mercoledì 26 settembre 2012

Cercar l'anima


Che dire della mia vita spirituale? E' così come quanto c'è di bello in ogni altra vita, perché tu hai donato, oltre al perdono, a questo cuore primizie dell'amor tuo. E la vita psicologica ne riceve olio perché la lampada sua arda tranquilla e sicura, ché la so da quella protetta. Ma poi tante dello stare qui le occasioni per agitarla, perché le orecchie ho assordate e le pupille stanche, che invano serro e quelle tappo, perché rumorose immagini truci di malevolenze gratuite, ilarità feroci, tradimenti infami, vendette sproporzionate, odio mortifero, spumeggia l'egoismo più scuro che nessuno esenta, e c'è chi ne grida nel pianto suo, ma ormai senza più voce! E fragile è quest'involucro e scricchiola e paurosamente, eppure mi ci agito dentro! Non conosce vera pace questo cuore e la gioia, ecco io non so più ritrovarla e mi tace la speranza, ogni speranza. E povera s'è fatta quest'anima e s'è in sé rattrappita e io non so più d'averla e non so più che sia! Ricordi la risposta che seppi dare alla bambinetta mia, che di sapere che è mi chiedeva? Io le osservai che ora s'era fatta di merenda e che certo fame le era venuta, e che ella s'aspettava che qualcosa di gustoso le preparassi, la mamma essendo lontana. Le dissi che se vero fame aveva come pensavo, era quella la voce del corpo che reclamava il suo dovuto, ma dall'anima veniva il bene per la mamma e me, che certo anche in quel momento sentiva. E a me stesso ripetei che mai avrei deluso dall'amor mio le aspettative della piccola, che più dell'occasionale buona merenda mi richiedeva. Vi riuscii poi? Forse da tante cure preso, devo averla trascurata e così delusa e pur non me lo dice, ha pietà di questo padre mancato? Ma forse non sa, vergogna ho che così possa essere stato! Vorrei dirle e non so come, e non so quando, e non so se, ché d'esser troppo oso temo. Ma allora quella mia risposta le bastò. Ma se lo chiedesse ora le darei risposta soddisfacente? E a me stesso tento risposta dalla fede. Quando tutto per me s'oscurerà e sparirà nel buio, invano la pupilla del corpo cercando la luce, s'aprirà avida la pupilla dell'anima a cercar quella nuova luce che da te viene o che tu sola sei, e che ora, per quanti sforzi io faccia, con quella fisica non so vedere, se non forse solo, illuso, talora in sogni antelucani, che però detti son presagire il vero. E quel giorno sarà un meriggio di luce e delle notti fonde di qui scialbo il ricordo. Un giorno natalizio ché da te nascerò nel mondo dell'amore. Queste le aspettative mie e più oltre questa mente non sa andare, si perde nel mito e crea mito, e, se quello piace, è momentanea consolazione, ma resta il problema del male, dell'esserci ritrovati qui nell'assurdo, gettati in questo spazio, enorme e angusto allo stesso tempo, ché risposte non dà, e nel tempo che accumula dolore e alla morte e al nulla ci vuol spingere. Ma che senso ha, tutto quest'affannarsi di viventi e di cose, perché è, se il nulla minaccia di inghiottire il tutto? Si dice, tutto è destinato ad altro, si muta, evolve in altro,prepara, è causa d'altro destino, e così in una lunghissima teoria d'eventi finché il tempo dura. Ma allora c'è un senso, questa mia vita, questo mio gioire scarso e patire tanto servono pur a qualcosa, preparano altro! E come se una mia cellula si chiedesse: e io che ci faccio qui? E si rispondesse: sto perché altre vivano o mi subentrino, morta che sarò. Ma le sfuggirebbe che è, sta per il tutto, perché viva l'organismo tutto, scopo comune alle altre cellule tutte. E' come dire io sto perché la realtà viva di me, anche grazie a me. E perché allora questo dire, questo concludere avrebbe dignità, non saprebbe di favola, mentre pensare a te, bella del cielo, è sicura ingenuità, calarsi, vivere nel mito e del mito? Io potrei dire, sto per l'amore della bella, che senza me proprio non vive! E me ne prende vertigine, ché più oltre andar vero non so, ma incentivo ne ho in mezzo a questa natura innamorata, e non sa di chi e non sa perché, a guardarmi dentro, fuori i crucci cacciando e lasciandoveli, o sperando di poterlo fare, e le tristezze loro. Perché se anima ho, se ne sta velata da brumosi veli, dispetta, nascosta in una latebra, ma le palpita primavera nei sogni suoi e si lascerà così scovare. Ecco ritroverò l'intimo mio più recondito, il vero me, quello che è capace di avvertirti e godere della presenza tua misteriosa, è quella l'anima mia! Ritrovare me stesso e te in esso è un tutt'uno! Uno il compito, una sola l'impresa ardua, e se esso trovo, è te che trovo, e se te, è l'anima mia che avrò riscoperta! Tu sei la vita della vita mia tutta, e se tu più non la sostieni essa muore tutta, ogni mia vita, ogni coscienza di essere ed esserci qui nel mondo delle apparenze brucianti o là nel mondo promesso e anticipato nel sogno, quello della pace e della gioia. Morte è ogni altra cosa e quando pur'essa morirà, ché tu la vincerai al fine, quest'aridità che deserto mi fa talvolta dentro e fuori, fiorirà. Eccoci allora tutti fiorellini del tuo prato e ci sono gli amori tutti e i miei perdonati e io stesso, che lo sono stato per qualcuno, mutato, e questa mia donna perla fatta. Attendiamo tutti il vento che scenda dalle vette del cielo, vento amoroso che rechi polline fecondo di vita, la tua immutabile. E mi torna l'immagine di te giardiniera che ti chini a farci bere, a curarci, ad accarezzarci...Sì, proprio non mi riesce di non sognarti!

1 commento:

  1. Il corpo come simulacro mortale dell'anima, involucro in cui lo spirito angosciato si agita e cerca invano appaga-mento in beni materiali che non gli appartengono affatto. Esistono per l'autore, nostalgico di un passato mai com-piuto: la fame del corpo volta a cose effimere e quella dell'anima volta all'eternità.Immagini dell'infanzia riemer-gono, dolci a coronare il sogno. Verrà il momento in cui nella tenebra della morte la pupilla si dischiuderà sulle cose metafisiche ed in quell'ora il sogno si farà realtà, la dicotomia tra realtà e sogno, desiderio svanirà come quella tra corpo ed anima, perchè ciò che appare è illusione e solo lo spirito è reale.

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