sabato 18 agosto 2012

Lo iato


Oggi è così tanta e soffocante questa calura che mi pare che polverosa si sia fatta la via mia e più faticosa. Ma forse son proprio vecchio! Ché fiacca s’è fatta questa carne e più pesa. Ma anche più povero, sprovveduto, selvaggio dei luoghi che attraverso con questa compagna, mi sento. Ma vado finché questa donna mi cammina accanto e le ostento coraggio, che però non ho. Ma se tanto io lamento e ho pure affannata la lena, non sarà per questo mio cercarti incessante, che tutto fa preghiera supplice e necessità del tuo perdono, anticipatore di completo amore? E se voglio perdono, io offro perdono, e ho cominciato da me, e sgombrato questo cuore, potrò slargarlo fino ad anticipare qui l’amore a tutti dovuto. E questo poter fare come tu fai è per me un tonico, come certo è l’innamoramento da far giovane il cuore metaforico almeno, e tu sai quanto, l’amore per questa donna sublimando, io lo sia più e più di te. Ma oggi ancora m’accoro e mi chiedo, valgo io qualcosa? Se sì, è solo perché amo, non perché qualcuno mi ama, questa donna e tu stessa. Sento che, se così non fosse, tanto meschino ridotto sarei, da non esser più nulla, ecco meno di questo strano nome sulla sabbia, Clea o chissà cos’altro, e meno delle tante orme di cui la spiaggia tutta si copre in giorni che tanto brucianti s’annunciano. A me tutto fa metafora della nullità mia e se ne lasciassi deserta l’anima, senza amore, sarebbe come se l’affannarsi ludico dei tanti, che qui frequentano, ben esprima lo scadere allora delle parole mie nel non senso, come certo sono quelle di tutti loro, vogliosi di distrazione solo e d’esenzione anche per brev’ora, gli altri tutti negligendo. Questo non m’accada! E ora so per certo che, senza questa capacità d’amare, sarei come le orme di qui, presto cancellate dalle sovrapposte, finché quando arriveranno i marosi, onde lunghe, tutte le effimere cancelleranno di tanta vanità, tersa facendo la spiaggia. Sì, o amore o rinchiudersi nell’egoismo! E così condannarci a un abisso di miseria, che alcun valore lascia apprezzare o di alcun ideale sa arricchirsi, e più incerta e scura rende la via, pur sotto sole o lucciolaio in queste notti d’incanto. Ecco spunta or ora da dietro le nostre vette il sole, la stella che più ti significa, e io, che già ho raggiunto dal basso il bosco, so che i pochi fiori del chinale rimasti ai cespugli, corolla lor distendono, lasciandosi baciare dalla luce sua, e rispondendo così vita all’invito alla vita. Così certo tu fai invito che nasca desiderio in noi che l’oggetto d’amore abbia gioia dalla nostra. Pur ci sono amori destinati a non superare il prologo, ma anche di questi vuoi che serbato sia nel cuore un filo di interesse e di bene, che, come il filo della mitica Arianna, permetterà di ritrovarsi nel mondo di tutte le possibilità d’amore, ricreato, ripermesso, anzi comandato ancora. E intanto, conservando casti briciola d’amore, sarà possibile gioire se altri concretizzi l’amore sognato, ma a noi negato. E’ questo l’amore vero da te comandato e si sperimenta sì negli occhi che guardano i nostri, ma di più in quelli che, vaghi di altri incontri, li hanno distolti. E questo modo d’amore fa certo metafora del tuo. Tu sei una che ami nonostante il diniego o il continuo nostro schermarci di peccato, e la tua mai sarà perfetta letizia, gioia che ti riempia il cuore tutto, se tutti non risponderanno all’invito tuo. E intanto li perdoni, ci perdoni tutti, ché anche quelli che dicono sì al tuo sì, lo fanno pur sempre inadeguatamente e il tuo filo, novella Arianna, appiccichi a chiunque per ritrovarlo nella certezza dell’amore che sarà. E tutto questo ha metafora in quello che noi facciamo o dovremmo, vinti da necessità d’amare. Sì creare una catena lunga d’amore che condivida ogni bene, ogni buono e bello fino agli estremi del mondo ed anche del tempo, non solo ché duri in esso, ma che vi si estenda a ritroso, i già stati coinvolgendo. Allora forse questo mondo, così tanto carente da fondare sulle deficienze sue la speranza di uno molto migliore, non s’estinguerà in fiamma di dolore, come vide il veggente, sì che: “solvet seculum in favilla, teste David cum sybilla”, ma sublimerà, evaporerà nell’amore. E verrà abolita ogni distinzione col tuo. E io vado per questa strada confortato da presenza dolce al mio cuore, la mia mano nella sua fraterna, anzi gemella, e sempre più fascinosa mi si fa al cuore, ecco credo che in te mutarsi voglia, e quando sarà tutta cangiata in divina farfalla, farfalla, da ninfa che sono, anch’io, certezza avrò d’aver raggiunto il tuo regno. Ma quanto fa travaglio questo nostro amore nel nostro mondo di due nel volerlo esteso a tutti! Ma saperlo possibile, fa che il mio cuore palpiti armonioso con quello di questa donna e per esso col tuo! E va il vignaiolo divino per la vigna sua e ora proprio si occupa delle pianticelle nostre, le concima dell’amor suo, con le force sue toglie i succhioni e ogni ramo che sa non recherà frutto, dà così loro nuova turgida giovinezza! Ma fa di simile il tempo, ci separa dalle occasioni di bene! Ed ecco, se vogliamo affrettarci senza cautela, dal tentativo pur sincero di ben fare può venircene ridicolo, amaro al cuore! Vero allora gli daremo il raccolto che spera? Ma se successo avrà con i più del momento, è certo, madre divina, che lo iato tra i nostri mondi si colmerà! 

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