mercoledì 8 agosto 2012

Dire di te

Perché sempre voglio dire di te e assai poco ti so? Farlo non so che con parole povere, ma da anima che ricca m’hai fatto, e prima che tutto barbogio sia. E nuova metafora qui farò per dirti e non dirti, come fa la vita delle cose celesti, ce ne incanta e tanto le vela allo stesso tempo!
Tu talvolta qui veder puoi la fatica di chi tenta guadagnar la cima di questo colle, lungo il chinale, ma là dove sentieri non sono. E gli si avaccia lena e cuore. Non dissimile nelle difficoltà è l’affannare per l’erta della vita che dicono a te conduca, ma da nessun sentiero è segnata. E vi temiamo lupo che ci divori, ché da fame e sete di cose materiali compunti siamo. Ma ben diverso è il percorso se meta in basso si voglia raggiungere, ché vedi l’avventuroso procedere senza molta difficoltà. Non dissimile l’avventura dello spirito quando si decida sia meglio dar retta alle pulsioni, che con facilità alle passioni conducono, giù per le friabili dune dell’egoismo. Anzi quello, se indugiato ha ai cespugli tra le fragranze, che ancor qui sprigionano, un procedere perfino piacevole ne ha, come quello di cui è metafora, se s’abbandona alle vaporosità sensuali di questo star qui tra allettamenti luccicosi. Ecco, noi qui spesso rinunciamo a forme superiori di vita in cui generosa sarebbe la bontà e gli ideali, che ne illuminerebbero il faticoso percorso, debole il richiamo tuo avvertendo. Buoni forse i geni dei parenti nostri, che trasmesso ci hanno tendenza al bene, al bello, al buono, ma ci studiamo di degradare in basso! E caligine c’è, come fitta e spessa nebbia, che sorprenda in Alpi e decidiamo per la ritirata, ché gli occhi belli e il sorriso tuo non scorgiamo e temiamo che alcuno visti mai li abbia. E così luccichii effimeri scambiamo per lucciole e stelle! Oh quanto poco viviamo, oh quanto poco amiamo! Ecco fermarci, curiosi pure dei frasaioli, superficiali e fatui giocolieri dello spirito, che nulla sanno del cielo stellato sopra le nuvole fitte del momento e dicono,oh quanto dicono di te per farci incanto come bimbi alle iridescenti bolle saponose! E vedono il lupo ovunque e di nuova soma ci caricano con le paure loro, ché di inferno e punizioni favoleggiano. E nulla sanno del comandamento nuovo, “diligite inimicos vestros” o ne tacciono, perché? Tacciano del tutto, ma pure i dominatori superbi della natura e i fruitori delle tante meraviglie tecnologiche del moderno! Fanno tutti rumore, strepito fanno, assordante! Eppoi i divoratori dello spazio, quello del cielo e quello di questa terra, che l’inquinamento sempre più esiguo fa, dalle loro infernali macchine prodotto. Sì tacciano tutti, aria maleodorante di fumo vendono con le insulse chiacchiere loro! L’anima mia non vuol più certa sapienza che tarpa l’ali sue, ma volar vuole verso la gioia! E sempre più vuoto le si fa il mondo, incomprensibile scenario fatuo, farsa tragica però! E io mi ci ritrovo misero e vecchio, foglia secca ormai, sbattuta come da vento iroso. Sì povero più di ieri, e le passioni mie lontane e il rammarico d’aver mal fatto o non fatto, tentacoli dal passato muovono come avessero da suggermi dell’altro, e di tutto svuotato m’hanno! Oh sì, parlami tu sola! Buio e silente è il giardino, aulente sotto stellato cielo. La donna mia cerco e assorta la trovo alle lucciole, facelle di cui ride il tuo cielo. Che le dicono? E ora me guarda e le luccicano di quei chiarori gli occhi belli. Dicono, ma che? Forse solo ripetono, amami per la fata tua amare!

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