domenica 2 dicembre 2012

Le ragioni del male







Ha ragioni il male? Perché, madre, mi chiedo, proprio non bastano le domande pressanti e ricorrenti a dar idea dell’incertezza angosciosa in cui qui si vive, vessati da tante angustie e dolori, e pur risposte, ambigue quasi sempre, son richieste? Queste, se oneste, poco o nulla aggiungono all’idea suggerita da quelle, o, se pur valide e convincenti, lo sono solo al momento e non per tutti, sulle ragioni che ha il male a essere truce com’è. E che dirò io proprio dal grosso dell’ignoranza mia a questa compagna fiduciosa, che sempre saper vuole dal mio pensare, anche d’insufficiente e banale? Le dirò così. Tu sai, dolce amica, che a volte lunga serie d'eventi, negativi giudicati, par prender le persone, e sgradevole è non saper come uscirne, e si cerca aiuto, e poco o nullo si trova, e non se ne ha risposta convincente per quanto si frughi nella mente provata a cercar di quel groviglio il bandolo per farsene ragione. Allora così io mi risponderei, accorato che ne fossi. Dacché sorte esiste e matrigna, da farmi angoscia, io vorrei saper se è per mia difalta tanto accanimento. Ma so che non è quasi mai così, ché si vede peccatore incallito esente, e colpito atrocemente l’innocente, sicché qui sembrano così riposte le ragioni che ha il male di nuocere, che enumerarle non potrei, né, se le sapessi, precisarle negli effetti loro, e allora m'esprimo dicendo, tutto m'avviene come ogni altra cosa, a caso, dimentica la bella del cielo di chi ha nel cuore e qui dovuto lasciare indifeso, all’ingiuria esposto. E se tu, compagna di questo cuore, per una tua vicenda amara il tuo cuore m'apri, come possiamo e, ci comanda amore, facciamo per lunga dimestichezza, per aver un qualche conforto dalla confidenza, io che molto del tuo condivido nelle conseguenze, belle talora, amare più spesso, davvero dirti di più non so. Ma vero tanto m’accoro saperti in angustie, che a quella che tu anche invochi, chiedo per te esonero, ma nullo conforto ricevo dalla preghiera mia, se non quello che mi deriva affermando che da ora ignorare il destino nostro più ella non potrà, informata degli accadimenti recenti, e con molta dovizia, da questo supplice devoto. Ecco, mi chiedo anch’io, perché tanto immersi nel male ottuso, che lasciarci non vuole, se passivi quasi sempre lo subiamo? E perché, più ancora saper vorrei, la volontà di bene, sperarlo e attuarlo, che pur c’è nonostante, quasi mai esita in successo a dispetto dell'impegno nostro generoso? Ci dicono, è venuto un salvatore e la porta del cielo, serrata, s’è dischiusa ed ora la madre sua generosa, fa entrarvi quanti vogliono. Sì, madre misericordiosa, “ intrent ut astra flebiles coeli recludis cardines”! Non potremmo meglio definire l’azione tua salvifica, quella di corredentrice di chi ami, e tutti candidati siamo all’amor tuo! Perché quello che senza te ci accade, e ne vedi l’angoscia, è sufficiente a suscitarti pietà prima, e subito amore, bastando ad evocarlo il solo suo desiderio sincero, che cuore tribolato a te rivolga. E io voglio amore, lo chiedo a te, a questa donna mia, a tutti! E se questo so, se ne ho certezza che amore esorabile da te mi viene, esso fa la dolcezza sperata, e sospiri ne vengono a me nelle passeggiate mie solitarie per questi sentieri ora tristi. Sì, qui pensoso e solo vado, ma gravati i pensieri ho dalla pena che so di quella rimastami lontana, senza mia risposta consolatrice, in questo bosco d’autunno, sotto cielo greve che tutto ingrigia e fa umido e freddo. Sì,la richiesta della compagna di saper ragione di sua pena, non posso soddisfare, e nemmeno so dirle qualcosa che la convinca almeno sulla temporaneità di ciò che le accade, se non invitandola alla fiducia in te. Ella m’osserva che, pur mitico il linguaggio della vicenda vostra raccontata di peregrini per poco in questa terra, essa ha tante implicazioni che risposta esaustiva mai ha avuto, pur da due millenni menti eccelse impegnandosi a una lettura accettabile dall’uomo di prima e d’oggi. Tutto conduce a credere che il tentativo di attuare il bene, coronato o no da successo, in fondo conti di per sé per il dio, e che il fallimento vostro, succubi voi stessi del male, questo insegni. E allora, le rispondo, che anche questa sua lettura è valida, ma pur resta suggerita dalla pochezza nostra e dalla miseria, dalle vicende nostre ora angosciose e pressanti. Sì, compulsi siamo ad accorata preghiera che mai ha risposta sicura, se non che la speranza dalla condivisione con voi del cielo, ne risulti rafforzata. Sì, a ciascuno spetta lottare il male personale e d’altri, tu lo vuoi, il figlio tuo lo vuole, poi sarà come deve essere e ne ignoriamo il perché! Fallimento allora e di nuovo nel nostro, se così sarà! A questo impegno la invito per ciò che l’angustia, e a sperare nell’esito desiderato, sempre e per chiunque il male tocchi. Non perché tenace la voglia e tua eroina, o desideroso di guadagnartela con convinzione più salda della mia, con cui talora possa dar sostegno, quando che sia, a questo cuore tanto provato, ma così le rispondo dall’onestà che le devo, ché so tu ci vuoi proprio così. E perché lo so? Sono stato provato, malattie devastanti di persone care, miserie e lacrime, sempre tante, mi toccano da una vita, come a molti a questo mondo, e t’ho cercata! Assai piccolo ho gustato l’amarezza del dolore, e poi ancora ne ho avuto angustie e molte! Talune ella ha condiviso fin qui, ma di altre ho taciuto per non farle pena, da averne il cuore tanto sforacchiato da parer colino per le lacrime. Sì, ironizzo, madre, ma in me non c’è menzogna, io non esagero, velo a me stesso, da buon nevrotico, e a lei poi, quello che ci farebbe angoscia, ché molte sono le cose tristi passate e molti i nemici miei e suoi, da lei non saputi. Questi sono ormai diventati personaggi scomodi solo alla memoria, incapacitati di nuocere ancora perché nel tuo perdono, e da me ricordati con tristezza per il solo mio perdono in vista della pienezza d’amore, comando del figlio tuo. Allora che mi ha insegnato questa vita da poterle comunicare? Molto, ma poco da ridire. Ecco il figlio tuo ha avuto morte atroce e la ha tuttora in chi muore vittima d’altri o del male che satura il mondo. Sì,così tanto vi spadroneggia da farne qui anticipo certo o unico sicuro posto di tormenti ingiusti, sì inferno. E tu, madre, ne hai pianto e ne piangi le lacrime di ogni provato cuore, scosso, spiegazzato, strapazzato da tanto suo accanimento. E il male è sempre qui, smosso forse appena da quegli eventi lontani e da quelli che da sempre qui loro fan completezza di dolore e lacrime. Sì, noi e le creature, tutti coinvolti, ma talora quello tanto s’esalta da parer rafforzato come fiamma, che ultimo guizzo mandi prima di spegnersi. E si spegnerà al fine questo livido fuoco, il figlio tuo l’ha promesso, accadrà! Ma intanto apparente più forte è il male e prevale sempre, e se ne scampi, ecco ti riprende. Sa di doversi arrendere al perdono, sa di doversi ravvedere, sa di dover piangere pentimento amaro, ché persona è, per meritare l’amore cui la volontà vostra lo destina, eppure non vuole cedere! E noi e le creature, tra voi frapposti siamo, questa creazione lo è, volontà di resistere a pressante invito d’amore da una parte, volontà di coinvolgimento, costi qualunque sofferenza, che voi con noi subite, dall’altra! Ecco un altro perché del vostro venire al mondo. Ed è alto questo prezzo, esoso! Ecco il mio linguaggio mitico! Dice forse poco, ma io stesso lo accetto metafora di quel che è, e di cui spiegazione chiara non si trova, se non confusa e non condivisibile, in ogni cuore! E passa il tempo e tanto comune resta il male, sta nella banalità delle cose e degli accadimenti, a breve giro, a breve sorte, a breve ora, a non breve dolore e pianto! Ho detto poco, ché poco so, ho detto perché ella se ne giovi, quindi molto? Non so, qualcosa ho detto! E tu che scusi tanto di me, perdona la mia saccenteria. Ecco, tra noi due sei e non potrà venirne che bene! Filtri le mie parole incerte, la mia paura mitighi che accettabile debolezza le giunga e non il terrore di esser qui, esalti, amplifichi le espressioni mie d’amore, nonostante il buio. Che potresti di più? Forse un po’ di tregua dare a noi e ai tanti delle vicende nostre partecipi o di più amare protagonisti! Fa così, mai scordar devi che se gli occhi chiudi, eccolo brutale ancora, pur ferito, pur disperato, senza pace, senza ragioni! E’ il male!

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