giovedì 7 giugno 2012

La santità

Il mondo, la realtà in cui siamo immersi, ha una rappresentazione dicotomica in ognuno, come se di due realtà antitetiche si tratti e chiamiamo l’una bene,l’altra parte male. E quanto vi facciamo scrive per la coscienza nostra del nuovo per l’una o vi sottrae per l’altra, ma v’è di più. Ché in questa rappresentazione soggettiva quanto vi modifichiamo, resta, o agendo in concreto nel mondo di cui essa è immagine, illustrazione, e così l’interpretazione adattiamo e aggiorniamo, ché il brutto aggiunto immiserisce e il bene arricchisce ciò che ci circonda, oppure anche solo sperandolo, promuovendolo, in qualche modo suggerendolo se di bene si tratta o di simile comportandosi nella malizia. Ché anche ciò che parte dall’animo nostro, dai nostri propositi, dalle nostre intenzioni, si proietta comunque nella realtà con conseguenze di bene o di male oggettive, non illusorie, di cui coscienza prendiamo. Ecco un fiore, c’è chi ne sugge nettare, chi ne asporta polline, chi se ne inebria per la fragranza, chi lo ammira estasiato, chi non ne sa leggere la bellezza, lo trascura e passa oltre, tutti ne traggono qualcosa o in concreto o per l’animo loro o gli sono indifferenti fin forse all’ottuso disprezzo. Ecco c’è chi ha ricevuto un torto, un danno, un abuso, ché qualcuno ha prevaricato, altri lo compiange e se ne duole, altri sogghigna malvagio ché rallegra l’animo suo perverso, ancora nel male un subire diretto e un condolerne o un maligno compiacersene. Così non solo ciò che ci fa reagire provoca in noi la sensazione di bene o di male, ma di simile, ancora come reazione a ciò sembriamo all’altro, provoca ciò che dentro ci spinge, ci motiva. Perché sarà non solo per l’agire diretto che cambiar si può un evento che l’altro riguardi, e che perciò accadrà in un modo anziché nell’altro, ma anche indirettamente. E sarà in conseguenza del dire, dell’esprimere il nostro, per il proporci in un certo modo all’attenzione dell’altro, alla sua valutazione, al suo giudizio, e poi ancora sarà l’agire con gli esempi che ne sappiamo dare o con la carenza d’essi o per la ricchezza di quello che dentro sentiamo e che l’altro avverte, o con la cattiveria che dentro celiamo e dissimuliamo ipocriti, o per cos’altro ancora? E già questo sa di miracolo, ma v’è dell’altro! Per piccolo che sia il nostro personale contributo, verrà come amplificato nelle conseguenze e perfino potrà far cronaca o storia addirittura. Ecco la meraviglia! L’iniziativa, quale sia di bene o di male, comporta altro bene o male come fa sassolino che per un’erta cada e con sé altri ne trascini. E’ questa o l’immagine del danno, della rovina inesorabile di tutto, o del nuovo, del buono travolgente, che tutto muta in bene, in meglio, in più bello. Ecco in una sterpaia scavano una gora, l’acqua inonda, forse farà una fangaia, oppure, ben utilizzata, beneficherà di piante e fiori, l’arida desolata dimora prima forse di oziosi insetti. E ora bombi operosi e farfalle vi sono subentrati a riempire pupille e cuori. Ché quello che desideriamo di bene o nella distorta tendenza al male si realizza in qualche misura. Perché? Che lo permette,o chi lo consente o lo vuole? Le realtà soprannaturali rimangono sempre oscure, intangibili eludono la nostra esperienza fisica e psicologica, ma la fede illumina se siamo volti al bene. Io del male non so se non per essere sua vittima, e non so ben esplorare cosa accada in mente distorta che lo agogna per l’altro. Il solo vero peccato, credo! Ma so la volontà di bene, che completamente mia vorrei. Essa suggerisce che qualcuno ha scavato solchi e li ha già bagnati di sudore o di sangue, attendono ora semi di pace e ne verrà la vita e questa inghiottirà la morte, estrema conseguenza del male. E’ quello che ha fatto il figlio tuo, dolce madre, e tu li hai fecondati delle tue lacrime! E se vero predisposti siamo alla pace, ecco ne viene nuova giovinezza dell’anima, quale l’età di vita e ne palpita freschezza che bene ridesta in tutte le cose. Egli è quello che fa nuove tutte le cose e noi alla grande sua speranza diamo qualcosa, opera o rinnovato sogno che sia, purché, se così, di trasmetterlo siamo capaci, che altri lo raccolga e lo concretizzi! Ecco, abbiamo pur seminato in quei solchi, avremo, al tempo della mietitura, meritato raccolto da quel campo! Non solo così vediamo nuove le cose e belle e lì lì fiorite, ma ecco noi vi abbiamo contribuito quei solchi lavorando, mettendoci del nostro. Come? Con l’amore sempre, comunque! E’ esso come acqua invano trattenuta dalle mani atteggiate a coppa! Io non so meglio definire la santità, non l’eccezionale del grande imitatore del figlio tuo, ma la comune possibile per tutti. E’ predisposizione al bene, sognarlo diffuso, contagioso, desiderio che dura quanto la vita. E’ preghiera di una vita, è vita di preghiera! E il bene posseduto si scopre amore per tutti e tutto, e sfugge, va via, cola via come acqua, coinvolge, contamina, produce gli effetti suoi di bene, di buono, di bello! Dove? Nel campo tuo per i poveri tuoi. Ama e fa ciò che vuoi, ha detto un tuo santo, tutto sarà nel bene! E sarà atteggiamento per la vita tutta, comunque eroica. Tanti i contrasti, le opposizioni, le ambientali, le storiche e in tutto l’appesantimento della presenza di saccenti delle cose tue con le ingerenze loro! E poi l’egoismo che s’oppone, la paura di sacrificare per l’incerto il poco tenuto stretto, vitale creduto, e ancora la paura di non farcela a migliorare d’un po’ solo questo mondo brutto. Ma quando questa sensazione sgradevole vuol prevalere, ecco un tuo pungolo a rialzarsi, che caduti nell’inoperosità siamo. E’ sempre una sensazione di troppo tempo speso invano, impigriti nei ripensamenti e nelle cautele, nell’ignavia mortificatrice, sì, c’è qualcosa che dentro ci grida: avanti! E la nostra azione rimane pur povera, da deboli, incerti, sprovveduti, ma c’è uno sforzo continuo d’adeguamento, ché il figlio tuo suggerisce l’oltre, il più in là, mai contentarsi del raggiunto, ci sussurra. E’ ben dura quest’erta con una soma in più, quella di concretizzare il desiderio di bene, l’amore. E tu sussurri al cuore, dolce, lo sostieni, l’alimenti e forza gli dai. Ecco a me palpita giusto se dentro scopro d’averti, non fa più le bizze di quando a me penso o solo degli affetti miei ho cura, mi consente tregua se per gli altri adopero il mio tempo, interesse, studio, lavoro, dico solo perfino. Ma non scopro che balenii della spirituale bellezza che sei e mi dai. Ma se incapace anche così di vera sequela, è perché più che di forza manco di vera fede! Dammela, sii buona con me! Ma ecco il pentimento per una vita mal spesa o non spesa, ecco la svolta, da te certo voluta. Tu il candore così mi ridoni che avevo bambino e una freschezza come di radioso mattino mi fai nel cuore e tu sole vi sei di tiepidi raggi e luce, e ripeti che posso osare. E daccapo ho la speranza, quella che nasce nell’ingenuità di bambini di poter fare grandi cose, tu la sostieni, l’alimenti. E faccio forse ben poco, ma ho l’illusione che con mani robuste e grandi, abbia prodotto lo sperato. Tu mi dici: ecco hai pur dato! Quando, come, quanto? Il tuo desiderio di vita e di bene t’è traboccato dal cuore, mi rispondi, tu l’hai fatto concreto! Mi illudi soltanto, ché buona sei? No, io non vivo, io non prego, sei tu ad avermi preso! I tuoi sono gemiti inenarrabili che veicolano il desiderio mio. E ciò che ti trabocca dal cuore m’inonda ed esonda da me e ha conseguenze di bene. Non può non averne, basta star all’unisono con te , ne viene, ne scorre il bene! Ecco sono ben forti queste mani, lavoro con esse, costruisco con esse di buono, di bello, di bene e ben misurate, opportune, conte sono le mie parole, non inutili orpelli, ma le tue stesse essenziali e sempre significano solo benevolenza, indulgenza, amore per tutto e tutti. Ecco piccolo dono offro dall’indigenza mia anche morale, e me ne viene gioia, è piccola, è grande già, non so! Ma per me solo alla morte del tempo, quando mi sarai di fronte, coagulata dal mio cuore per farti vedere, sarà piena, quella degli altri che ami. Fa che non vi sia solo, ma la donna mia con me, tra i santi tuoi!

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