mercoledì 1 agosto 2012

Il tempo d'amare

Quando s’è in angustie per cosa che o direttamente tormenti o perché persona cara venga interessata dall’amarezza, è come se, dormendo e vivendo le vicissitudini di un incubo, non sapessimo liberarcene. E allora ce ne disperiamo, imploriamo gli idoli nostri muti, come morti, e imprechiamo, come i pagani facevano, per il loro apparente disinteresse. E io ricordo mia madre, con tenerezza. Quando le accadeva un suo fatto di estremo disagio poter raccontare a persona che interessata pareva alle vicende sue, usava, nel suo linguaggio assai colorito, un’espressione assai bella, dicendo che quanto le era accaduto e dolorosamente aveva subito, era stato perché il figlio tuo distratto s’era, e ,dimentico di lei, permetteva quel male nella vita sua, ma in fine egli s’era scosso ed ella ne era scampata. A me piaceva sentirla confabulare all’occorrenza, per far meraviglia al soggetto che tutt’orecchi diventava al suo racconto, ché quella stessa vicenda conoscevo nella sua essenzialità drammatica, ma non i particolari nuovi che la rendevano più interessante, sicché ascoltavo a bocca aperta. Oh la mia madre cara dove è? Ché più non racconta colorite le sue vicende amare e quelle ugualmente dolorose di questo suo figlio smarrito! Sì, sono scampato or ora ancora, ma forse nuova uggiosa vicenda si prepara e sarà daccapo il dolore! Lei era una cantastorie e forse io lo sono un po’, ma ora che con lei son gli angeli tuoi belli, madre dolce, lascia che ti racconti di me, fa t’intenerisca delle lacrime sue, ché io subisca sì, forse ancora e ancora, ma poi ne scampi! Ma ora so che quando di un fatto, che punto abbia il cuore, se ne può raccontare, magari con dire fabuloso di chi ha la fantasia accesa, come sentivo far a mia madre, le conseguenze sue sono per lo meno fortemente attenuate, come lontane, ma pur il dolore è stato autentico, drammatico da avvelenare il cuore! E sempre ci chiediamo, perché a me proprio? E ci sono fatti, eventi che questa domanda ripropongono nella vita d’ognuno e lunga amara sequenza fanno. Il male non ci lascia mai! Sarà la tristezza profonda che prende quando una malattia chiusa un congiunto o un amico colpisca e vincer voglia da prendersene la vita. Sarà la morte, così annunciata, o invece improvvisa di persona cara, che viene e sconvolge un animo già turbato o invece sereno. Sarà il temere il peggio catastrofico per una situazione già precaria. Ma sempre la vita ne esce angosciata, come masticata da belva sempre famelica, e misera, malconcia si ritrova anche a distanza di tempo da quell’accaduto o quando sia passato il pericolo temuto. E ci ripetiamo, perché il male? Io non lo so dire, ma so che tu e il figlio tuo portato avete la speranza che esso, decrepito, stia per finire. E vedo il figlio tuo pender da novella croce e tu accorata stargli il più vicino! Sì, egli ripete la sua vicenda in ogni sofferenza e morte, e il dolore che ci attanaglia è te che prende! Ma come nella vostra storia tragica egli perdonò i carnefici suoi e quei malvagi che alle loro mani luride l’avevano consegnato, qui perdona l’incompetenza colposa, o la volontà dell’omissione dolosa, sì, il non agire quando adeguato compenso non si è potuto ricevere! Io ho vissuto tutto questo e come lui ha rinnovato il suo perdono, io non ho maledetto, non sapendo perdonare! Ecco malvagi di ogni epoca si industriano nel nuocere e lui perdona per noi e nuove lacrime amare rigano il tuo bel volto, ché le nostre lacrime piangi, madre dei dolori! Ma per amare i tanti disperati facitori di male voi attendete il ravvedimento, il pentimento. Ma questo tarda o non v’è affatto, ché ostinati sono quei responsabili bruti delle infinite parcellizzazioni dell’altrui danno e della morte. Ma non sarà mai che il dio non ami! Accadrà! E allora quello, che è impossibile qui a noi uomini, sarà possibile alla scomparsa di questa farsa, grottesca e tragica. E passa vero la scena del mondo e voi soffrite in ogni disagio e pena la nostra sofferenza, in attesa dell’amore! E il figlio tuo muore ancora in ogni morte, tu te ne strazi il cuore ogni volta ed è amaro questo tempo, brutto, uggioso, buio, il tempo delle lacrime! Ma verrà primavera, quella radiosa dei vostri cieli, il tempo d’amare! Intanto l’esito è qui sempre lo stesso, scontato, amaro, e noi siamo gli spettatori accorati e, a un tempo, i protagonisti di uno stesso rito tragico. Attori che recitano la loro parte, ma per interpretare la vostra! Mistero, tanto che sbianca il cielo! Sì, le lacrime umane attraversano il tempo e giungono a chi se ne può commuovere e può stimare il prezzo del perdono! Oh quanto costa, quanto è pesante il perdono! Oh quando, passato il duro lungo tempo del perdono, sarà quello dell’amore? Amore donato, amore ricevuto in dono. Uno scambio di bene, lì tra le tue stelle! Allora, se è vero che siamo fatti per l’amore, io un cuore tanto grande vorrei da accogliere chi qui m’ha amato e chi m’ha odiato. Troppo pochi, troppo tanti sono stati, è senza più importanza! Sì, sia mio il tuo perdono e mio il tuo amore, che qui si strugge per mostrarsi e ancora non può esprimersi! O povero mio cuore, rinfrancati, quello della madre stai per divenire!

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