giovedì 29 marzo 2012

Felicità di qui

Oggi insieme in questo bosco venire avremmo potuto in cerca della pianta rara dai fiori d’azzurro intenso, belli. Ecco, come non mai prima, sentire avresti potuto il canto di cento cantori innamorati. E t’avrei detto, ecco la felicità degli uccelli! E di certo m’avresti osservato che, non essendo io un volatile, dire non posso della felicità loro e io di rimando che questo è tempo d’amore e io li penso felici per la felicità che l’amor tuo mi da. E ora ti chiedo, ne sai altra che non venga d’amore? Vivere è cura delle cose e di chi ci vive accanto, sì, preoccuparsi solleciti delle richieste che ne vengono, e tante te ne faccio! E nella misura della cura che per me hai, ti tolgo spensieratezza e quindi felicità. Ma se a questo mondo tanto buio accettata deve essere l’esistenza nella durezza sua, pur essa consente momenti d’oblio dalla “sollecitudo” dovuta a chi s’ama, e varchi se ne aprono come di luce, ché ne trapeli in cuore assetato felicità, un po’ solo almeno. Così ne è piccolo motivo per me e bastevole, il vederti serena e sorridere, né sogni d’amore darmi di più potrebbero. Ecco tra poco tornerò da te e ti racconterò amenità di giornata, vere o d’invenzione, tanta accesa ho la fantasia, e tu ne riderai e a me parrà viver felice, in sogno. Ma ora ecco, ancor qui mi trattiene altro sogno, penso a te bambina e io lo sono con te. Ed è in questo incanto, ad occhi aperti, che m’accade!
Possibile, se nemmeno coetanei siamo? Tutto lo è se si sogna!
Ti insegno a prendere le lucertole con cappio di filo d’avena selvatica, cosa da maschi. Ma tu ne hai pena e rilasciarle vuoi subito. E io ora ti dono la trottola preferita con lo spago incerato per farla roteare sicura e più a lungo. E sei la piccola timida, sempre impacciata e imbronciata un po’, con un gran fiocco sui bei capelli bruni e io t’aspetto all’uscita dalla scuola e dalle compagne tue ti separi vergognosa un po’ dei risolini loro. E tu il fardello dei tuoi libri m’affidi alle mie insistenze e seria sei come al solito, ma i tuoi occhi belli sono di felicità, che da qualche parte pur uscir deve. E ci diciamo sì forse cose inutili, ma non con troppe parole, ché la presenza tua mi fa balbettare, ma tu non ne ridi nemmeno un po’, temi forse m’offenda e svanisca l’incanto del nostro innocente amore... Sì, in questo mio sogno tu sei in tutte le esperienze di bambino, e vivo con te or proprio una favola di tante favole, vissute, o solo sognate? Chissà! Ecco è qui tutta la mia storia e la contamino d’altre storie, che belle tutte, farebbero solo una felicità frammentaria, piccola, dispersa, ma che coagular posso attorno a una sola protagonista, sostituendo le piccole della mia vita di bambino con una sola, te bambina. Si direbbe che da buon regista stia costruendo un remake della mia vita, avendo te sola come piccola prima attrice. E’ come se, rivivendo le mie storie, vere o confabulate, con quelle che vi recitano, nella mente mia al presente del sogno, completassi quanto di bello e buono v’è in ognuna con ciò che loro manca ed è il sorriso tuo e sostituire come per magia possa le altre piccole, vere o sognate, tutte con te, per quello solo avere. Ecco anche le parole che dette mi sono state, tante bugie, promesse, tutte in una mente sola, la tua e me le ripeti ché le abbia per vere...Ma accade in questo strano sogno di più. Mi chiedo, non erano forse per me le tue parole di bambina e tu trasognata al vento le ripetevi non sapendo per chi le pronunciavi, ma certa eri che qualcuno ad accoglierle vi sarebbe stato? Chissà dove! Ecco aggiungo, chissà quando! Ché mi son or ora giunte, vincendo il tempo, come se il passato accanto scorresse e l’amore mio potesse varcarne la soglia e prendere il bello e il buono e qui ora portarlo e far come sia or ora accaduto, ché ora nelle mie storie con quelle tue parole, tu parli! Fantasia, solo fantasia d’amore? Ma non farà di simile la madre cara, trovandoci tutti insufficienti e carenti, con ciascuno di noi, sostituendo l’inautentico nostro con il sé che avrebbe potuto essere o dovuto, bello da poterne fare a lei dono, e che invece smarrito abbiamo nei meandri di questa vita, ma che ella amorevole ha serbato gelosa, per ridarcelo quando sarà che ella a lei ci chiami per amarla “de visu”? Ecco, tu sei il sé mancato delle donne della vita mia, quante? Poche, tante, tutte vere o sognate? Chissà! Sono quelle della mia giovinezza, che ora posso ricordare attribuendo loro il cuore tuo e le parole tue e se le rivedo bambine somigliano tutte a quella della foto dal fiocco vistoso, e quella ritratta triste un po’ è, e imbronciata, la porto con me sempre, ed è da sempre la fidanzatina mia, non ce ne sono mai state altre! Sì, è così ora uno stagno sereno il mio passato e all’amo sempre abbocca lo stesso pesciolino e ha nome Eli!

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