanità che il dio, quello che su tra le stelle sta, scordato deve avere dopo il tempo dei miti suoi, su questa fragile crosta su cui il male spadroneggia! Chiudere gli occhi, nulla sentir più di orrendo e aspettar morte pietosa, che chiuda la finestra triste su questo mondo d'angoscia! Ecco forse ormai è questo che voglio! Sì, è orribile la vita, la regina, se pur v'è, è ad altre cure sempre impegnata, e noi moriamo! Vecchi, piccoli..., che importanza ha per il male ottuso, come questo vento di tramontana, che tutto schianta? Sì, soli o d'amore confortati, annosi o mo mo alla luce di questo scialbo sole appena venuti, subito è sera, dice il poeta, e la luce si spegne nel dolore! Ma il bene c'è, e il bello e il buono, seppure carenti e dispersi, e femmina buona talora qui proprio ti vicaria. Non pare avere talvolta altro scopo la vita sua, sorride, ha occhi lucidi di pianto, ma nasconde l'angoscia sua, e me proprio come figlio suo vuole e tratta, ché adottato m'ha per te, la pena mia scoprendo... Favole dice come a piccolo suo... e questo vecchio addormentarsi vuole tra le braccia sue e sogna che il male più non sia. E dice, ecco la fata tua buona, la bella regina è tornata! e io sorrido al suo sorriso!

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