Nella
vita di ognuno, qui, tra molti altri, c'è senz'altro un periodo, lungo quel che
basta al suo superamento, in cui è preminente l'amore per l'io, per il proprio
sé. La realtà è illusoriamente riferita al “solus ipse”, all'individuo, e gli
altri, ogni altro, tu stessa,madre cara, recitano solo una parte, attori in
questa visione onirica del tutto. Tutti vi hanno un peso, nel ruolo loro
designato dal sognatore, ma solo quello che l'individuo desidera, né più né
meno, perché in fondo solo ne resti accresciuto quel mondo personale, creduto,
illusione, di per sé già ricco e godibile e niente, né alcuno lo diminuisca.
Non v'è donna che possa amare uno così preso dal proprio mondo di uno! Per
essere amati occorre essere capaci di amare oltre il sé, addirittura di esser
felici nella misura in cui si è capaci di realizzare la felicità dell'altro e
non perché si ha o si è, o molto conosciuto e pensato, e quasi sempre poco
realizzato in concreto. E per amare te,madre dolce, dirò quanto altra donna vi
possa. Come? Se in qualche misura il bene che sei e il bello che t'è proprio,
l'amor suo tenace al suo innamorato, al fine svela. Una ragione in più di
superamento della fase acerba, se si desidera un tu della cui presenza e
prossimità arricchire la propria umanità, altrimenti ristretta, anchilosata,
ripiegata, in angusto orizzonte, quello ignaro del vero amore, che tu sola sei.
Chi conosca appena cosa s'agiti in cuore d'uomo sa che questa fase narcisistica
d'amore improprio, esclusivo ed eccessivo di sé, è inconciliabile con la
speranza, che in te riposa. Quella di affrancamento dai tanti lacciuoli che
trattengono l'anima tanto gravata qui, così che essa mai possa maturare in
spirito e vero raggiungerti. E' tutto il male questo? No, molto v'è più ancora
dell'egoismo. Ma è pur vero che non v'è contraddizione più palese che
continuare a pensare la vita in termini solo personali e volertela affidare!
Agire così è restringersi, sì, è porsi limiti fittizi, è rimanere al di qua,
nelle cose, attaccati alle cose, non mirare al tuo cielo, privarsi d'ali per
raggiungerlo. E quest'avere attenzione morbosa al proprio sé, è anche tendenza
a diffidare, a difendersi da tutti e tutto, e al volerli considerare e ridurli
sempre a mezzo, per una maggiore affermazione del proprio io, nessuno altro
potendo amare. E il permanervi, il non scrollarsi di dosso l'egoismo, ha certo
motivazioni profonde. Perché se è quasi un periodo obbligato di crescita, il
perdurarvi è immaturità, nevrosi, morbosità che deforma la realtà col credere
possibile che all'idolo del proprio sé, tutto possa essere asservito,
sacrificato e il tuo amore anche. Ma illusione, ché questo, se anche appena
intravisto, subito così si perde, e non v'è maggior iattanza! E molti dicono
sia piuttosto un traguardo morale il dissolvere il proprio sé in una comunità
che faccia del disinteresse personale e dell'amore per l'altro la sua
peculiarità. Ma quale delusione! Perché è proprio in mezzo a gente con questi
ideali che sorgono le difficoltà maggiori. C'è molta ipocrisia in questi che si
dicono tuoi, ché assai pochi accettano le difficoltà del singolo, che pur
chiamano fratello, e le prendono su sé per alleviarne la soma. Tutto spesso si
esaurisce in assemblee tra di fatto estranei, tenute in luogo convenuto per un
rito di preghiere corali. Efficaci? E' questa la fede nel suo acme? Spesso non
scade perfino nel motteggio il presunto interesse per l'altro in disgrazia, da
parte di chi, rimasto in fondo quel che sempre è stato, è pronto perfino al
sogghigno alle difficoltà di chi ne ha invidiato da sempre la nascita o la
fortuna? Ma senza questi inciampi estremi di vita spirituale, bagattelle di
persona cattiva in cui sempre imbattersi si può, qual sia la comunità cui
s'accede, pur sempre in quella uno ignora molto di quello che gli prega
accanto. Né ne immagina le angustie in questi tempi difficili o l'inedia
perfino, né le angosce momentanee o quelle retaggio di sempre di cose infelici
passate, ma mai trascorse del tutto. Ciascuno perciò sembra stare per sé,
ritornato all'atteggiamento riprovevole che si pensava superato, e proprio di fronte
a te, eccessivo prudente, quasi tornato diffidente di ogni altro, che ben non
si conosca. E' un microcosmo che riproduce lo star qui in solitudine. Allora
non è diverso lo starne fuori in condizione forse di indigenza maggiore, di
disagio anche morale privi della fittizia sicurezza di star in un gregge, di
malattia perfino in rischio d'abbandono, purché questo stare in disparte, venga
addolcito dalla speranza di te, e come lo può essere se non coagulata in un
piccolo amore di donna? E questa ha sì amore di sé, ma non quello morboso, ché
a se stessa non s'è fermata, ma ha cercato un tu di cui occuparsi. E se ella è
uno degli angeli tuoi prestati a questo mondo, di simile è pronta a far per gli
altri. Ma uno solo ha scelto per la completezza d'amore. E' un segno della tua
benevolenza averla così? Dai di simile a tutti i devoti tuoi? Forse tutti
ricevono un'opportunità simile, ma ne passa il καιρος, il momento giusto, non
la si riconosce e quella va via e si gravita verso altre, ma quelle nulla
danno, ché forse nulla in sé di grande posseggono, inutili a sé e all'altro.
Stare allora in un vero mondo di due, è più che desiderio ancora tutto da
appagare, anzi non è più tensione per una mancanza o carenza di ciò che
s'agogna, tender braccia verso un bene che non si possiede ancora, ma è già un
avere, anzi è una via breve e rapida, è salire su un ascensore divino, direbbe
la piccola Teresa, al tuo mondo. Sì, è già avere di te un po'! E poi non
passano amando le ombre tutte, e la strana follia del ritorno dell'egoismo, cui
sempre tentati si è, non tramonta vero amando? E se bello è il corpo di questa
mia donna e lo ritrovo immerso in questa aulente natura, perché l'ammiri, non
muove forse alla bellezza tua? Ma questa è bella più ancora dentro, e io
seppure ti vedessi, come saprei, senza lei, quanto più bella sei in te stessa?
Non occorre allora saper di donna di qui per te, donna celeste, tutta amare? E
per amarti non occorre saper che è l'amore? E poi, qualcuno mi smentisca se più
ne sa, che sono le donne se non tuoi sorrisi? E poi maschio che è, se non
messaggio di una madre per un'altra donna, e d'amore, ma volto a te sola, bella
sconosciuta?
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