giovedì 28 agosto 2014

Risveglio tra braccia di donna










Come a volte accade che da cielo tutto minaccioso nell'aria greve d'autunno, insperato s'apra uno squarcio e da lì luce filtri che ridere cominci a far le cose tutte, e poi quello s'allarga finché il sole tutto inondi di sé, così a me si fa da che chiuso era. E non è per le parole aspre, confuse avvertite, da questa ostinata piccola femmina, ma per l'inatteso sorriso suo, tregua al pianto, che posso riavermi. E ora so d'improvviso perché la favola dice che il dio solo non volle restasse l'uomo e un angelo dal primitivo suo corpo trasse, ché con lui a spartir gioie e pene stesse, e lo separò da chi restò maschio, esso venuto fuori femmina. Solo le femmine sono capaci di tanta tenacia, vincente quasi sempre, se amor le pungola! Quanto m'è durata la follia? Molto, poco? Sempre troppo, se pianger ha fatto piccolo fiore che, tutta spiegata la corolla, al caldo sole di questo amore, sonnecchiava felice! Ma se tutte le malattie tristi sono, uguali negli effetti non sono per chi le subisca e per chi vi assista. Così le terribili, di poca o nessuna speranza, lasciano l'infaticato amore dei rimasti, nello sconforto più cupo ed estremo, ché spesso la miseria s'aggiunge a far più pesante il pianto! E che faceva, da che distratto era il dio di misericordia per scordarsene? Troppa forse la bonarietà sua facilona che lasciati li ha alla deriva, ad andar per stenti senza conforto, come qui vanno, dai più presto scordati, i trascinati via da tanti dolorosi accaduti, non più di cose divenuti, a caso vagare tra le bagattelle disordinate e mutevoli del mondo! Possibile che qualcuno ardente di rabbia contro al cielo chiuso più non sia e vinto, alla mercé di tanto strazio che si fa pigolio, più lacrime non abbia e rassegnarsi debba a pensar di essere nulla e di non meritare nulla, indifferenti o sdegnati da tanto fastidioso brontolio gli uomini e il dio loro? Credo che il solo nostro cristo possa, dall'umiltà sua, rispondere a tante recriminazioni delle ragioni dei tormentati di qui, spietata la vita a trattarli come anime già perdute in un inferno anticipato! Pensiamolo nell'ultima sua ora pendente dalla croce infame. Egli affida la tutta lacrime al discepolo amato ché per madre la tenga, sola ormai al mondo! E poi perdona i detrattori suoi. Ma fa di più, e sono parole incomprensibili biascicate nell'agonia penosa, chiede perdono! E di che? Di aver suscitato odio e non amore! Il dio chiede quanto dà, sempre! Ama e chiede amore, perdona e umile perdono domanda! Ecco, ci dirà, già perdonato t'ho e soltanto t'amo! E, mistero dell'amore, vorrà sentirselo dire! Quell'amore che lui vuole grande ed eroico non limitato a chi palesemente ci ama, ma voluto caparbiamente per i nemici perfino! E lui così proprio sembra divenirci, nemico, nelle ore di miseria più fosca! Ecco questo povero amore umano, non lo vedi altrimenti andar alla deriva e farsi piccola cosa, se immotivato restasse privo di tanto compito? E solo lui, fattosi il più umile degli uomini, grande lo vuole, tanto che al termine della giornata terrena ad esso poter chieder perdono del male permesso a far la sofferenza delle creature tutte! E non vedi quest'amore, altrimenti star trascurabile moto del cuore, cosa da femminuccia, tra le cose di assai poco conto, o invece, ché assai più le femmine sanno per intuizione, tra le più riposte, quelle che sfuggono ai saccenti di qui? E tra esse pensosa, miserella s'è fatta la malinconia mia...Vieni piccolo amore, sollecito, lascia che negli occhi tuoi, puri restati, a me si specchi il vero! Il dio è l'umile, sa cos'è il perdono, anche quello che si chiede, che non è detrazione di quello che si dà, ma motivazione, Io posso concederti quel che per primo ti chiedo! Pensiamolo così bontà completa, ché tutto sia carità! Il resto del sapere è follia! Ecco che dirmi vuoi!

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