sabato 24 marzo 2012

Sofisma di vita

Non è forse sofisma l’affermazione
che in certe questioni di vita il fine giustifichi i mezzi? Non è malizia adoperarsi comunque per ogni via, per il raggiungimento d’uno scopo? E se nobile questo è, non ne resta, così conseguito, mortificato, svilito? Non è amorale che la storia personale possa venir scritta senza scrupoli nell’ottenimento comunque di certe agognate mete? Ecco anche dir voglio dell’arte furbesca di tenersi una donna ad ogni costo, già forse ottenuta con inganno. Certo non è vero amore per quella e nemmeno forse di sé, se la bassezza, la mancanza di ogni scrupolo è servita e serve in quel rapporto, che già forzato o viziato sia nato. Ma pur c’è l’uomo vile! S’alza al mattino, veste la sua maschera da ipocrita e va così, lì promette pur certo di non poter mantenere e più in là sorride a chi nell’intimo pur disprezza o è ossequioso e servile per chi intenda che favori ne possano venire e di simile agisce con la donna sua, quella che ha o studia di avere. Ecco l’uomo che ho cercato di non essere! Ella talora veder non vuole l’evidenza di mediocrità che ha accanto, disposta a conservarsi pur chi sa indegno, forse per non sentirsi negletta, non avendo di meglio forse o per cos’altro, chissà! Spesso a se stessa mentendo e sapendolo, e questo anche se per nulla mediocre ella sia né d’aspetto, né di sentimenti. E così accade che entrambi fingano e questo è anche più brutto. Oh quando sarà che donna si liberi dalla soggezione del maschio o dalla paura e scelga da sé uno piuttosto che l’altro e libera sia di sciogliere un rapporto che si regga per sofismi. Sbagliando forse, ma senza forzature, e nemmeno lusinghe o arte studiata a irretirla e illuderla o peggio, furba essa pure, dover fingere di crederci! Non favoriscono i costumi nostri la libertà più completa? Oh quanto complessa è questa “machina humana” e la mente che la regge, e chi luce vera mai farà sul mistero donna? Perché ancora l’indegno cogliere può il fiore e quello a esso proprio ride, invitandolo? Perché anche l’inganno, l’agire furbesco, l’usare qualunque mezzo e la menzogna anche nel rapporto tra i sessi? O peggio nella finzione cosciente, lo stare al gioco malizioso dell’altro e subirlo? Perché non semplicemente sì o no? E se schermaglie d’amore devono esserci, perché non sono piuttosto simili a quelle dei volatili tutti di primavera! Io proprio voglio così accada di noi. Io avuta non t’ho con sotterfugio, tu venisti da me... Io accolta t’ho, nulla tacendoti dell’animo mio strano, insufficiente talora, meschino talaltra, mai spero vile. E inteso ho che dell’amor tuo arricchirlo potessi e certo tentato devi averlo e forse successo ne hai avuto, ché quello che pur ho di bello e di buono nel cuore travagliato, ora forse non avrei! Qui, come tutti, vivo una natura ostile, irresponsabile però degli eventi che da essa assai spesso tocca patire. Essa non sa di bene e di male, ma solo di possibile e di impossibile nel determinismo delle leggi sue, e se catastrofi e lutti produce certo non lo fa perché matrigna. Ecco allora la mia debolezza di chiederti che tu esenti chi ami e chi io amo da certi accadimenti. Eppoi dalle minuzie del male, le malattie, gli abbandoni, la solitudine che ne viene, la tristezza del veder andar lontano chi s’ama o morire, vividi ricordi di vita, e saper di doverlo pur io e forse a breve... E poi vivo pur una storia collettiva che modificar non posso. Va per il corso suo, di guerre e violenze e fame e ingiustizie e tante e dolori, soprusi e orrori e quant’altro! E di nulla è responsabile in una inarrestabile sequenza di fatti sconcertanti, e brevi i periodi suoi di esenzioni dal male e di pace. Ecco questa la vita di qui, io la vivo! Ma diversa è la storia personale, di cui piena responsabilità ho nelle scelte, nelle preferenze, nelle occasioni di decidere per il giusto o l’ingiusto, il vero o il falso, il savio o il folle,il bene o il male. E nella misura della scelta del bene, mi accade o faccio sì che intorno mi accada di buono, di opportuno, di desiderato e bello, e del prossimo la vita influenzo poco o molto che sia. Sono furbo o sciocco, sempre come tutti, condiziono o modifico molto o poco intorno a me e nel destino che mi fabbrico di bene, altri coinvolgo o altri escludo. E forse mai vero sincero sono nemmeno con me stesso, malizioso al tempo mio piuttosto se quella persona piuttosto di irretire mi studiavo, perverso raggirandola, e altra, indifferente lasciavo, che altri peggiore destino ne facesse. Ecco tutto questo è brutto da immaginare possibile ancora, è il piccolo personale contributo al male diffuso e mi fa dubitare che esente forse non sia stato da subdoli, vili rapporti con altri umani! Ma con te non dovrebbe accadermi di simile, scruti nei cuori, leggi l’infamia prima che commessa sia, te ne guardi o le corri incontro, così come il figlio tuo fece. Ma se scelto hai, e vuoi che duri il rapporto di bene con chi dici d’amare, nulla di vero meschino devi aver letto o irrimediabile nel cuor suo. Di insufficiente sì, e spesso, ma migliorabile, se deficiente, completabile, se carente, perfezionabile, se insoddisfacente, addolcibile, se aspro. E in me allora che letto hai? Parlami, dinne! Quanto potrò, farò per non deluderti ancora e che tu ben rimanga nella latebra del cuore mio. Vi vedi asprezze? Addolciscile! Vi vedi paure? Rassicurale, fugale! Vi vedi mitezza? Confortala! Meschinità, peggio viltà? Annullale! E quello che non ho, dammi generosa, ma ti prego, questo cuore non lasciare! Vecchio è, e talvolta pianger vuole e per un nonnulla! E ansioso cerca te negli occhi della piccola donna che d’amarlo gli ripete. E quella gli dice, convinta: ma tu hai me! E lo fa contro l’evidenza delle cose e degli eventi e del tempo che per noi due troppo breve vuol farsi! Ricorda, ricorda questo cuore, com’era senza te, non smarrirlo più! E sogna, sogna quest’uomo di te in questa natura fascinosa e qui anche ti cerca. E qui torna spesso e le cose interroga e s’illude che gli possano rispondere, dir di te, di come bella hai la persona tutta e del sorriso tuo. E’ primavera bella di fiori ed erbe novelle, e lì scruta a cercarti e si bea del bel canto d’amore che uccelletti desiderosi di compagna l’aere tutto risuonar fanno. E’ l’estate rovente, e all’ombra s’assopisce al frinir delle cicale e di te forse sogna, gli occhi tuoi neri e i lunghi capelli che il vento di qui ti carezza per profumarsene. Sono d’allora le notti di stelle a miriadi e di lucciole che amor significano e di te parlar vogliono. E’ la caduta delle foglie mesta, e qui torna a interrogar alberi spogli e triste si fa della condizione loro, ché gli animaletti che qui stanno, ora rintanati tutti al freddo incipiente si sono, o migrati a più teneri climi. E’ inverno e qui solo va, di pioggia o di vento che sia, infreddolito tutto, e non sa a chi e che chiedere, ché nessuno c’è a rispondergli qualcosa... E’ strano, è sciocco quest’uomo? Anche forse, ma di sicuro è innamorato e mai vero t’ha vista se non in sogni lontani! Sì,piccola lì eri a misura delle braccia sue, candida e bella come ogni donna dovrebbe e dolce... Oh quanto potrà illudersi ancora di vederti fuori, se vero è che tu dentro gli stai!

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