mercoledì 5 settembre 2012

Fin dove può l'amore


Sicuro accadrà, il fascino tuo piegherà il male! Quando? A breve per me e per chi amo spero che anche sia, ma poi. Stanotte, bella riapparsa sei nel mio sogno e tanto vi ti avevo inutile atteso, e t’ho fatto carezza sul viso e tenera hai permesso lo baciassi, così da non poter che continuare a sognarti a occhi aperti. E questo trasognare assai più ingenuo mi fa e sprovveduto qui nel mondo di tutte brutture, ma in compenso credere mi fa che tutto ti sia possibile. Così che il bene da te non possa che divenir suggestivo, piegare tutti a sé, ma anche sanare gli offensori dell’insania loro e, paradosso, così far giustizia a chi ne è stato vittima. Insomma penso che la giustizia tu soddisfi col perdono,"per donum", la sanità ridonando a vittima e carnefice suo. E che a te solo riesca. Ma come? Tenterò di dire quanto ho capito di questo tuo mistero d’amore. Ora il bene, al fine trionfatore, giace avvilito perché selva inestricabile ha qui fatto il male. Qui le radici male si intrecciano, si accavallano, si contrastano e lottano per l’humus e le avvilite, buone, stanno appena e vivono del poco che le prepotenti tralasciano. Così, qui alle pianticelle buone raro permettono rigoglio ed esse mai ben fan cespo, perché contrastate sono anche nella corsa alla luce. Ecco ne fa metafora questo bosco,nei giorni passati il sole e tanto, ora abbondante la pioggia. Ma che se ne giova se non piante già dominatrici? E fuori di metafora, ecco io ti vedo benefica nutrire questi tuoi figli tristi, indocili, e forse vi hai più premura, pensandoli malati, e vero lo sono, insanabili, e della malattia dell’egoismo, forse la più dura e chiusa, perché tutto riferisce al singolo con palese danno dell’altro, nella cupidigia d’accaparramento prepotente.
Sbagli in tanta dedizione premurosa, sciupi del tuo per l’immeritevole palese? Ma è giudizio umano questo e troppo oso perché mai figlio del padre o della madre credere dovrebbe che ombra ne veli l’operato. Così il male anche si insinua e quest’audacia è pretesa folle di giudicarti. Tu certo non erri coi figli tuoi, sai che hanno inclinazioni diverse e il futuro loro ne resterà condizionato, pur offri a tutti uguale dedizione, affinché ben partano, poi sarà che alcuni camminino verso il bene, altri si perdano per le boscaglie del male, asservendosi alla morte, la loro certo, e quella del fratello, desiderandola dall’invidia loro accesa, e attuandola per perfidia. Ma ecco pur questo è solo giudizio umano, qual sia la sorte loro tu ne anticipi per vie misteriose la comprensione e il perdono, ma per elargir dell’amore la tenerezza pretenderai il ravvedimento, ma anche lo renderai possibile. E perché lo dico? Io amarti non potrei se non ravveduto col pianto delle scorrettezze mie, che di te schermo farebbero. Ma tu mi vuoi in contraccambio d’amore,e forte ne è il desiderio tuo che inappagato non può restare, perché vero m’ami! Ed è fondato questo mio argomentare, penso che a tutti accadrà quello che già qui io ho sperimentato, è solo psicologia simpatetica in fondo, sono uomo innamorato e all’amata ho chiesto perdono delle difalte mie, e questa m’ha dato l’empatia sua, e a tutti la darà, quando richiesta. Ecco, vengono su dallo stesso humus pianticelle di grano e di loglio. Difficile è distinguerle mo mo nate, e poi sarà un inestricabile groviglio di radici e non ne sarà possibile la separazione senza danno delle buone. Ma al momento della mietitura sarà la diversità delle spighe loro a permetterne la distinzione, e il mietitore accorto a colpo d’occhio potrà separarle nel manipolo. Metafora è questa di quello che qui accade, ma mentre il mietitore umano non avrà interesse a conservare le spighe dannose alla buona qualità della farina che ricaverà alla macina e le separa per bruciarle, farai tu di simile? E non hai forse avuto un’apparente predilezione per i tristi e i ribelli, pensandoli solo figli malati, bisognosi di più premura? Certo, allora non ti contraddirai e dovrai sanarli, mutarli! Arduo, impossibile compito se umano, ma non per il dio, per te, che hai dato la vita al mondo bruto. E allora la parabola del ben accorto mietitore forse si precisa così: state attenti all’abisso di fuoco della gehenna sempre spalancato sul nulla, duro è pentirsi, duro ravvedersi, duro è salvarvi, se vi ci cacciate! Io forse non so ben esprimermi e ho metafore poco acconcie, ma vedrei te, sole, irradiare luce e calore e inondarne questi trapassati malati, anche della rugiada del tuo pianto. Questi sono ora qui già morti e camminano sull’orlo del nulla ignari per ora del rischio. Ma tu alla fine li sanerai, strappandoli all’abisso vorace, o meglio li resusciterai come già tuo figlio, che col pianto ottenne che Lazzaro tornasse, “qui vocatus est a monumento fetido”.
E di noi? Non hai forse temuto per la sorte nostra di figli incauti e ingenui troppo, da poter esser divelti, scerpati per sacrilega mano e i nostri umili fiori sciupati al vento ottuso e noi rimanerne disfiorati? Ché danno, malattia e morte al fine ci hanno pur raggiunto! Sì, tante, troppe volte hai perduto nella cura di questi altri figli, un dramma che si svolge in un arruffo di ombre e pianto. Ma ben le pupille nostre, rese pure dal lavacro del dolore, dovranno vederti, amore che perdona! E il loglio pure sarà raccolto e mutato in buon grano per i granai del cielo! Perché quando tutti i segreti dei cuori saranno palesi chi potrà dirsi puro? Tutti dovremo mendicarti perdono! Ecco il tuo avvenire di solo bene s’appresta, era lontano e s’è fatto immediato. Chi gli resisterà? Si compie la speranza e già ne mostra balenii di bene all’orizzonte. Ecco, lascio questa vita, forse mal spesa e già trascolora nella tua beata. Che più temerò se la gehenna stessa tutta svuotata degli abbruciacchiati suoi sta per essere? E’ ingiusto? Ma l’amore scorda la giustizia, o meglio la attua secondo le ragioni sue e nulla è superiore all’amore! E io voglio da quest’amore l’impossibile: sì, grida che ami il tuo più brutto! Eccomi sto brutto tra le erbacce sterili, ma ho sperato, t’ho sospirato e amato nelle donne tutte e in questa tutta speciale t’ho creduto raggiunta.
Basterà perché ti ricordi di me?

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