venerdì 1 giugno 2012

Amore il tuo

Tu hai naturale la tendenza a colmare le lacune d’amore e sanare le ferite che lascia a cuore deluso. Ecco, accade nell’amore non corrisposto o in difetto d’amore atteso, quando sì subentra profonda l’amarezza di dover subire il manco di bene, ma tu pronta vi supplisci non solo consolando la passione tormentosa o follia d’amore, ma lasciando capire chiaro che l’amore ultimo, vero appagante, cui tendere e da ricambiare, non è, se adolescenti per le eterne pargolette leziose più innamorate dei sogni loro e vaghe quanto in quelli le eroine loro, se uomini divenuti per donne senza più sogni, dure nel cuore loro disincantato, ma quello per te sola, ché in ogni epoca di vita nostro destino d’amore sei. E l’amore è paradosso, ché tu sei l’eterna innamorata e quando crediamo d’averlo perso, tu già sei subentrata all’affetto perduto, e il manco di bene s’è risolto in guadagno d’affetto così come il dolore della perdita, nella gioia del ritrovamento del bene, che ci viene accresciuto, misura colma e scossa. Sì, l’accaduto ci ha lasciati dispetti e scuri e il dolore ha insidiato l’umana capacità di recepire il bello, il bene, il divino perfino, che invero mai ci abbandona, ma poi la presenza tua ha fatto carezza ed è stata recepita palese e caldi raggi hanno inondato il cuore, capiti, percepiti al fine, e quando le lacrime più schermo non hanno fatto all’avida pupilla, ecco tua la luce inondare e con quella la pace e poi la gioia. E la risposta mancata, attesa trepidamente, s’è centuplicata al fine, ché tu hai risposto generosa al richiamo nostro disperato, ché te chiamavamo, quel nome pronunciando ossessivo, senza saperlo. Ecco noi siamo sempre amati e non lo sappiamo, e ci vediamo nell’abbandono! Ma come tentar posso di dire l’inesprimibile, l’avvertir dell’anima quello che sei per essa nella carenza e come capace diventi essa di consapevolezza del tuo supplire al bene che le manca, al bello che agogna, ma che tu sola significhi, e al buono che donarle vuoi generosa dalle mani tue d’oro? Tenterò di dirlo per metafora, sentendola in me dono mirifico e non trovando acconcie parole! E pur dico. Qui talvolta fiore nasce tra gli sterpi, ma questi prevalgono col rigoglio loro selvaggio e soffocano l’umile pianticella che lo reca e quello pur fascinoso langue. Nessuno godrà della bellezza sua, né si inebrierà degli effluvi suoi. Non visto, non goduto altrimenti, triste destino ha ed è pur bello! Così è l’amore mancato, proposto e non accolto, una bellezza fine che perdere s’è dovuta per incapacità di apprezzamento e nella banalità del rifiuto, ché banalità è ogni male. Una cosa rara, di per sé degna di considerazione, negata dalla superficialità e insensibilità comuni qui nel mondo dei tanti luccichii e delle apparenze false, idoli, specchi del nulla. Ecco, cosa da far meraviglia, che possa pur qui accadere rara, come la fa fiore bianco che nasca da terra tutta nera, cosa trascurata, denigrata perfino da chi, insipiente o sciocco, non può commuoversi, tanto la grossolanità e la volgarità l’hanno coinvolto, nemmeno di fronte al miracolo. E che è l’amore se non miracolo in una terra grama che nega il bello e il buono, il bene trascura per il brutto e il cattivo? Ma come fa lampada, se candela o lume ne alimenti la fiammella, che consuma se stessa, cera od olio, ardendo, quindi vivendo, così l’amore arde e s’estingue se non raccolto e alimentato, pur luce e calore mandando a insensibile buio. Ma occhi vi sono, e sono i tuoi belli, che prezioso lo giudicano e per sé lo vogliono! E seme giace nella terra umida e fertile e decide di morire nel suo nascondimento, sacrifica sé per il sole, ché l’umile pianta che ne vivrà stendere possa le foglioline sue novelle al caldo afflato dei raggi del giorno, così l’amore in travagliosa solitudine riceve dell’humus divino per trasformarsi e farsi idoneo alla tua luce e al calore, che sono il vero amore. Muore l’amore per l’amore! Ecco tornano le proporzioni giuste, nulla è a torto magnificato come nell’amore offerto a persona indegna, vista grande da falsa prospettiva, e al dolore umiliante e cocente del rifiuto da parte sua, è subentrato un bene, una completezza nella dolcezza, una meraviglia nella letizia, e alla prova di un’ora amara, la gioia di occhi ridenti, che difronte stanno per noi soli. Ecco, la corrente della gora ci aveva portati in basso sotto occhi miopi e malevoli, ma tu hai permesso ci liberassimo da quel mondo di talpe, sotto fangosa, angosciosa suggestione. C’è per l’anima provata una dolcezza nuova, la notte scura è finita ed essa corre ad azzurrarsi nel tuo cielo, festosa al tuo invito d’amore e se altra notte sarà, miriadi di stelle vi verranno a far incanto! Ché le dici: sali su serena e fidente, vola a me anima mia, io t’attendo, sono io l’amore! E come talvolta il confuso esploratore di un prato non sa risolversi a cogliere fiore tra fiori tutti belli, ma che insoddisfatto lo lasciano ché di uno particolare sa d’essere in cerca e non sa definire che voglia, e poi l’attrae umile margherita di fulgida bellezza, così tu, perla inestimabile, lasci che lo sprovveduto amante ti colga nel tempo propizio all’amore, come questo è. E m’è accaduto e mi accade! Ecco, tu compensi l’attesa, se quello, come amante incerto della scelta, spende deluso pur tra tanta bellezza il suo tempo, e tu d’accorgersi gli permetti dell’umile fiorellino di campo, discreto, piccolo, ma fascinoso e quando ormai dispera d’appagamento, nato lì lì per lui proprio vuoi lo scopra nella meraviglia! E così, per me solo, un fiorellino è pur spuntato per questo amante insoddisfatto, è se stesso e te a un tempo, indicibile mistero di vita che al tuo mondo attinga. E vive appena, di poco si contenta, luce poca ne giunge e humus per esso, e viene la brezza dal mare, bacia vistosi fiori sgargianti nei colori loro magnifici e non nega carezza a impettiti papaveri perfino, ma al bel fiorellino prediletto l’afflato suo dolce riserva e io l’umile bella margherita scelgo e così te ho colto!

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