Sembra
che chi avanza negli anni tentato sia d'avere in uggia le novità
tutte, perché si diventa rigidi, l'elasticità perdendo della mente
in un corpo che anchilosato tutto vuol farsi. Allora ci si rifugia in
vecchi schemi e disarmati per questo si è per problemi nuovi,
incapaci di ben comprenderli, e a risolverli, inutili le passate
risposte. Quelli sono a stento compresi nella drammaticità loro e
passano ai filoneisti, entusiasti delle novità tutte, tra cui c'è
chi sa capirli e cercare soluzioni adeguate,nuove appunto, non
tentate prima. Ma è la realtà stessa a richiedere interpretazioni
nuove dei fatti suoi, meglio rispondenti, e se è assioma
l'immutabilità del mondo nelle sue leggi arcane, l'esteriorità ne è
in continuo mutamento, e vela quelle e si è in sforzo continuo di
comprensione, di adeguamento delle soluzioni. Così s'evolve salendo
una “κλιμαξ”, una
scala, la scienza dell'uomo, che postula la sua comprensione
del mondo in un processo di avvicinamento continuo agli “arcana
rerum” riproposti come problema, e le risposte adeguate oggi,
saranno forse riviste ingenue domani, ché esso sta lì di fronte nei
suoi aspetti cangianti, e quello che si vede e si tocca è pur sempre
di difficile discernimento. Occorre un animo verace, mai impegolato
in interessi contingenti, ma votato alla ricerca di ciò che per
definizione è riposto, e lo farà in paziente attesa di una lenta e
mai vero terminata conquista. E di te, che oltre e dentro stai qui a
un tempo, dietro queste apparenze, che dire? Tu sei la sola verità
assoluta, cioè staccata, non legata ad interpretazioni relative al
momento, più o meno sempre arbitrarie, e non schiava del dogmatismo
che la tradizione interpretativa imporrebbe. E per essa più ancora è
richiesto un animo verace, e se talvolta il votato alla scienza lo fa
anche a spese della personalità sua, col rischio che i sentimenti
suoi e gli affetti ne restino compromessi, qui più ancora, e rischio
c'è che l'amore per la vita stessa si rattrappisca, sì è un eroe
quest'uomo e talvolta martire è della fede sua, che però non
s'applica alla speculazione, ti ricerca nell'analogia del
comportamento, imitando il figlio tuo. In “imitatio Christi” c'è
una eroicità estrema, spinta, come per lui fu, fino al sacrificio di
sé per amore dell'unico vero, il dio. Ecco tu e il figlio passati
siete di qui, ed è questo il solo specifico della fede nostra, che
abbiate visitato la vostra umanità. Vi ci siete soffermati per un
tempo breve, qualcuno vi ha notato, qualcuno ha capito e vi è corso
dietro, ma voi tornati siete alla vostra realtà inaccessibile.
Cercava forse lo specifico da voi comunicato, quello da far
conoscere, l'aver voi testimoniato fino al sacrifico della croce che
il dio vuole l'amore radicale fino al peggior nemico delle bagattelle
nostre. Sì, voi siete passati, una traccia avete lasciato, un odore
tenuissimo ormai, ma presente, e vi andiamo dietro e imploriamo:
“trahe nos...
post
te curremus...” e tu non rispondi, ma forse lo fanno i santi tuoi,
Francesco, amoroso drudo tuo sicuro, che t'amò certo nella dolce
Chiara! Ecco, è il tramonto, ombre lunghe si estendono frettolose a
ricoprire ogni cosa e sarà presto la mia notte. E grave è l'onta
d'aver speso la vita in piccinerie che misero m'hanno pur fatto per
carenze morali e fisiche, infelice, schiacciato anche dal peso
dell'incomprensione delle ragioni tue, tanto d'aver invidia dello
stolto, esentato, per il quale hai tenerezza scontata! Io invece ho
poco capito, poco radicata la pianticella mia nell'humus della fede,
presto tutta disfiorata dal male a soffrire dell'incapacità di far
frutto e gettar semi di nuovo, bello e buono nel futuro. Ecco è
questo che m'ha fatto più patire il male, impedirmi l'oltre,
andare con qualcosa di mio verso il futuro. Ché il tempo sta
ripiegando, non s'estende più e più, ma dopo quella morte di croce
si sta rattrappendo, e tutto s'affretta veloce alla conclusione, il
ritorno vostro. Sta portando te all'umanità tua, assetata d'amore,
sta concludendo, sta esaurendo della vita lo scopo. Sta chiudendosi a
nido, un nido d'amore per te e gli amori tuoi. Ché vero mi balena
questa speranza esistendo noi tutti, e io pure, per l'incontro
dell'umanità tutta col figlio tuo, sì tutta, non solo i
sopravvissuti di quell'epoca, ché quelli che a lui avranno creduto,
vivranno! Ecco sono tra la fitta folla degli amori tuoi e sono
ansioso d'amore, di toccarti e stringerti come m'hai anticipato in
tanti sogni. E qui che faccio se non di nuovo e ancora sognare? Sì,
sogno, faccio ancelle della verità, intuizioni, desideri, auspici
dell'anima mia assetata di te. E' questo mio, un tentativo di
balestrarmi, di proiettarmi oltre, certo di caderti tra le braccia
avide di questo cuore, un modo di oppormi al male, a questo che so
ottuso e a quello che si prepara per donarmi a te. Sono le mie tutte
novità per questo cuore, sì, vi aggiungo sempre qualcosa di bello,
di buono, di tuo. Allora non sono misoneista, non sono sclerotizzato,
amo il nuovo che mi avvicina alla comprensione tua e questo cuore mai
ne è pieno. E tu fai lieta questa giovinezza rinnovata! Sai, questa
compagna non è mai sazia d'amore, ma lo vuole nella sola versione
che io so offrirle, uno scenario forse povero, scialbo, ma per lei
tutto. Significa così te, bella del cielo? Tanto, come lei
innamorata, da accogliere di me tutto, le cose dette o fatte come
siano nuovi giochi d'amore? E io della verità che sei percepisco
così, essendo amato, stille di luce e ritengo che tutto ciò che ti
prefiguri, partecipi di quella verità che tu sola sei. Allora ciò
che cerco non è illusione, qui ci sono veri occhi frementi d'amore,
ed essi ne significano altri, perché li raccontano pure, e così io
li so, e convinto resto che anticipino proprio i tuoi, poiché essi
dicono anche qualcos'altro, briciole d'un altro più grande amore,
lasciate cadere sulla scala che a te porta! Non è proprio tutto buio
qui, c'è già un nido con momenti di vero affascinante amore e ne
trascolora di gioia questa mia povera vita. Non è il modo tuo di far
dolcezza a questo vecchio cuore?
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