mercoledì 30 maggio 2012

Ansia del futuro

Tu la vita sei e ovunque tu vada la difendi e diffondi e mi piace immaginare che se tu qui i passi avviassi per il selciato di questo stradello che da qui su sale, dalle tue orme verrebbero erbette tenere e fiorellini di campo e che se su questo cespuglio, or già spoglio, indugiassi lo sguardo, questo foglioline novelle rigenererebbe d’incanto e ne spunterebbero fiori, quelli belli del cisto bianco e gli ancora più grandi fucsia a far la mia meraviglia, sempre disposto all’incanto. E io non so meglio definire queste conseguenze della presenza tua, che come miracolo d’amore e te stessa come amore, anzi amore dell’amore, il mio. Sono queste le mie parole per te d’ostinato corteggiamento, prologo al tuo amore agognato, e come il merlo fa di sé desiderio dell’uva matura, mi faccio tutto di te. E ora m’aspetto che tu venga, illuso amante, che crede che i forse della donna sua, sì di certezza significhino. Credo però che alcuno vada da chi sa che per esso poca stima quello abbia e accoglierlo non potrebbe con cordialità desiderata. Ma tu sai quanta premura da schietto amante affettuoso avrei per te e che mi struggo dalla nostalgia il cuore. Ecco se vieni qui bambina, sono bambino con te. Se vaga adolescente dai sogni grandi, io lo sono in quelli. Ma se vieni qui matura con qualche filo bianco tra i neri tuoi capelli e una rughetta appena sul candido viso, ti accoglierò qual sono, tutti i miei bianchi e radi e rughe tante sul mio, invecchiato d’anni e d’attesa di te, mio agognato bene. E se questo vero accadesse molte cose da dirti avrei, ché non solo scambieremmo i sogni avuti già bambini e giovinetti, ma le illusioni e le amarezze da adulti di una vita tutta spesa a cercarci. Sì, ho questa speranza segreta di incontro imminente, celata finora in questo vecchio bizzarro cuore e nella preghiera evito di dirti le mie parole, le sue segrete, quelle che allora ti direi, e prediligo quella formale nella lingua sacra in cui le parole significative hanno pure un suono fascinoso. Ti piacciono o, assetata di me, le tante delle lamentele mie preferisci? Ma per queste dovrai venire!
Sono quelle che solo possono dirsi all’altro de visu, da cuore a cuore. Sai che t’aprirò l’anima come vecchi amici fanno, che hanno da condividere vecchie storie d’attesa e solitudine avendoli la vita strana fino allora privati di reciproco conforto. Allora ti prego di non passare di sfuggita come veruna simpatia avessi per i miei goffi tentativi di dir favole apologetiche sulla fede a far meraviglia di immaginari uditori femmina della nostra storia. Né venire in forma inapparente, come fa questa brezza dal mare, viene , carezza volti e fiori e va, e non la puoi vedere. Ecco, agogno sì le tue carezze, ma solo la parola amore dirti potrei a quella frettolosa visita! Ma forse è molto, è tutto questa parola! Troppe parole ho in anni affidato a vento pietoso che le portasse alle tue orecchie attente alle ansie mie. Ma se questo deve essere, che tu venga poco o per nulla vista, fa che accada con la compagna dolce presente, ché qui talora or m’accompagna gelosa un po’ delle tante amiche che qui dico di avere , magnificando i miei brevi rispettosi incontri con le donne di qui. E oso sognare come ci accadrebbe... Ecco vento fa l’ala tua su i nostri visi inebriati dal tuo odore. E’ frescura questa, ma pure le nostre vite arresta come sol gelo farebbe, ché tu venuta a prenderci sei. Ecco, tu la vita, eppure ora angelo della morte! A meno che non di morte si tratti ma di trapasso di vita altrove. Sì, una morte non morte! E ora sonno d’assopimento ci prende e gli occhi fan delle palpebre solecchio alla tua luce. E guardo la compagna e le sorrido ché non si impauri e quella ne resta rassicurata, ma a me stretta vuol stare. Sa come me che quest’ultimo vissuto è un tuo dono, è amore ancora. Sì, stanchi siamo del viaggio e ci inviti a un riposo dolce. E’ un trapasso d’ombra. Ora la gettiamo come al tramonto su questo prato, ma ecco già in quello dei cieli quella s’estende. E vero è tramonto per noi ma, le dico, è già aurora! Il nostro mattino! E ancora, ascolta, s’allontana per noi il frastuono delle ore, lasciami udirti pronunciare dolce il mio nome, io ripeto e ripeto il dolcissimo tuo, un mio modo di chiamar la bella signora del tempo, qui in veste di luce. Non vedi la sua forma gentile venirci incontro, donna fascinosa? Ella è tutta un velo d’alabastro e non ne vediamo che confusa trasparenza e vi rosseggia un fuoco, è il suo cuore, il suo per noi due soli!
Ecco sol questo le direi in quel colloquio lungo e breve per rassicurarla e invitarla a fidarsi a lasciarsi andare per ritrovarci, lì tra le stelle, ché saresti venuta per coglierci e l’ansia del futuro convertire nell’alba radiosa che inonda i giardini tuoi che fiori ci attendono! Ecco queste le mie parole per lei, per te, son solo fonemi ormai ma di favole, favole per donne come la mia, piccole innamorate dei maschi loro,e mi chiedo, sono inutile orpello o davvero garantite come d’oro siano, ché vero piaciute alla fata che sempre vi fa capolino?

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