mercoledì 14 marzo 2012

Quale perdita saresti

So che, leggendomi il cuore, già sai la pena che avrei, perdendoti, ma qui pur di chiarirmela, fingo di dirtela con metafore. Sono ingenue, sono eccessive, non so, esprimere vorrebbero un dolore mai provato, che il cuore paventa e dir non sa nemmeno a se stesso! Pensa allora a chi stretto sia da una malattia senza rimedio, nell’apparente abbandono del cielo. Sente la vita sfuggirgli, gli affetti suoi cari sa di dover lasciare, spinto alla notte e all’oblio dei più che rimarranno. E’ pena indicibile, ma ancora non sarebbe abbastanza!
Pensa a chi si veda altrimenti strappato agli affetti suoi o che sia vecchio nell’abbandono e senza più amici. Pensa a chi dovrà andare in un paese nuovo in cui sarà visto con diffidenza da gente assai diversa e mal si adatterà dove la necessità l’avrà condotto. Pensa pure a un paese dal cielo greve, che nasconda il sole e le altre stelle, manco della nostra bella primavera, bella sì e di fiori ed erbe tante, eppure vi dovrà andare, con una stretta al cuore... E poiché non è abbastanza, pensa questo sconcerto e dolore moltiplicati, amplificati da una sensibilità vera, quella che forse tu dentro m’hai messo. Ecco, pensa a chi sta per perdere quello per cui ora sospira, lo vede ormai in una prospettiva d’allontanamento, ché forse va alla guerra o in carcere dovrà stare, comunque in un inferno, perfino qui nel nostro mondo di tanto male, eccessivo, dove tutto gli verrà strappato, la dignità anche, o la vita, e peggio sia sicuro di perderla, ché attende là dove ancora si uccide per pena, innocente o colpevole che sia... Orribile! Ma più ancora pensa a ciò che mi accadrebbe perdendo questa donna, vero amata, o l’amor suo. Ecco, è gentile e fedele, mi ha accettato così come sono, pochi pregi, molti difetti, ha completato del mio il suo cuore, rendendo la comunione nostra invidiabile e la simpatia biologica fruttuosa e ne ha fatto completezza d’amore. E questa perdita, che sicuro mi farebbe smarrire la mente, immagine potrebbe essere, ma forse ancora imprecisa e incompleta, per quanto terribile, di come se a lasciarmi fossi tu proprio, perdendo la speranza del tuo amore e così qui ogni speranza, da non voler più viverci. E che dire dell’amore mio di bambino, rimasto candido e casto per destino, che ho visto, non è molto, non so se considerato un niente o più ancora disprezzato, da chi pur non avvertendo in sé l’opportunità del contraccambio mai nella vita tutta, avrebbe pur potuto accoglierlo, tardivo ma prezioso dono, esserne fidente e farne almeno il sostrato d’una amicizia, prologo non per questa, ormai almeno per me tutta dietro, ma per la vita che ci attende, tu lo voglia, entrambi! Invece me ne è venuta dolorosa incomprensione, dolore e offesa anche alla donna mia perfino rassegnata a questa mia stranezza, che giusto mi pesano più ancora, tanto incauto e sciocco sono stato! Ma quest’accaduto triste, spasimo al cuore, è davvero un nonnulla e occorrerebbe moltiplicare la piccola pena che ne è venuta a me e più ancora alla mia dolce compagna, quanto? Sicuro più e più ancora che in tutte le eventualità di dolore in cui fin qui mi sono finto, per aver parvenza lontana di quello che m’accadrebbe perdendoti. E sai quanto sincero sia! Ma non voglio più pensare ad altri dolori, o a lutti o a delazioni o a quant’altro di un lungo elenco angoscioso, d’amicizia e fiducia tradite, troppo ne ho patito per la vita tutta, eppure so, ancora non sarebbero abbastanza! Sì, quello che m’accadesse immedesimandomi ancora in finzione sofferta, lo riterrei ancora poco, sebbene moltissimo, sufficiente, se fosse nella realtà, a schiacciarmi l’anima e a morirne, con cuore spezzato. Così, paventandomi questo dolore indicibile, che spero tu mai vorrai per me, so che quasi tutto via è il mio tempo, sì, s’avvicina il momento in cui forse saprò il vero per non poterlo dire ad alcuno. Sei stata illusione tu pure? O cara, cara dolce mia illusione, ché forse vero illuso d’amore tu m’hai senza finora deludermi mai, ma da dove venuta sei nella mente mia, se tanto malvagio è il mondo? Il bene è raro, quanto il vero amore umano e io ho e ne avuto molto, del tutto immeritato! Avrò te pure? Ecco, non so se un mondo diverso ci sia davvero, forse da lì barlumi ne vengono per la cruna d’ago che ne è breve pertugio d’accesso a misura d’anima. Fa che vi veda il brillio più della stella d’amore, che gli occhi tuoi sveli a me e a noi, qui poveri amanti. Fa però che sia io ad attender la donna mia sulla soglia della città tua, quando che sia che anche lei tu chiamerai, vi entreremo insieme! Tu sai la fragilità del mio cuore, il fisico anche, e se altrimenti accadesse, morir ne dovrei di dolore più che di solitudine. Ché sì, vero solo ora ne son certo, lei perdendo è te e tutto che perso avrei!

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