giovedì 13 dicembre 2012

La tua parte concreta







Se qui sia luogo che più d'amor tuo cenno mi faccia, non so, ché tutti belli paiono pur sotto plumbeo cielo. Ma credo che di te più parli questo del chinale che di alberi è privo,ma in arbusti tanti si differenzia. Umili vi crescon i cespugli, ché stan bassi per forse meglio secondare del vento l'impeto di queste giornate gelide. Mi ricordano che tu umile e mite sei tra noi. Ah quanto poco ti somiglio in questo! Ché mitezza è austera virtù d'uomo forte, mentre in te fa anche ancella dolce e delicata alla bellezza tua. Sì, “inter omnes mitis”! Il debole ha dabbenaggine fiacca, cascante accondiscendenza, abbandono vile agli eventi e succubo è sempre di gente ria, che gli fa violenza perfino dal passato. Sono un po' così, che deriso sono e insolentito talvolta, tradito da inconsistenti amici e presto abbandonato, con ombre che fino all'oggi si proiettano. Ma col male non transigo, né con la colpa, e pietà ho di quelli più miseri e degli autori dei misfatti subiti, e prego. Oh quanto prego! Pur debole e sciocco, mi sento di razza divina, lanciato dalla vita per le sue boscaglie ombrose, che il male insidia. Battaglio con le mie ombre, e tante e spesse ne ho, e mi rumoreggiano intorno da farmene paura, ma presto so che vedrò l'arcobaleno incurvarsi soave nel cielo di dentro, quello che è sempre di luce, ché ha te sole, e se notte mi fingo sia, tu sempre vi sei, fatta di miriadi di brillii. E facella hai nel mio cuore accesa, che vorrei, incendio d'amore, si estendesse al mondo da poter far ala della carne nostra, che peso fa allo spirito, e poggiare alle vette supreme della luce o su più ancora e raggiungerti là dove vivi. E così morire al male. Lotta è la vita e dura! Ma mentre in quella spirituale talvolta siamo vincitori, ché nel tuo nome quello ha effimero trionfo, pomposo sì, ma vano, dell'altro quasi mai. E' quello che danni fa alla vita concreta, che si regge su un soma, non ce ne liberiamo, ché lubrico e fangoso, non ristà dall'insidiarci. Eppur vincerlo bisogna! Oh sì morire al male d'ogni sorta e viver felici nel bene! Ma è possibile solo in fuggitiva visione, che ci illude per un battito di ciglia, effimere le forze da opporvi, apparenti sterili le preghiere. E impreparati sempre e fiacchi nelle resistenze nostre, ci trova, e su noi getta la rabbia sua infernale. Sì, quello romba come uragano e nulla vi si oppone efficace, né scienza medica onesta, né quella che l'arte sua fa per mammona. Ed è dolore e pianto! Io m'abbandono a te. Passa la tempesta, lascia desolazione e orrore, e pianto tu hai le mie lacrime, ancora! Il nemico resta sempre schierato, mai sazio, soddisfatto talvolta del misfatto suo. E dovrai piangere ancora! Chi mi salverà, chi ci salverà? Incerto sono, esitante, perplesso e cerco la donna mia, ché mi stordisca con la voce sua melliflua. Non importa quel che dice, son parole dolci, che soavi suonano a innamorato, siano, e sempre più spesso lo sono, anche di giusto rimbrotto! Ho bisogno di tenerezze e me ne dà generosa. Anima è che canta lieta, talvolta triste un po' come velata sia la felicità sua, alla vita e sembra farlo quando invece io m'accoro. E non è miracolo questo? Mite è della mitezza tua, semplice donna è come te, e forte e dolce a un tempo. Ecco è la parte di te che toccar posso, la più concreta della carità tua, e allora o con te, e totalmente, o nel nulla! E' questa la mia speranza,ella è già la mia vittoria, su me stesso, sul male tutto! E la vita nostra già cullarsi vedo in un mare luminoso oltre il tempo, oltre il mondo. Lì dolcezze mistiche, riposi soavi , sorrisi e parole tue d'amore! Oh quanto sereno e lieto di esistere son ora!

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