martedì 7 maggio 2013

Una parola sola







Keplero, che alla tua luce guidato si pensava dalla luce della scienza, al tempo in cui molto si dibatteva sul caos iniziale da cui questo cosmo ordinato sarebbe venuto fuori, chiese così il parere della giovane moglie. Ella offerto gli aveva un'invitante insalata. Ebbene, pensava ella che gli ingredienti usati, da lei, certo sapientemente dosati, si fossero separati dal caos primordiale, perché in un preciso momento nel tempo e luogo nello spazio, ella li utilizzasse, ultimo intermediario, per quel gustoso piatto? Rispose ella, convinta, che non poteva essere accaduto proprio per quella sua insalata, che ella evidente preparata aveva con in più l'amore. Keplero abbandonò l'idea che dal caos provenisse l'ordine delle cose tutte. Perché questo aneddoto? Io in certi momenti pregare non so, mi turbinano senza pace parole e frasi con quelle, ma da quelle tante che dentro sento, nulla di degno ne esce per te. E' il dramma di chi ti invoca da mane a sera, caos gli fa amore dentro, e non sa più che fare e dirti di vero bello, per catturartene ascolto. Amata sei, è la sola cosa certa, e tenta per te il cuore dolcezza, ma poi continuare non sa. E tu ché non mi soccorri? Sì, spira sull'anima mia avvilita come aura di primavera, che le cose tutte di qui alla vita ridesta. Canti la voce tua nel mio cuore e lo faccia puro, fresca più della rugiada dell'alba, feconda più del sole, che alto rosseggia su queste essenze che tutte nuove ha ricreato e rivestite di splendido manto. Vieni in queste notti serene e fa ridere la pupilla di questa mia donna, che virtù ha della mitezza e della dolcezza, e che riguarda con pia malinconia l'ansia mia. Fanne simbolo vivente tuo nel cuore mio, e vi agisca e ti significhi e porti ordine e luce là dove s'attarda la notte e si combattono le ombre sue. Ecco, mi invita a sottrarmi alla rozzezza del tempo e a sostare con lei nel suo giardino fiorito che olezza primavera, ché lo senta oasi sotto l'incanto delle tue stelle. Ella ombra di malignità non conosce e ha candore se ripetermi vuole che è amore la vita e che è amore a farci palpitare navicelle su mare immane sospirando porto. E quale? Questo cielo, ché sull'orlo del mondo questo tanto incurva i mille e mille brillii suoi, quelli che avacciano di incanto i cuori nostri, che per noi, che porta amore, trapassare in essi facile diventa. E' l'ultima favola sua! Io resisterle non so e se carezza ora mi fa come a bambino sperduto che di madre il seno cerca amoroso rifugio, e mi dice parole, ecco dolci sono e io so ora cosa dirti, quello che oso per questa che le lacrime mie bacia. Che le dico? Una parola sola, Amore!

Nessun commento:

Posta un commento