mercoledì 2 gennaio 2013

Amenità e tristezze d'amore







Tempo è questo di amenità tra commensali convenuti alla mia mensa. Ma vi sono di quelle che pensar lasciano al di là dei sorrisi momentanei che provocano. E anche ci sono ricordi di fatti lontani, che la memoria ha ritenuto così come accaduti, o lacunosi e perciò da confabulare, con belle menzogne aggiunte, cui la fantasia mia mi predispone. Ecco, io dico di ricordare, e non so fin a che punto nitidamente, di una mia antica paziente, di cui la deontologia mi vieta riferimenti, che invero nemmeno più so, come non ne so più i particolari somatici, ma le attribuisco vaga bellezza, come a molte donne lontane, e abilità a destar la mia meraviglia. Questa mi confida una volta di non saper più che inventarsi a sedar l'ansia del marito e che preso aveva a stringerselo tra le poppe, come piccolo bambino indifeso dalla realtà, e una ad offrir per suo maggior conforto, e nel riferir questo aggiungo, faceto, che noi maschi dovremmo pretendere di simile dalle compagne nostre, tanto stressati dalla vita d'oggi. Ne ridono un po' le donne nostre, ammiccando tra loro, come ben altro far loro imponga l'ansia nostra, ma non il nostro giovane medico, che forse ricorda di simile e di recente e io lo scuso di non aver almeno sorriso alle amenità di certi ricordi riemersi dalla mia giovinezza, pensando alla gravità dei problemi delle pazienti sue, che non può non pensare con tenerezza, e all'ansia dei compagni loro giustificata e non capricciosa, come talvolta la nostra è di giovani o vecchi amanti, a promuovere delle donne che ci amano strani rituali d'amore. Ma oggi, ripensando alle storie vere, o inventate dalla senilità mia, concludo che il comportamento singolare della mia antica confidente, debba vero aver molti similari e davvero rituali, perché provati efficaci, a sedar l'ansia di noi maschi, che spesso pusilli viviam loro accanto da indurre quelle nostre donne ad eccessi d'amore, ridicoli solo per occhi malevoli ed estranei. Non faccio di simile con te e tu non mi trasmetti per questa i rituali tuoi per ridarmi la serenità, nel buio che questo avvenire, tanto incerto per tutti, me circonda e questa icona, tutta preziosa alla vita mia e alla speranza mia di vederti qual sei e non oggi e sempre per soli enigmi? Quanto è ben strano il mio atteggiamento verso le donne tutte dacché mi dico di te innamorato, non lo sono vero un po' di tutte? Ma una è concreta a coagular l'ansia mia, predisposta ad uno strano rito dal tuo e suo amore, e mentre prego per tutte per un destino loro mite e benevolo, va la mia tenerezza di vecchio a quelle conosciute e amate per un po' o molto, ché tutte mi ricorda questa, che talvolta indugia tra le braccia mie a cercar tenerezza ricambiata. Di una, che da te m'aspetta, ammiravo l'intelligenza, ma per tutti era bella e per me anche buona. Le parlo ancora talvolta in queste passeggiate lunghe mie e solitarie e a lei partecipo l'ansia di perder l'icona tua, la sola donna che conoscer vero m'ha fatto col suo il tuo amore dolce e severo a un tempo. E oggi che appreso ho che la signora nostra della scienza t'ha pure raggiunto, sono sì più pensoso e triste tra questo bosco d'inverno errando l'amarezza mia, ma poi penso alla donna della vita mia, buona e bella, e senz'altro la più intelligente tra noi da sempre. Credo che a breve l'abbraccerò tanto da indurla a pregarmi di non soffocarla nell'impeto dell'amor mio, dalle effusioni imprevedibili. M'hai dato il tesoro dell'umanità sua ed è te che abbraccerei se tu non avessi la consistenza dei sogni! E or improvvisa felicità d'essere e di sperarti mi prende, che se una delle amiche di passeggiate incontrassi, la loderei e tanto, felice che mi stia accanto un po', mi partecipi del suo e viva così un po' anche per me, per l'ammirazione mia e per l'amore, che se deve essere per te, allora vero ho per tutte!

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