venerdì 24 agosto 2012

Tutte le mie paure


Siamo di nuovo sotto le tue stelle. Nulla ci diciamo da un po’ e così sono come solo. Così tu, forse vicinissima, ma come lontana. Questa mia è come un mio me, piccolo e separato, uno specchio che l’anima mi scruta e riflette. Così come di me non ho certezza alcuna, se non quella di stare in un tutto che s’oppone al mio desiderio di vita e chiamo il male, di lei, che con te chiamo mio bene, sì di quella accanto, che a me “dicit esse” e ti significa, non ne ho sicurezza, se tace le sue parole or buone per me, or di giusto rimbrotto, come certo merito dalla dabbenaggine mia. Spero di non smarrirla nella violenza che mi circonda! E non è violenza la paura che mi mette la lontananza da te, vera che sia o solo avvertita tale? La presenza di egoismi simili al mio dal quale pur ti invoco e ti pretendo accanto, ma esasperati, cupidigie da far paura, e loro tante parole blateranti le ragioni dell’accaparramento, il loro respiro accanto al mio, che sa di rapina, dell’aria perfino. Eccomi nella lontananza da te e nella disperazione di scoprirmi solo, nonostante la presenza di questa donna pur buona, pur bella al cuore mio innamorato. Ed è allora che tu chiami dal fondo del cuore, piccola tenace presenza nella mia vita. Forse rassicurarmi vorresti, dirmi che sbaglio a pensarmi così, ma le parole, che or sì or no ne giungono, non capisco e non so ridirmi a conforto. Io vero non ti conosco, solo barlumi, intuizioni, sogni, vaghezze, guizzi di luce come di fuoco lontano e poi di nuovo buio, tanto buio e senza stelle! Ecco questa la mia vita sotto a cielo che invece è ora tutto di brillii. Mondi lontani, forse morendo o, chissà, nascendo, hanno mandato fin qui la loro luce e percorrendo l’enormità dello spazio, essa si è ridotta ad apparire appena, ad esser puntino pulsante, messaggio forse, ma incomprensibile per esseri distratti dalle cure loro e dalle angosce. E tu hai fatto di simile amandomi da prima che fossi grumo appena nel seno di mia madre, sì, lontana contemplatrice della possibilità d’un evento agognato, ma non da te tutto dipendente, eppoi, uscitone, solo briciole, stille appena di tanto amore, come se quest’aria attoscata assorba, disperda, vanifichi l’afflato tuo. E chissà se sei in luoghi remotissimi, e da lì tenti di parlarmi, o solo nella mente dei santi tuoi, e un po’ nella mia, e solo da lì, flebile, afona quasi, dici per me e io poco o nulla capisco! E qui vivi finché gente come me sopravvive, poi ad altri cuori l’ospitarti. Ma sempre ci stai come troppo debole fatta dal troppo male, che vanifica i tuoi sospiri e le tue dolci parole, anche le gridassi, e forse il troppo gridare al dolore e alla morte del figlio tuo che sempre si rinnova, vero afona t’ha reso! Ma se è vero che mi stai dentro, perché la mente non ti proietta fuori, giacché nemmeno nei sogni nulla più so di te? Ma io non vorrei vederti nelle tue fattezze umane, i forse neri capelli e gli occhi pure, e belli, e il volto dolcissimo. Mi basta contemplare questa tua icona e sapere che un giorno avrà la bellezza tua, in te trasmutata dal mio e dal tuo amore. Ma pur vorrei sentire l’afflato dell’amor tuo vicinissimo. Ché primavera hai nel cuore, nei capelli, nella veste tua leggiadra e il vento li sfiora, e me ne darebbe profumo. E direi: trahe me virgo immaculata, curro in odorem unguentorum tuorum! Sì, sentirmelo sulla pelle l’odore tuo e poi giù fin nelle ossa, tutto inebriato della fragranza che dal tuo essere d’amore emana! Oh quanto molto e poco a un tempo, sei stata nella mia vita di innamorato, metafora me ne fanno quelle donne che leggiadria e tanta m’hanno fatto al cuore e poi invitato m’hanno al prologo loro d’amore, invece rimasto deluso! E qui tanta stupidità e saccenteria da retori e le mie povere parole da sprovveduto, quelle per te, incessante preghiera, e che a questa donna pur dico, ché te le ripeta! E tale è la carenza di te che la paura di star qui mai m’è diminuita e pur ostento, da maschio fatuo e borioso un po’, sicurezza a questa donna ché si mantenga serena, ignorando l’ansia mia, ma quella dentro mi legge e tutto sa di inutile scena. Sì, sebbene protetto dal suo amore, che talvolta vero pare tuo trasmesso, ho paura di vivere in un mondo che sempre meno capisco, e paura di morire, temendo all’ignoto o al nulla m’affidi morte o che da lei mi separi. Paura di fare, deludendo lei e te, e paura di non fare meritando la riprovazione sua e tua. Paura del tuo silenzio e del suo, che mi mette da parte e rinuncia a me, e delle tue parole, non capite nel comando o nel compito affidatomi, e delle sue che sperano buono e bello per noi da me. Paura di non farcela su per quest’erta, paura di scoprire che non sei al termine d’essa. Ho paura della mediocrità che mi soffoca, dei preconcetti, dei pregiudizi, ho paura dell’eccellenza al cui confronto meschino t’apparirei. Ho paura di quelli che sanno parlare e di quelli che non lo sanno affatto. Ho paura di quello che dico e di quello che taccio, di quello che sogno, del bene che pretendo da questa donna e di quello di cui l’illudo, creandole aspettative di bene e bello dalla mia aridità. Ho paura di smarrirla nel vociare di qui, ho paura che si stanchi della mia mediocrità, delle mie negazioni, dei miei rifiuti, della mia stupidità e tu con lei, se vero che specchio fa delle azioni tue. Ed è femmina buona costei, sembra appagata dal solo avermi accanto, ma saperlo mi da misura della mediocrità in cui la confino a vivere. Sì, le devo di più, ti devo di più! E tu mi devi di più! Gridami amore come a sordo, fallo per lei, fallo da dentro al suo cuore, ché a me riversi l’eco almeno! E or la sua mano cerco e non guardo dalla parte sua, temo scoprila angelo fuggito alle tue stelle, dimentico di me! Ma fragile è questo piccolo fiore e paura mi fa il vento ottuso del tempo, di cui metafora fa quello dal mare, che verrà impetuoso da occaso al primo gelo. E allora fuga la mia paura, accogli la mia preghiera! Viene dalla mia parte migliore, quella che forse ti ospita. Finché ci sarà questo piccolo fiore, rimarrai piccola tu pure, ma certa! E se ho la vita accanto e quindi vero l’ho in me, conforterò la vita, ogni vita, e sarà il miracolo da queste mani, attingerò e darò nel nome tuo dolcissimo, che non so, lo stesso arcano di quest’amore! Oh quante stelle stasera, un manto di stelle, ci avvolge! Oh vero ci portassero a te!

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