lunedì 10 dicembre 2012

Una missione d'amore







Oggi tersa è l'aria e gelida, ma tutto inonda il sole, invita alla passeggiata e sullo stradello delle falesie or sono, a cacciar fuori nuvolette di fiato. Alto vola un gabbiano solitario, muto è, non stridii. L'ali sue ha ferme e si lascia portare dal vento, e sale sempre più su, e presto un puntino sarà. Ché lo fa, che cerca tanto in alto? E' in basso il mare delle pasture sue, e lì, oggi tranquillo, sulla superficie sua, la compagna certo è rimasta con altri a lasciarsene cullare. Non so, ma metafora fa del mio cercarti. Vola la fantasia mia coi sogni miei e in alto mi porta nel tuo cielo. Ma dove? E' qui, lì, più su, o solo dentro di me? Certo posto ancora non è, ma lo sarà e io vi spero accoglienza e non per me solo. Tanti quelli che sperano con me! Sì, è sogno che dall'intimo mi sale, dal fondo della mia esistenza tribolata, dal travagliato cuore. E alla donna che ho, si rivolge prima, e poi ai singoli vicini, poi alle persone che coinvolgere vuole tutte nella stessa favola. E vorrei passasse come canto celeste sull'ansimare sconvolto dei poveri che sempre più numerosi affollano le vie da basso. Volontà è d'amore che, iniziata da quella a me più vicina, s'allarga attorno, come luce da te trasmessa e da me riflessa, come calore che tu raggi dal cuore, speranza appassionata. Da me agli altri, da noi al mondo. E sia essa a un tempo sì ansia, tormento, ma estasi pure e d'amore, e perciò gioia sopratutto come qui nulla può dare, non sapendola il mondo. Ed è crisi qui, gli aggiustamenti sembrano inefficaci, ché gli equilibri sono rotti nei rapporti economici e politici. Seguono la mutevole bizzarria degli egoismi degli speculatori che hanno astuzia calcolatrice e sempre più grama fan la gente già tutta immeschinita e nell'Europa tutta. E l'armonia già precaria diventa compito di riconquista, possibilità agognata, progetto virtuoso, ma lontana, dacché ha fatto irruzione nell'aggregato sociale la sfacciata rapace voglia di accaparramento, che la volgarità esosa antepone al bene di tutti, e che con voluttà si presta all'istinto bestiale, la cupidigia, di arricchire i già ricchi. E già stridono i dissidi, le lacerazioni, e lotte aspre si preparano fratricide, e ne verrà maggior desolazione e il pericolo che il mareggiare tempestoso che ruggisce nel petto dei poveri, araldo si faccia di sconvolgimenti su per i clivi sociali e politici, e allora l'antico frutto dell'egoismo tornerà, la violenza, e con essa la morte. Allora se questa è la geografia del male e qui da noi proprio insiste a scorno di certi politici, e queste le prospettive sue di fame e dolore e lutti, che fare? Occorre chiederci dove, da che parte sei col figlio tuo e lì restare, costi il prestigio, costi la posizione sociale, o la vita perfino! E lì la parte giusta, non da chi affama e spoglia rubando ai deboli e miseri. E sarà la pace che attuiamo a inondare i cuori ché è questa la volontà riconosciuta e attuata del dio, che ciascuno si faccia operatore di pace. Non abbiamo altro compito fuor della diffusione dell'amore, il tuo. Arduo però. In questo pio lavoro la famiglia umana si ritroverà con il bene spirituale riottenuto, elargito da te a mani generose con misura pigiata e scossa come talvolta la venditrice di granaglie faceva a chi le suggeriva il cuore. E questo bene si tradurrà via via in altro bene, anche materiale, ché i più avranno riscoperto la magica efficacia della parola solidarietà. Ridarà la speranza, la tranquillità, che buoni politici stabilizzeranno, ché a loro spetterà di più, compito più gravoso, se si decideranno per l'onestà. Preghiamo allora che vengano dagli stessi poveri a garanzia che facile tentati non siano dal mammona. Noi, i tuoi ne saremo il fermento, lievito di ogni avanzamento, progresso verso il bene diffuso, il bello e il buono a portata di ognuno. Sì, bene non può esserci senza il balenare dei cieli radiosi di luce su questa scura terra, creazione imbruttita e sciupata per le interferenze complesse in questa vita, di brutture, d'egoismo, di peccato. Noi vi lasciamo una impronta, una piccola storia d'amore scambiato, che il mondo non può dare, esso non ha pace, non ha proprio amore, gli fa falta, carenza. Ma se tu un po' me ne dai, ecco, io lo diffonderò e così faranno molti altri. Procederà così per mezzo di mani umane l'opera tua della salute di questa umanità affamata certo, ma anche assetata e di più, d'amore. E' ingenuità crederlo, è illusione tardiva di vecchio sognatore, proprio non lo so. Ma so che beffa amara è la pace del mondo. Invece se tu la doni e quelli come me l'accolgono preziosa, sanno che lì è la giustizia e la libertà, e vogliono viverle e farne vivere tutti. Allora se questo è il divino volere, occorre conformarsi alla volontà tua con fiducia, abbandono. Allora le anime nostre umili ne vibreranno e d'ora in ora più saliranno azzurrandosi, come proprio fanno i sognatori, che sì si raccontano favole, ma che ora affidano il loro messaggio di intesa gioconda e perfetta con te a chi, come gabbiano solitario si libra a lasciarsi perdere nel cielo, e nel tuo rigoglia la pace. Aspetta questa come il pane di essere frammentata e distribuita. Di simile fa il figlio tuo che tra convenuti oranti lascia mangino del corpo suo spezzato. E quel pane simbolico, vero pane potrà diventare moltiplicandosi se tutti lo vogliamo! Sì, riscopriamo la condivisione! Ho qualcosa? Ecco, è tua anche!

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