lunedì 20 agosto 2012

Ricchezza d'amore


Quanto complesso è il di dentro di ciascuno, che fa la sua storia qui, in questa realtà di che il tempo fa mare scuro, in cui cercar pur si deve di rimanere a galla! Quanti volti vi ho io racchiusi! Persone care e meno, e i loro gesti nel rapportarsi a me, e le parole di quei gesti, i loro sorrisi, o per me talvolta solo risentimento o ira di denti e labbra stretti, il loro ridere e la loro noia, l’atteggiamento sciorinato sincero e la sua verità celata e solo intuita, molto o poco corrispondente, e la gioia di vedermi e avermi anche solo per brev’ora, e il loro disappunto, la delusione, ché il manifestato mio non sia stato, a volte o sempre, concorde alle aspettative loro! Eppoi buio e tanto, ma anche luce di cento colori, cieli azzurri sotto benigno sole e notti d’incanto di miriadi di stelle, silenzi e sospiri, poveri amori e le parole emozionate o balbettate di quei prologhi e le lunghe attese della bella del sogno di quell’ora, e dei suoi avari favori, parti recitate come su scena o spontanee veridiche, o rassegnate delusioni, e gioia incontenibile per l’agognato bacio o la finale carezza del ciao della promessa di esser di nuovo docile ai sogni miei! Eppoi quest’amore che li riassume tutti e li sublima, una storia piena, senza infingimenti, schermi, talvolta veli, ma di pudore, un meraviglioso mondo di due! Ma come questo sicura metafora è di quello che ci attende nel tuo mondo, quando pienezza sarà dell’intravisto di qui o solo sognato, di bello, di buono, di bene, tanto sperati, mi chiedo, quei prologhi rimasti tali, le amarezze delle lontananze, il gelo delle separazioni o degli abbandoni, che simulano di tuo? Lo schermo forse di ciò che qui ci fa barriera nel raggiungerti, ammirarti, toccarti, il doverti vedere solo nella lontananza di certi sogni pur fortunati, o il balzo, il vuoto che fa al cuore e alla mente, l’avvertirti, d’improvviso, vicina eppur sempre lontana in questo tempo speciale dell’accoramento e del perdono? E il gelo, il gelo dello smarrirti di nuovo, che insinua nel cuore il sospetto di vivere tutta un’illusione, la stessa che senso vuol dare all’assurdo di questa realtà, in cui le dure concretezze fanno aporia insolubile con le promesse tue e del figlio tuo, che solo materia sembrano dare ai sogni nostri di perenni bambini innamorati dell’impossibile. E forse io vero sono il perenne ammalato di questa illusione, fantasma bello, ma inconsistente, d’una mente che vuol chiudersi all’orrore e solo veleggiare nei sogni suoi. Ma se vero conoscessi il nome del tuo amore, quello solo per me, ne sarei guarito, vivendo già qui la favola bella che ti domanda fata di questo cuore, di cui parlano tanto, e sognanti, gli occhi di questa donna sotto questo lucciolaio di stelle! Dicono taluni esperti di queste cose che quando la mente muore, rilascia le sue endorfine per l’ultima illusione. Ecco a me talvolta è questo che sembra farmi la malia di questa donna, che tenta qui realizzare i sogni miei, dalla sincerità sua di essere povera e piccola femmina, bella per il solo mio amore, quando le sue scarne parole del molto per me, ché forse vero è che tante e belle ma solo dentro ha, lascia vengano fuori, solo che poi non muoio, ché voglio vivere qui ancora per sentire dei suoi sospiri l’appena, e le sue frasi mozzate. Sì, è allora che ho l’illusione che dallo scrigno del tuo cuore vengano! Ma poi ella par farsi triste, è di nuovo la mediocrità dei giorni che le faccio vivere, il suo velarsi in essa, l’abbassar gli occhi suoi belli di fronte ai miei, il sorridere appena alle facezie mie, ma anche così melato ne ho questo vecchio cuore! Ma, quasi reazione allo stranamente carente comportamento suo, ecco allora lo specchio, che fa la memoria ancora dei miei affetti passati, e vi riappaiono le illusioni, le scarne parole di quelle, almeno le poche, o forse tante ricordate, sì, proprio quelle che, per analogia con i fatti dell’oggi, riemergono d’incanto dalla latebra in cui stipate le ho. Sì, sono fatti lacunosi ormai, confabulati talvolta, che esprimono il male dell’oblio, l’amarezza del rimpianto e della nostalgia a vecchio cuore, la lontananza di quei candidi giorni perduti. E di nuovo mi chiedo e ti chiedo, che metafora fanno? A volte taluni di qui mi dicono di una situazione amara, e non so bene perché lo facciano, ché nessuna curiosità ho di storie tristi, che riguardi persona cara in quei ricordi pur labili, ché flebile ne è l’orma in questo cuore, e della pena, del dolore, dell’infelicità di una vita pur trascorsa lontana da me. Allora se non queste mani, tanto agognate pure, senza poterlo divenire, almeno le mie parole, le più dolci, le più sacre, che mi vengono dal cuore e che tento ripetere a questa donna, talora fattasi tanto cauta da parermi insensibile, potessero lenire, risarcire d’affetto, rinvitare al sogno, ebbene mille e mille ne sciorinerei per ottenerne l’effetto! Lasciami pensare che io ancora viva lottando il male, con la preghiera almeno! Ma tu soltanto compenserai lo smarrimento, tu sola ridarai bellezza e candore, e i sogni, i tanti dolci di quei cuori, che me pure hanno coinvolto per brev’ora. Allora, ti prego, anticipa qualche effetto dello stare nel mondo da venire, non deludere completamente la mia preghiera accorata, torni loro il sorriso, lascia loro almeno il dolce illanguidirsi di certi ricordi, non si chiudano quelle menti nella vaghezza e nelle eccessive cure dell’oggi, che sta tutti noi abbandonando! Non sono io forse tra i lor cento amori? Non sono stato il più timido e balbettante e così forse il più sincero? E allora se proprio per me non lo puoi concedere, fallo per la sincerità, di cui m’illude dolcezza al cuore, di questa donna, sì, fallo per il cuore suo buono e puro ancora! Dal momento che mio si dice, e tale è la comunione delle anime nostre, che tutto ciò che m’ha fatto molcere il cuore, ricchezza d’amore s’è fatta per lei pure, e apparente non se ne dice più gelosa, ché io nel suo piccolo l’ho riversata e gonfio tutto ora ne è!

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