Talvolta
rimane più semplice, nei rapporti con gli altri, limitarsi alle
frequentazioni solite, i pochi considerati buoni amici, il che è
come aggirarsi nel piccolo “hortus conclusus” del proprio ben
noto. Ma se è vero che il se stessi è il più difficile da
conoscere, e spesso ci si scopre lontani da come la speranza e
l'illusione ci dipingono, si trova il sé nel rapporto il più
aperto, gli altri tutti coinvolgendo in questa ricerca. E conoscersi
è conoscerti. Ma se il rapporto con gli altri è il più esteso,
questo è spesso sì gratificante, ma altra volta perfino oltraggioso
e traumatico, ma se così, sempre permette di meritare quell'abito
nuziale metaforico con cui si riveste l'uomo nuovo, quello della
carità, cioè dell'amore nonostante la scortesia e l'ingratitudine
con cui qui l'arrogante, sprezzante fino al dileggio vile,
insolentisce senza accogliere e capire l'altro che gli offre il suo
prezioso sé. E' storia comune di ogni tempo e luogo, ma permette
d'obbedirti nel comando nuovo, che il figlio tuo ha radicalmente
testimoniato noi amando perfino in chi recalcitra al tuo invito,
cessa di essere uccello dell'azzurro solare per rintanarsi
nell'egoismo suo, che ha la scurità dei recessi tenebrosi e putridi.
E noi dobbiamo imitarlo! Sì noi, che vorremmo essere quelli dei
raduni amichevoli, dei banchetti cordiali, dei lieti conversari,
sperimentiamo così quanto può essere amara la castità dell'amore
offerto a tutti, cioè la propria disponibilità, la propria
benevolenza, la propria amicizia. Ma come in travaglio profondo,
dalla terra nera sale la tenera piantina a dar fiore, che s'apre
giocondo a profumare la via, questa che or ora percorro concreta, e
che tanto somiglia all'erta metaforica della mia vita spirituale,
così la delusione in questa, il dolore che spesso l'accompagna,
fanno bella l'anima mia palpitante ed essa gemma, ché da essa
fresca, inebriante s'espande la tua letizia, che incentiva, rafforza,
in chi la sa recepire, la speranza e la fede. E dall'erta sassosa e
spesso solitaria che si percorre fidenti, ci si sgroviglia dalla
miseria del nostro tempo per farsi aquile delle vette della luce. E
c'è letizia, e tu lo sei, e c'è conforto, e tu lo sei, e c'è
amore, e tu lo sei, e di tutto questo vive lo spirito che qui ha
versato spesso lacrime amare, tentando la via tortuosa dell'amore. Ma
nessuna paura: non ha forse pianto il figlio tuo? E saperlo non
addolcisce le lacrime nostre? Ecco, io continuo così, e dico e dico,
come da pulpito parlassi, come chi dice e spesso non fa, ma in vero
io lo dico dalle strettoie della sofferenza della età mia tarda,
dall'asprezza della mia stessa lotta per la dignità d'uomo che
vorrei conservata, da questa prospettiva che angusta s'è fatta e
teme il dolore e l'abbandono, e che mai vede giorno nuovo veramente
sereno. Io non sono un parolaio dell'amore, io ne vivo la chiamata
aspra e dura qui tra la superficialità e la maldicenza viperina del
vano e dello sciocco! E t'ho cercata, oh quanto t'ho cercata! Senza
limitazioni, senza riposo, in chi nei cenci implora, chi ha fame, ha
sete, chi geme comunque nel dolore, ma anche nell'ingrato,
nell'egoista, disgraziato senza saperlo, in quello della ripulsa,
dell'amore e dell'amicizia negati, non che lì tu sia, in quelle
deficienze, ma in me disposto a non trascurarle, ad accoglierle,
nascosta, ché ne venga fuori dopo il turbamento immancabile
dell'anima al contatto loro, gelido. Ecco, è fiamma quest'amore? Se
sì, deve salire fino a fondersi e palpitare della tua eterna luce,o
se gemma, è fatta per la bella primavera tua divina. E di che
intanto mi conforti? Non conosco che gli occhi di questa piccola
donna. Non sono poco! Ha la virtù della mitezza, della dolcezza,
sono qui tutte le virtù della femmina buona, che trasformano in
lembo di cielo sereno d'azzurro quest'aiola nera, feroce di vita. Non
puoi non essere in lei! Ella t'attrae, ti trascina e tu rimani! E' il
mio restarle accanto, il mio ascoltarla, il mio tentare di tacere, il
mio ripetere quel suo linguaggio misurato e dolce, il mio invitarla
all'amore con la stessa pudicizia sua... Ecco, nella misura in cui io
sono te per lei, lei mi riverbera il tuo stesso amore. Sì in questa
c'è diversa risposta, nella misura in cui tento l'amore, ora mi si
dona. Ché ridono le pupille sue e imparadisano. C'è miracolo più
sublime della donna, non parla di te sempre anche tacendo? E sa
tacere questa donna mia, antitesi mia perfetta!
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