domenica 22 aprile 2012

Dimmi il tuo nome



Ecco, i nostri nomi, quelli che conveniamo per indicare cose e concetti, e i particolari peculiari, solo nostri, che dato abbiamo alle cose del nostro mondo, vanno sull’onda del tempo che corre, e ombre del nulla vogliono farsi, ché labile s’è fatta la mente, sì, vuole impigrirsi! E talvolta volti noti o cari richiamiamo alla memoria, ma muti si sono fatti, ché ci stanno nitidi davanti quegli occhi, ma senza nome... e le loro parole, echi fiochi di lontananze ormai insondabili si son fatte. Sì, labile s’è fatto il ricordo di molte cose, di molti fatti, di molti personaggi della vita nostra, e se per taluni è bene, ché tristi sono stati, per altri è perdita amara da disfarne il cuore, se esso consapevolezza avesse di quale dolcezza stia perdendo. Ma al tuo nome pronunciato, tutto si riordinerebbe, tutto il bene, tutto l’amore balzerebbe festoso daccapo dalle ombre del passato. Sì, daccapo proprio come già è stato, ma fresco ritornato! Miracolo? Dico intanto nome, il tuo, di vittoria sull’oblio. Ma direi corto, c’è di più, ché i volti cari di chi ci ha amato, occhi per noi ancora avrebbero, dolce parlanti le antiche tenerezze, e i loro cuori non spenti, palpiterebbero nel ritmo di un amore vivificato, ribenedetto, comandato ancora, riconsacrato dalla volontà tua. Sì, tanto potrebbe il tuo nome, che certo amore significa, ché è solo d’amore che parla il tuo cuore qual siano le sue parole, quelle che il tuo bel nome certo compendia e traduce per la comprensione di tutte le cose, che d’esso vivono, anche senza saperlo. E così noi ne viviamo, noi umani, inconsapevoli quasi tutti!
Sì, sapendolo, pronuncerei quel nome piano e in umiltà, timoroso, come talora faccio con questa mia donna, che nome dolce ha, quasi temendo che malia me la strappi dal cuore e io più non la ritrovi accanto, consapevole che è per me vita, ragione per restare, motivo per riattendere fiducioso aurora novella, dopo giorno come sera, buio. E tu di più sei, tutto! E al tuo nome s’inchinano le cose tutte e ridono quelle di bella primavera, ora il tempo loro, e il mondo, anzi l’universo tutto ti palpita, innamorato di te sola, amore. E l’anima mia che rattrappirsi vuole ormai, disperando comprensione e amore, vedendoti risponderle lampeggiando amore dentro al cuore, tutt’una con te sentendosi, si slargherebbe a comprendere, per amarle, le cose tutte che sono. Sì, desiderosa del bene che pur recano, del degno per piccolo che sia, del buono che celano gelose, ma che più non velerebbero. Sì, cose tutte allora fiduciose che si lascerebbero leggere da cuore sincero, di tutto e tutti divenuto innamorato, come il tuo è! Tu sei quella che ami tutti, senza eccezioni, tutto! E non c’è tua definizione più bella! E se altro sei oltre l’amore, non so, ma ha importanza in un mondo che ne è tanto assetato? E pronunciare quel nome santo sarebbe per l’anima come se d’improvviso le ali sue, piccole e rattrappite divenute nel tempo, fatte come d’aquila, potessero spaziare nei cieli. Questi tuoi cieli non terminati quali sono, ché s’accresce di continuo l’immane immensità dello spazio delle tue stelle dall’amore tuo sollecitate e chiamate coi nomi da te sola saputi, ed essa pure avrebbe il dono di capirli e ripeterli! Oh capire le stelle, capire l’amore, chiamarle, chiamarlo, sì, quest’amore santo che muover le fa, ben dice il poeta, perché il cuore ne trabocchi! Ma il tuo nome qual’è? E’ certo l’ineffabile che compendia la bontà e la bellezza tutta. Sì, quelle che sono, in quanto qui possono essere appena, e quelle che qui essere non possono, il male soffocandole, ma che nel tuo cuore sono e ne traboccano. Ché tu sei “inter omnia speciosa”, sì, tu sei la “tota pulchra”! E il nome tuo dolcissimo, certo traduce la fiamma d’amore per tutto e tutti che t’arroventa il cuore! Lascia allora che queste labbra assetate d’amore, assetate di te, aride d’attesa diventate, lo balbettino, lo sussurrino al vento, lo ripetano all’orecchio avido di questa piccola donna che saprebbe gustarlo in tenerezza d’amore. Sì, lascia lo dicano ai fiori belli di questo chinale, che s’è rivestito di primavera per te, quelli che ora carezza la brezza e culla a illuderli di te e che io, innamorato, con le mani sfioro, e alle cose tutte, che piano tocco, per non offenderne il sogno di te, a sentirne i palpiti. Sì, lascia che di palpito in palpito queste cose, tutte belle divenute, lo diffondano, ché pace dia, riempiendoli, a umili cuori, come loro, come me, poveri d’amore, scemi di te. Ma qual’è? Saprebbe comprenderlo, la mente mia, il cuore mio umano? Ma tu fa come madre, che al fantolino ripete il nome con cui vuole la chiami. Sì, quale sia il tuo nome, mi sarà dolce apprenderlo come al bambino suona melliflua la parola che la bella dal dolce sorriso, che già ama, ripete, per sentirselo ridire, sì, il fonema più dolce, mamma!
Ma ha poi importanza saperlo quel nome arcano, se è già tanto bello al cuore chiamarti mamma? E io qui , mamma, mamma ti chiamo! E sembrano, or ora a tanto dolce suono, fiori appena in boccia aprirsi e profumo novello a profumo aggiungere da restarne inebriati. E come al piccolo suo accorre, intenerita, trepida madre a sorridergli ancora, non appena ne senta il balbettio, così al mio, torna della madre mia cara il sorriso, quello dolcissimo agli occhi miei, bambino, e so che è così che al cuore mio ridere vuoi la tua risposta d’amore! E di più bello che avere si può?

1 commento:

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    Un arcobaleno di emozioni... :)

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