venerdì 20 aprile 2012

Tu, primavera

Tutte le cose di questo chinale ti invocano primavera,ché altro di te non sanno se non che ti seguono fiori ed erbe novelle. Ma tu passata già sei e io vista non t’ho, distratto dai tanti pensieri che m’affollano la mente e che nulla aggiungono a quello che io so di te, ma li accetti forse preghiera spontanea, da cuor innamorato uscita. E già ne sono seguiti asfodeli e ginestre odorose, e le mille creature del bosco venute son fuori dal lungo sonno invernale speso a sognar quest’incanto. E c’è ora melodia di cento e cento cantori innamorati che erra di macchia in macchia a far delizia di questo peregrino d’amore, che soave soave vorrebbe di simile sapersi esprimere all’orecchio avido delle due belle sue.
E se tu or proprio udir facessi, dalla mitezza del cuore tuo uscito, d’amore richiamo io l’udirei e forse l’altra amata mia lontana. Sarebbe, da cuore a cuore, un echeggiare fino alle nuvole, invito alle tue stelle, e tacerebbero, udendolo, rapiti questi cantori, che cento e cento note spargono per l’aere aulente alle femmine loro insazie. E ora è tutto un ondeggiare d’erbe e un fremere di cespugli alle carezze della brezza dal mare. E or ora danzano bianche farfalle e compagna cercano per gli approcci loro, e tu le vedi inseguirsi un po’ e poi apparentemente desistere, per tornar poi a carezzare l’altra con l’ali loro, e dei fiori invitanti trascurano così le provvide visite. Ma non i bombi brontoloni che agli asfodeli di preferenza vanno ad esplorarne ogni fiore, che corolla disteso abbia. Ma è anche il tempo di nere vespe a nugoli attratte dalle infiorescenze d’olearia. Le vedi accoppiarsi in volo e poi tante cadute dopo l’amore, maschi credo, e certo esseri complementari nel folto si cercano, ché è tempo d’amore questo.
E quando il sole, declinando, ombre lunghe, addormentandosi a occaso, stenderà sul prato, questo accoglierà pure innamorati umani, che le stelle aspetteranno per le effusioni loro. E dopo il brunire del crepuscolo, che l’ultimo rosseggiare della luce avrà addormentato, ecco le stelle. Miriadi.
Meglio visibili da qui, verso orto, il lato delle falesie che scendono a mare, non schermate da questo lato, tutto buio, ché non offeso è dalle luci della cittadina, che ai piedi s’estende del promontorio, ma dall’altra parte. E questo cielo è ora come un immenso spartito d’una melodia di mille e mille note, ma leggervi occhio umano non sa, né ode il canto di lode a te delle festose tue stelle. E sono forse occhi d’angeli queste e forse una invisibile fata per cenni indugia sull’una o l’altra nota, e quella sollecitata, col brillio suo risponde, e quelle più lontane fioche appena fan bordone con le lor note di basso continuo, velato, accennato appena. Che sia melodia non di suoni, ma di luce? E certo l’anima s’imparadisa a tanto incanto e vero crede di star laddove luce e suoni confonder potrà. E allora inutili diventano le parole! E’ posto cui portare la compagna dolce, e aspettando delle stelle il concerto misterioso, al pari di altri giovani innamorati, ché giovane è questo nostro amore, le direi delle erbe e dei fiori e degli alberi rivestiti di verde novello per noi soli! Sì, le direi molte cose, ma anche che tutto qui s’abbella per noi e s’incolora di gialli e di bianchi e che tenera e tiepida è quest’aria odorosa... E ora in questo mio sogno, vero vedo noi due qui star abbracciati ad aspettar le stelle! E così supini sull’erba molle,  addormentarci, apparenti dimentichi dell’amor fisico pur tanto atteso, che forse sogneremo, ma qualcuno forse ci vedrà sorrider dello stesso sogno e ci rapirà alle stelle, pietoso ché al risveglio questa realtà, pur ora fascinosa, non deluda tanta gioia promessa! E  sapremo che così ci è accaduto, perché la loro arcana melodia udiremo e vedremo allo stesso tempo, cullati tra le braccia tue in un sogno che fine aver non vorrà. E al mattino ci cercheranno e penseranno forse che dalle falesie il volo alle stelle avremmo spiccato, poveri fiori così recisi, che il tempo aveva troppo stropicciato! No, non saprebbero che evaporati siamo alle stelle, ché fiori sì dai petali stropicciati eravamo, ma rinati così, belli come fiori di cisto dal bocciolo appena usciti, che teneri petali spiegazzati al sole distendono. No, finiti non saremmo nella tenebra, può questa mutarsi in luce? E tu luce sei! Sì, prendici stanotte, insieme staremo sognando amore, come fossimo sul prato, dove io ci ho visti sognare or ora in un mio sogno a occhi aperti! Sì, evaporaci alle stelle!

2 commenti:

  1. Un inno sublime, come lo è il volo leggiadro delle farfalle poco prima nominate! Davvero una bellissima creazione... Complimenti!

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  2. https://picasaweb.google.com/lh/photo/sgf2vwRqdtlllS4_6BJ9jtMTjNZETYmyPJy0liipFm0?feat=directlink
    Un piccolo regalo della pioggia di questi giorni...

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