venerdì 6 aprile 2012

Domande di donna

Ecco questa donna, che chiede? Vuole l’ami, orgoglioso di lei, dei suoi ricordi e delle sue speranze, e che sia innamorato del suo volto fisico e che lo trovi bello almeno come quello spirituale che mi ha dischiuso. E amarla senza rimbrottarla, né avvilirla mai, e di più col volerla ogni giorno più bella, moltiplicandone la gioia d’avermi accanto. Chiede troppo?
No, io l’amo così e di più, e più l’amerò! E le dico, vedi noi siamo sospiri di madre! E allora fuggire vorrei con te nel vento tra le nuvole e da lì alle sue stelle. Ma ella più non si contenta delle mie favole, mi pone domande come, perché un mondo tanto carente? Perché il male? E io che solo sono uno che dice belle storie a donne innamorate, risponder non so, né so d’altri che ne sappia più che congetture o non parli per miti. Rispondo come se in un’insonne fatica di anni avessi trascurato, distratto da altro più struggente compito, o troppo meditato il tema, quindi come confessando di non saperne nulla, e dico che un mondo tanto contraddittorio costringe l’uomo a una scelta dolorosa e irrevocabile nelle conseguenze sue a ogni passo, ed è questa la sola spiegazione sensata che ho in mente e meglio mi spiegherò. Lo dico ricordando come bambino tutto mi frastornasse e impaurisse, vedendo una realtà brutta, dura, che mi premeva da ogni parte, come volesse restringermi a uno stare appena, timoroso dei passi miei in un presente doloroso e verso un futuro buio e incerto. E il mondo degli adulti non vedevo più sicuro e meno aleatorio, e avrei voluto restar bambino con la madre cara a occuparsi di me. Ma il freddo, il freddo degli inverni d’allora da cui fuggire, mi obbligava a crescere mio malgrado, vedendo gli adulti meglio difendersi coi loro pantaloni lunghi... E mi ritrovai a correre immerso in un dove e in un quando in cui il bello e il buono sono rari, il brutto e il cattivo frequenti, il vero è precario e da aggiornare di continuo con fatica, il falso, l’illusione, l’errore sono ad ogni passo e con la necessità che ogni azione meritoria o colpevole debba essere, nel giudizio morale severo d’altri e inclemente addirittura, se personale. E scegliere tra fatti e cose opposte dovevo senza che altri per me lo potesse, o consigliarmene sicuro. Sì, libero divenni, ma come costretto alla libertà. Ecco allora che me ne sono convinto, il dio permette il male per costringere l’uomo alla libertà. Egli deve agire con la propria forza, e volontà e intelligenza e la bontà che dentro ha, a contrasto dell’irrompere delle onde di questa realtà ottusa nel mare tranquillo dei sogni suoi. E anche capire d’essere un turacciolo di sughero nel mare assai diverso, immane, scuro, agitato sempre, avaro di stelle che è il mondo in cui ritrovato s’è e in cui niente v’è di vero buono e bello se non l’amore. Allora dico a questa donna, ecco un po’ di luce in questa scurità disperata in cui l’odio desola la terra e la fa amara tutta. E’ l’amore, il nostro e quello della madre, il solo sicuro. Ella tende le sue mani premurose, addolcisce il dolore, asciuga le lacrime, ci aspetta e sospira per noi di nostalgia, ché vive un eterno presente e prestati ci ha a questo suo brutto sogno! Sì, siamo il sogno del dio! Altro non v’è, ché la barbarie foscheggia ogni ora e dove, e l’odio occhiuto e la rapina insazia dei potenti, pure. Allora ti dico, rimani la mia piccola dolce donna, parlami della bella signora delle stelle o lascia te ne parli io . Non meravigliarti se novellando vado come in sogno, e ti dico quello che a lei direi, soave soave, in vista del suo cielo. Altro non so fare, né voglio! Non mi senti cantare nostalgia d’amore nel bel dialetto napoletano e tentare con lazzi e frizzi da mane a sera di farti sorridere?

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