domenica 23 settembre 2012

Il male e la speranza


Ecco, mi chiedo, ha legge il male, cioè segue sue regole arcane nelle manifestazioni sue e segue criterio nella scelta di chi colpire? Ha freno il male, cioè c'è qui chi o che di valido gli si oppone, chi lo conosce a fondo e sa come schermare, far scudo, chi ama e sé? Esiste chi, in onestà scrupolosa, sfrutta tutte le conoscenze attuali e le risorse per prevenirlo o estirparlo, insediato che sia, da corpo o mente? Ha qualche pudore il male, risparmia le età estreme le più indifese ed esposte dalla immaturità o precarietà delle difese di mente e soma? Sì, ha delicatezza con i piccoli e li porta via col minimo dolore e pianto, ha pietà dei vecchi, ne abbrevia rapido le sofferenze? Ha misura, gli si può porre un limite, un freno? No è solo una vergogna lebbrosa quel che fa ed essa divora questo mondo! Ghiaccio fa con i lutti suoi in noi e attorno. E l'uomo potrebbe erigere barriere insormontabili, vegliate da fiere latranti a difesa, non ne avrebbe riparo alcuno. E si illude la paura mia coi pensieri suoi affastellati di far rete grovigliosa attorno al mio cuore a nasconderlo e a proteggerlo. Le sue sono tortuose vie, che da esso uscite, vi tornano, e il male le seguirà ostinato e rabbioso come in labirinto, e raggiungerà al fine la mente prima, tutta sconvolgendola, e poi il corpo devastandolo. E sarà il dolore, poi la fine senza dignità, nell'abbandono forse, di tutto privo fatto, di speranza, d'amore, di te. E tu scovarlo potresti nella laidezza sua turpe, nascosto in scoscendimenti abissali e bui e strapparlo da mente e corpo e ricacciarlo, tappandovelo, nella gehenna da dove esce, ché quella ha bocca grande e spalancata, e non lo fai! Da lì proviene dacché angeli perduti, denudati si sono della bellezza loro per rivestirsene, e ostinati ancor sono, senza il ravvedimento, che in amore muterebbe il tuo perdono, che a quello li invita e ignorarlo vogliono. E, nemici tuoi tuttora, la loro vergogna divora il mondo e l'umana famiglia soggioga e ti strappa e fa dolore al cuor tuo, e finestra ad esso il pianto nostro. Ecco questo il male, veste così gli iridati veli del mito, che nulla aggiunge, nulla spiega, dice e vela. Ma giustificar pare perfino l'umanismo d'oggi, esasperato e disperato, che enfatico nega a te gli attributi di perfezione e onnipotenza e fa dio l'uomo stesso, idealizzato e idolatrato nelle illimitate possibilità sue, in una religione laica e atea, non meno mitica e inconcludente della tradizionale. E poi anche per i novelli pagani c'è il gran nemico, viene e lo segue la malattia, il dolore, la morte. E i nuovi miti, quelli mascherati dal linguaggio scientifico, esasperano la mente e, se debole, fino alla follia, più dei vecchi dal sapore di innocue favole, e lasciano che l'anima, nuda dei sogni suoi, si impantani e le fanno vestir veste sconcia di vigliaccheria, ché fiacca e molle si fa l'esistenza e sta tra anime di edonisti porci, che sono qui molti, sì, di quelli che s'aggrovigliano nel loro sterco e lo dicono piacere. Oppure essa desidera solo imbelle inoperosità, poter non pensare, e svagarsi nel sonno, ché sogni belli talora sono quelli delle polverine, ma che tutta la divorano e il corpo anche. Ecco ancora e ancora il male e fugge intanto la vita, ché tutta la tenebra s'è addensata per impedir che raggio dal cielo tuo la ridesti, la faccia palpitare di speranza e le riaccenda la fiducia. Che fare se la salute non avanza, anzi si rattrappisce tutta, e il cuore singulta lacrime amare? Chi allontanerà la soma spaventosa di cui s'è fatto carico il giovane cuore che abbrutito s'è, mandando in frantumi la dimensione morale e spirituale per gli assordanti miti dell'oggi? Chi lo sgroviglierà dal male, se parlare di valori, di fiducia, di bellezza, di bontà, di cielo, di te, dà noia al solo sentirlo di lontano, come ubbie di generazione sorpassata, che è bene tutta trascorra presto, in quest'epoca in cui tutta s'impenna la materia e lo spirito s'è immeschinito in un aridume di polveroso stantio? Chi se non tu sola! Tu sei in noi, tu sei in me! La salute è in noi! Ma sbrigarci dobbiamo, declina il giorno e forse sarà notte senza lumi! Ecco, qui gli stolti che nulla sanno di te, ma dal motteggiare saputissimo, che, a giudicarlo bene, spuma ignoranza goffa. Tacciano tutti, parlaci tu sola e senza parole umane! Ecco, chiuso di paura è questo cuore, a questa piccola compagna mi stringo, è qui tutta la mia speranza. E' vero che tu non entri nel cuor nostro se spalancata non è la porta e sgombra la via? Ma il figlio tuo entrò anche a porte chiuse e visitò i suoi, allora entra, siediti a questo focolare, che trema deserto senza te. Ecco come già inverno, ma in metafora, ne attizzo la fiamma. E' notte ormai, faville salgono per la cappa alle tue stelle, ma freddo fa, o forse solo io lo avverto intorno, avendolo nel cuore, stretti ci siamo e una coperta sola par poter difendere entrambi, ché la compagna qui rimane, decisa a riscaldarmi. Aspetteremo così senza scambiarci motto, tutta la notte, forse ci addormenteremo e nello stesso sogno saremo, e poi la nostra vita albeggerà forse là dove sei. Oh tu lo voglia!

2 commenti:

  1. Bellissima riflessione e chiusa poetica!!! Complimenti!!!!!!!!!!!

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  2. La tematica trattata rievoca interrogativi vecchi come il mondo, che ansiosamente reclamano, pretendono un'esaudiente risposta. Il male, la sua permissione da parte di un Dio buono e misericordioso, le sue ragioni nascoste nel mito dell'originaria disobbedienza a Dio, una spiegazione che ancor oggi non convince e non colma il baratro angoscioso dischiuso nei nostri cuori; ma se il "perchè" è dubbio, ed avvolto nelle nebbie del mito, la "risposta" al male resta chiara come la luce solare, una risposta unica che esaudisce la molteplicità impressionante dei dubbi e questa è l'incarnazione di Dio stesso attraverso la vergine in colui che ha sperimentato il dolore prima di tutti e giustamente fu proclamato da Isaia: "uomo dei dolori che ben conosce il soffrire".

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