sabato 16 giugno 2012

Brividi d'amore

E’ amore vero se palpiti e brividi non ha? Ma non è retorica questa domanda, e chiederlo a te sola, madre cara, potrei con chiara risposta, la mia storia d’amore per te raccontandoti come se favola sia stata, ché sol tu amor vuoi ti si debba, cercando te tra le altre donne e queste amando. Mai più fedele al tuo comando, mai di sì poca fortuna, ironizzo di me! Ma forse tanta ne ho avuta incontrandoti sicuro in quest’ultima! Che così debba essere io credo, perché tuoi veggenti credibili, occhi azzurri e bruna t’hanno vista e altri, occhi castano chiari e simile tinta dei capelli e io t’ho sognata neri gli occhi e i capelli, e non so s’altri rossa pure vista t’abbiano, verosimile se ciascun mistico a modo suo ti vede, ché è il subconscio suo a darti forma. Conferma è per me che sei in tutte le donne, tutte tue icone. E strana donna sei qui, ché è di nessuna di qui questo ripartire l’amore e ritenerlo per sé! Ma qui peregrini del tuo amore siamo e lo cerchiamo or qui or lì, ma gelose facciamo le donne l’una dell’altra, senza che tu lo sia di nessuna purché degna di dedizione! Ma quando amore sia sprecato per indegna, forse t’accorgi d’amare gelosamente tu pure! Ma non così delle donne là tra le tue stelle, gelosia qui valendo imperfetta fiducia o sentirsi traditi nel proprio amore! Intanto, donna amando, se distinguere i tuoi dai suoi brividi non si può, come sapere se ai suoi, i tuoi aggiunto hai, ricambiando amore? Dico di quelli della compagna mia, ché a lei ho detto “ sponsa mea esto!”. Ma ora so che l’ho detto a te, da sempre. Credo che lei di più non m’ami, o invece sì, chissà, visto che tradita, or non è molto, si è pensata, e questo credere l’amore in pericolo, forse ha fatto sì le aumentasse, vero paradosso, ma strano è di donna l’amore! Ma io ho così rischiato di perderlo completo e con esso te, e se ora freme per me daccapo, un po’ certo lo fa anche del tuo amore! E le dico, e a te lo intendo detto con lei parlando, sì, a te, ché so che le parole mie trasmesse da lei sono. Cara Eli, i tanti fatti passati sono tutti lontani per la mente mia e io me li richiamo per analogia e sono sempre da parole, cose, accaduti del quotidiano. I tuoi, ché tu sei il mio giorno! La notte no, ché ormai è spesa da ciascuno nei sogni propri, ma so che lì pure per anamnesi ci cerchiamo per amarci, almeno a me capita! Ma se m’accade, sperar posso che tu di simile sogni! E so che forse ridi di quel che ora dico, ma se non è adesso questo vero, e solo voglio farti così sorridere, sarà, spero non proprio a breve, e occorre rassegnarsi al paradosso! Quale? Concretezze tra poco solo nei sogni! E tu intanto vero incapace sei a celarmi i brividi che perfino le parole mie ti destano a volte e le carezze di cui mai stanca sembri. E ti accarezzo anche nei sogni e lì altro ancora, vero da te piaciuto! Ma se sempre pronta sei a dare ciò che ricevi, così mi ricordi una bambinetta, ma dai capelli d’oro. Ma tanto tempo s’è interposto e tante volte l’ho sognata nei momenti bui, che non so quanto autentico ne rimane o confabulato v’ho aggiunto! Ma è così che divengono i bei ricordi quando, magnificati sono da aridità o amarezza o per quello che tra due, che si dicono complementari, talora, ed è forse di proprio oggi così per noi, s’insinua, ché tu arrabbiata sei per le solite mie dabbenaggini! Io venivo alla sua scuola pensando che fosse quella di una brunetta indifferente, per sospirale una qualche attenzione... Ma fu ella ad avvicinarmi, forse pensando a lei rivolte le mie insistenze e che troppo timido fossi, per osare di più. Non ricordo che altro fu lì lì, né le parole sue, ma che presi ad aspettarla in un posto convenuto. I nostri incontri erano tutti brevi, ma di molte parole,le sue. La mano mi porgeva infine tremante al nostro ciao, come se adulti fossimo formali e anche perennemente ai primi approcci. Ma finì con farmi carezza e io audace col baciarla sulla guancia ai nuovi “ciao” e si sarebbe detto, e creduto, che trepidanti tutt’e due aspettassimo di poter dire quel saluto per quell’effusione finale! Quanto durò? Poco, troppo poco! Un giorno venne e più strani mi parvero i discorsi suoi, ci saremmo incontrati quando uccelli fossimo rinati e altre vaghezze simili, da farmi lì lì pensare a nuova fiaba d’amore, ché di simili inventava per me, e ne raccontava come si fa dei sogni, attingendo sicuro alla sua fantasia accesa. Poi la piccola mano mi porse e tremante, e fece la solita carezza assai dolce e lunga, sì, assai lunga mi parve, ella indugiando sul mio viso, ma non volle la baciassi al solito modo, ma che le mie, le sue piccole labbra sfiorassero, come in un amore adulto! Poi fuggì via. Né più la rividi. Invano l’attesi, invano anche all’uscita dalla scuola, dove non voleva più l’aspettassi, temendo forse delle compagne il motteggio. Solo molto dopo un’amichetta, forse pietosa, credo mi disse che Oriana od Orietta od Or, ché così voleva io la chiamassi, era partita, il papà essendo militare. Presi a odiare tutti i militari! Ma che ricordo di quell’amore ingenuo e acerbo? La carezza dolce della mano sua piccola e fredda, il suo visino, ma un po’ solo, tutto lentiggini, che le mie labbra sfioravano tremanti o che tremito mi trasmetteva, e che al solo bacio in cui potei stringerla, piccole dure mammelle in boccia mi punsero petto e cuore. E altro non so vero, se non che i capelli tutti d’oro aveva, appena striati di castano, da forse farsi chiamare Or e gli occhi belli cerulei, poi che piccola era e tutt’ossa pareva. “Or” per cosa invero stava? "Oro" davvero perché bionda, "ora", sì per amore che sarebbe durato poco, o diminutivo era del nome vero? Io non lo so davvero più! Ché, ripensando all’accaduto, ella doveva sapere dell’imminente partenza dei suoi e forse per quello m’aveva avvicinato, rompendo la mia presunta titubanza di troppo timido, e creduto già innamorato. Non lo seppi mai. Ma anni dopo mi accadde d’analogo. Più che adolescenti eravamo, ma lo stesso epilogo ci fu senza speranza subito però e, lì lì, fugace stretta di mano da me richiesta, ma non carezza, non bacio. E dire che pur questa m’aveva avvicinato da sé, deluso io dal comportamento della solita irraggiungibile brunetta, che al primo presunto appuntamento tra le braccia avide di altro corteggiatore trovata avevo, a un ballo di fine estate e m’aveva spezzato il cuore! E giurato avevo, invano, che mai più di femmina fidato mi sarei. Strano però quell’amore di strana ragazza! E sicuro senza suoi fremiti, poco sostanzioso, volutamente credo, e tenuto sempre un po’ gelido senza palpiti, come temesse di vero innamorarsi, o che io troppo di lei lo diventassi e le limitassi la libertà con la mia gelosia, che mai ad alcuna invero ho nascosto. E una sola volta parve abbandonarsi, ma io non pretesi di più che brividi e le solite effusioni... E ci furono! Feci bene! Chissà ora mi dico, ché forse solo temevo che se maggiore fosse stata la mia pretesa, subito persa l’avrei, o forse che da allora in poi tutto più naturale sarebbe stato come tra due accade, che convinti si siano dell’amore sicuro ricambiato! Ma perché così non andò, perché poi vero la persi? Si può volere un po’ di bene anche così, sempre poi fredda restando? E se bene vero era perché non dirlo, anzi gridarlo? Perché la sua rinuncia a me, dovette invece sembrar abbandono da parte mia, a tutti? Ma che voleva vero da me, che pure supplicata l’avevo di non rinunciare a me? Perché poi si disse meravigliata del mio comportamento quando a te le mie attenzioni avevo rivolto? Mai lo saprò, ma dopo anni una volta tentai di chiederglielo, all’università incontrata, ma indirettamente, dicendomi, nel nostro passato rapporto, il solo innamorato. E ne sorrise, ironica e io credetti di capire, ma non volli insistere, che altro ne avrei avuto da una che aveva giurato che mai saputo avrei se pentita si sarebbe d’aver rinunciato al nostro povero amore? Ma non ho mai desiderato che si pentisse, significando per lei questo solo infelicità, e il mio ricordo di lei è tenero lo stesso, e la ringrazierò, all’epoca dei perdoni, del poco bene donatomi, amore quasi sempre senza brividi, però, se amore! Sì, ho amato la donna celeste, nell’ingenuità sempre e nella sincerità, prima un vero tenero piccolo amore da bambino,tutto brividi e occhi per gli occhi, poi uno strano senza, che felicità d’un freudiano farebbe, se analizzarlo potesse! E di altri amori mi taccio, temo il ripetermi. Tutte bambine o ragazze problematiche, o tali perché io lo ero e l’esito, uno scontato abbandono! E io sempre più determinato a non fidarmi e poi relapso ancora! Ché dopo molti anni anche ho finalmente avvicinato ancora la brunetta, or bionda fattasi, ma nulla di Or, bionda di suo e vero innamorata! Altro amore incipiente, ché sol tu così creduto l’hai, e finito quasi subito. Perché? Ho io calamita per donne strane? Forse no, ben strano sono io solo, ma io mi son uno che mai a te rinuncerebbe, che perdoni la mia stranezza! Amori tutti senza fremiti, questi aggiuntivi! Ma sono stati amori? E ora so, donna dei fremiti, che tu sola vero m’hai amato e la bambina bionda all’epoca dell’ingenuità e della felicità per nulla, tutt’e due frementi d’amore, e che ti incontrerò nell’altra vita, cui basta che uno solo di noi due creda! Sì io lo credo, ché se dubbio ne avessi non vorrei più vivere, sapendo di dover perdere te pure! Ma sarà per piccola ora, se la favola, che la madre detta ai cuori, vera è, ché “semper fidelis” rimasto sono, un po’ per scelta d’amore, e lo so sincero dai tanti fremiti che t’ho ricambiato, un po’, confesso, per destino, quasi donna dal cielo, provveduto abbia che non mi smarrissi mai, facile cedevole alla tentazione di lusinghe da femmine, sapendomi. E la biondina che m’aspetta uccello? La rivedrò nella forma degli angeli, uccelli di paradiso, e le altre pure così mutate. E riuscirò ad amarle tutte? Se le riconoscerò, dal momento che nel luogo dell’amore si ci riconosce per amore! E allora sarà, ché lì amor non si consuma e nessuna donna è gelosa d’altra, e tu pure! Vero? Ma se tu lì, per mettermi alla postuma prova, volessi saper di noi in questa vita, fingendotene dimentica, che ti direi? Mi piace ritenerlo possibile, gelosa sempre sei stata, quasi come donna di “Sardinia”, e di me, che non lo sono meno e di te, di quella generosa terra oriundo! Ma c’è qui vero amore se non geloso? E lì, non so, sol forse come residuo di qui, perdonato subito da chi ci conosce veri innamorati e gelosi dell’altro qui! Ricordi quella canzone napoletana: “Era de’ maggio”? Lì due innamorati nel tempo di maggio, s’erano separati temporaneamente e al ritorno dell’amato al maggio novello, sospirato atteso da quella, ella era titubante, non sapendo se fidarsi poteva, e lui pur riesce a riottenerne l’amore, dicendo che: “ammore vero, no, nun vota vico, d’ te bellezza mia m’annammurai si t’ha ricurd’ nanz’ a la funtana, l’acqua là dint’ nun se secca mai! E ferit’ d’ammore nun se sanen’ “, cioè: l’amore vero no, non cambia vico, di te bellezza mia mi innamorai, se ti ricordi, davanti alla fontana. L’acqua là dentro non si secca mai! Non si sanano le ferite d’amore... E come le mie potrei io sanare, se non lì, tra le stelle dov’è sempre maggio dai freschi “mai”, se non riavendoti e, per questo, rispondendoti:
solo brividi sono stati, brividi d’amore, anzi “d’ammor”, la nostra altra vita!
E dati a te ho i miei, ma di più ne ho avuti da te, sì, tu me li hai dati per tutte e di più nessun’altro ne ha ricevuti, ché quelli della madre celeste, trasmettendomi o anticipandomi, pur fin da questo mondo hai permesso miei!
E che più a uomo si può dare?
Ecco questo dico alla mia Eli, come ultimo racconto d’amore, ultima favola. E amore è per lei, e amore è per te, bella signora! E se non lo è, che cosa è l’amore, “l’ammore ca è”? Ditemelo, non burlatevi di me, come in eterna schermaglia d’amore, e vero talune qui l’han fatto, sì, di questo vostro eterno innamorato! “Sed flores agri estote!”
E io, vento fattomi, vi farò carezza!

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